06/05/2017 17:18
LAROMA24.IT (Mirko Bussi) – To win. Ganar. Vincere. Qualunque delle lingue parlate a Trigoria riconduce lì. Vincere. Perché al di là delle innegabili emozioni donate da un percorso, sarà soltanto il primo a godere dell’orgasmo. Vincere. Un verbo che è deflagrato dentro la Roma per voce e pensiero di chi l’allena, disposto a sacrificare se stesso perché “o vinco o vado a casa”. Vincere. Un desiderio, poi un obiettivo fino a farne un’ossessione, Luciano Spalletti si è immolato tra l’eroico e lo sciocco ma ha tracciato un solco: qui si viene per vincere. E il progetto? Vincere.
L’affinità mentale con l’uomo nuovo della Roma impiega 20 minuti a manifestarsi. Al lordo di traduzioni e presentazioni, Monchi sfodera il verbo “ganar” dopo i primi 4 scambi verbali in conferenza stampa. Un po’ come nelle iniziali fasi di studio di una partita, scoccato il 20’ di gioco, il direttore sportivo riceve l’assist dalla platea che indica la bacheca ormai impolverata, lo controlla sapientemente ricordando i principi fondamentali (“trabajo”, lavoro), effettua una finta ad effetto (“I tifosi della Roma meritano di avverare i loro sogni”) quindi traccia la traiettoria della parabola mentalmente (“Il mio compito sarà di unire tutti per raggiungere l’obiettivo”), prima di impattare il pallone con “Sarà il primo passo per iniziare a vincere”. Vincere.
VINCERE - Ciò che ha perseguitato il suo predecessore, “l’idea di non aver vinto” come raccontato in punto di morte, romanista s’intende, Walter Sabatini, ha ancora il profumo inebriante del desiderio per Monchi. Che quando viene chiamato a raccontare del “metodo Siviglia”, dribbla rapidamente le plusvalenze per incornare con questo stacco: “Quello che ha reso buono il lavoro al Siviglia sono i successi sportivi”. Vincere. “E qui utilizzeremo la strategia più idonea per raggiungere risultati”, per ricordare che sul navigatore c’è impostata una sola destinazione: le vittorie, quelle definitive. Record, plusvalenze, dvd celebrativi e simili potranno essere ammirati dal finestrino o conteggiati una volta giunti alla meta. Perché ogni teoria è costretta a chinarsi di fronte a chi ha vinto: è soltanto nell’immagine che ritrae la bacheca del prima e dopo Monchi al Siviglia che c’è racchiuso il motivo della sua gloria.
VINCERE - Preso possesso della sfera di Trigoria, Monchi fissa lo sguardo sull’interlocutore e s’ingigantisce per la serietà domandando: “Credi che sia venuto qui per non vincere? Ho lasciato la mia casa eh…” ricorda oscillando la testa per conferire maggior eco alle sue parole. Qui per vincere. Vincere. L’animo agonista allenta il nodo della cravatta e mette a dura resistenza i bottoni della camicia che ne rappresentavano lo scudo formale, prima di giungere al climax della sua prima uscita verbale: “Non abbiamo il cartello con scritto ‘si vende’, c’è scritto ‘se gana’”. Si vince. E il consiglio è di ripassare lo sguardo famelico con cui accompagna la frase per ottenere maggiori delucidazioni a riguardo. (GUARDA IL VIDEO, MINUTO 42,30)
E allora il “senso estetico” capirà ma la ricerca dei giocatori, adesso, passa per una valutazione fondamentale: “La fame di vincere”, quella che dichiara Monchi nella risposta dedicata a Kessie. Affinché la rivoluzione culturale si compia davvero: vincere.