27/11/2024 11:36
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - A Napoli di allarmante nella Roma c'è stata la passività di chi, oramai è palese per tutti, non sa prendere per mano i compagni di squadra. Che non ha più neanche il classico sussulto generato dal cambio di allenatore.
Fuori i nomi. Pellegrini oggi non è in grado di offrire prestazioni che si avvicinino alla sufficienza, i tecnici ne parlano come se fosse un ventenne che sta attraversando i disagi di una fase di crescita, parlano del suo carattere chiuso, della sua sofferenza. Figuriamoci in questa condizione se possa spiccare per carisma e leadership, caratteristiche che non gli appartengono. Cristante e Mancini sono piatti. Compitino e via, sempre più di frequente con la faccia dei giorni peggiori, quella di chi sa di non potercela fare. Dybala perché oramai la sua vicenda è una telenovela sudamericana anni ottanta, di successo ma stucchevole. Paredes perché da un campione del mondo ti aspetti un mordente diverso, e non la faccia di chi non è toccato da una crisi senza soluzione.
Fuori dai denti. Con la Roma sono a fine corsa. Da tempo. Ci si trascina grazie o per colpa di contratti lontani dalla scadenza. Nessuno gli vuole male. Se cresci in una famiglia in cui i tuoi non possono permettersi di comprarti l'automobile a diciotto anni, non puoi fargliene una colpa. I senatori della Roma questo sono. Non giocano contro, semmai si intristiscono a seconda di chi li allena. Avevano faccia e atteggiamento dei condannati a morte l'ultimo anno con Mourinho. Sono stati raggianti nei primi tre mesi con De Rossi. Hanno vissuto Juric come fosse una penitenza a tempo e sapevano pure che il tempo di Juric sarebbe stato poco. Ora forse non sono neanche in grado di esprimere emozioni con Ranieri. O almeno questo è parso a Napoli.
Nelle partite cruciali, i leader li noti. Che tu sia in tribuna o a casa, percepisci chi siano i capi della classe. Nella Roma l'unico che provava a scuotere la squadra era Kone, anche da arruffone. Agli altri scottava il pallone tra i piedi o erano in condizioni impresentabili. Inutile snocciolare dati statistici sulle partite. I chilometri percorsi, i passaggi riusciti, le zone di campo calpestate. Sono dati da analisti. Oggi i commentatori usano tutti lo stesso manuale di comunicazione, ci parlano di linguaggio del corpo, di letture sbagliate, di transizioni e di chilometraggi. Sono dati che servono ad allenatori e preparatori. La leadership non è un dato rilevabile da OPTA. Lo rivelano le telecamere per gli occhi di chi guarda.
Servirebbe una presa di coscienza comune a gennaio. Servirebbe separarsi. Senza rancore. Ricordando il trionfo di Tirana e il furto di Budapest.
Ma bisogna fermare l'emorragia urgentemente. A breve rimpiangeremo i settimi posti a cui l'ultima Roma di Pallotta e la Roma di Friedkin ci hanno malinconicamente abituato. Ma in realtà servirebbero compratori. E purtroppo, per contratti fuori mercato e rendimenti deficitari, la Roma ha in rosa calciatori cedibili ma invendibili. Poi servono pure scelte definitive. Perché in campo va gente che non può circolare.
Meglio un diciassettenne in fase di sviluppo che un Celik reduce da due anni e mezzo di nulla. Serve che Dovbyk non si intristisca perché là davanti è l'unica soluzione al problema del gol che attanaglia la Roma. Serve che Ndicka quando riparte l'azione e mancano pochi minuti badi più al sodo perché il giro palla sterile non porta gol. Servono scelte definitive su Dybala e su Paredes. E servirà uno sforzo non da poco per il mercato di gennaio. Ranieri è l'unica persona in questo momento in grado di allenare la Roma. Per tutte le motivazioni che sono state elencate durante due settimane di sosta. Che rimpiangiamo. Perché da un anno la sosta di campionato è l'unica cosa bella delle stagioni della Roma.
In the box - @augustociardi75