19/11/2017 01:02
LR24 (MDR) - Errori? Tanti. Svarioni? Svariati. Cadute? Ne abbiamo, ne abbiamo. Colpi di testa? Quanto tempo a disposizione?
La carriera di Daniele De Rossi è stata di alto, altissimo livello, ma costellata di episodi controversi e macchie indelebili. La premessa è d'obbligo e non precisarlo sarebbe disonesto. Punto.
Ma forse vale la pena fermarsi un attimo. Fare un inventario in modo da rendersi conto di quante volte il '16' ci ha fatto battere il cuore giallo e rosso, ci ha fatto sentire in simbiosi con il suo essere tifoso, ci ha resi orgogliosi per un piccolo/grande gesto.
Vale la pena perché non è giusto dare tutto per scontato. L'amore non è mai scontato. È vero: la professione è stata lautamente (stra)pagata, ma l'amore no. L'amore non è ovvio. Mai. Per questo, quando la macchina del fango viene azionata a gettone, è giusto di contro sottolineare, rimarcare, gridare, se necessario ribadirlo ininterrottamente, che De Rossi è un innamorato perso della Roma e che questo non può essere macchiato da nulla. Anzi, il tentativo di insudiciare l'Uomo rende i suoi atti e le sue parole ancora più potenti. Scaricate pure il letame, signori (?), Daniele il 'Gigante' è la Roma. Punto.
Nessun eroismo, ma grande dose di sincerità il 19 marzo 2006. Roma-Messina sono sull'1-0. Corner e De Rossi segna di mano "guarda l’arbitro e gli fa capire che il gol è irregolare. Gli fa capire che il suo gesto tecnico è viziato da un tocco di mano. Praticamente si annulla il gol da solo" (GUARDA L'ARTICOLO). E tutta la spontaneità dell'allora 23enne si evidenzia subito dopo, rivolgendosi all'arbitro: "Vabbè, però nun m'ammonì".
Tifoso in campo. Espressione abusata. Abusata, ma a pennello per il Gigante. Tifoso in campo ma di quelli chiassosi, inquieti. Il 12 febbraio 2006 segna a Siena con una bordata dalla lunga distanza. Corsa forsennata verso lo spicchio romanista. La rete si gonfia per l'1-0 e il 'Gigante', trasfigurato, ha tempo per baciare due volte la maglia, compiere sempre per due volte il saltello alla Falcao (con meno grazia, a dire il vero) sulla pista d'atletica e infine abbracciare il suo pubblico. Arriva senza frenare davanti allo stendardo 'Brigata De Falchi' su cui rovina splendidamente. Gli va addosso con tutto il corpo (riguardatelo), come volesse entrarci dentro. Poi un paio di manate alla vetrata, quindi alza gli occhi e si accorge della scritta. "DE FALCHI". China la testa, finalmente si ferma ed è un tutt'uno con il resto dei compagni, con De Falchi, con i tifosi in trasferta e con tutti i cuori romanisti che battono a mille (come ribatteranno ora e sempre, rivedendo il filmato).
E il Tifoso In Campo che fa? Come che fa? Gioca e tifa. Ma nel vero senso delle (2) parole. E così dopo un gol come quello del 3-2 all'80' su rigore contro il Genoa (5 aprile 2008), che ti va ad urlare ai quattro venti? Ovvio, DAJE ROMA DAJE. Ma la sentite la poesia? Gol e DAJE ROMA DAJE. Riguardatevelo (QUI) ma non una volta, in loop. DAJE ROMA DAJE!
Poi va da se che se ti amo, ti difendo. Sempre e ovunque. Il 12 febbraio 2014 il Gigante non ci pensa un secondo e mentre uno stadio intero (San Paolo, Napoli) inneggia contro la sua famiglia ('Romano Bastardo'), lui porta alla bocca la felpa 'As Roma' e se la sbaciucchia a più riprese. (ECCO IL FILMATO) E un bacio e due e tre. Arriva a 7 e poi scompare nei sotterranei partenopei: avrà continuato gli atti di libidine anche sotto terra? Queste sono le domande a cui bisogna dare assolutamente risposta.
Purtroppo (o per fortuna) capita anche che il Tifoso In Campo, in campo non ci vada. L'8 novembre 2015 Garcia è costretto a mandare in tribuna De Rossi per infortunio. Che in tribuna ci va, ma fermo non ci rimane. È un derby poi, figuriamoci. Un derby che dopo 8' Edin Dzeko sblocca dal dischetto. L'esultanza del Gigante è sublime nella sua ignoranza e brutale nella sua genuinità ( (RI)VEDERE PER CREDERE ). Si alza in piedi, rotea a più non posso pugni e braccia urlando tutta la sua gioia mista a rabbia per non essere in campo e correre ad abbracciare per primo il suo compagno. Poi si risiede, cazzottone d'ordinanza alla poltroncina accanto, e scandisce a gran voce il nome del marcatore, subito dopo lo speaker ("DZEKOOOO") così per tre volte con le mani al cielo. Non 'come un tifoso della Roma', ma 'un tifoso della Roma'.
Perché solo un Tifoso della Roma può pensare di andare a festeggiare la vittoria di un derby con un piede e mezzo dentro la Sud. E' quello che non solo ha pensato, ma anche fatto. Il 7 novembre 2010. La Roma vince 2-0 e la squadra si riversa sotto la Sud. Il Gigante tra i primi, ovviamente. Fa il giro della Sud, supera di poco la metà e torna indietro. Come se si fosse dimenticato qualcosa. (LINK al VIDEO della CONCORRENZA). Con uno scatto repentino sale praticamente a cavalcioni sul cancello giallo che è al centro della curva. E lì carica i suoi simili. Il giocatore che carica e incita i tifosi. Poco?
Capitolo a parte meritano (perché lo meritano, eccome) le parole di Daniele De Rossi. Più volte e in più contesti ha dimostrato di non essere banale, di cercare di dire quello che pensa senza tergiversare, di non accontentarsi del consueto zeroazero (su cui protagonisti e media si adagiano spesso e volentieri). A costo di non piacere a tutti. O forse non c'è 'costo' e il non piacere a tutti è un'aspirazione, a conti fatti, realizzata. Sogni nel cassetto? Non piacere a tutti.
"Ho solo un unico rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera". Durante la presentazione (17 dicembre 2009) del libro a lui dedicato da Tonino Cagnucci ('Il Mare di Roma'), esprime così il suo vero cruccio. Non un titolo o un record personale. No. Piuttosto 'dateme almeno un paio de carriere'. Ah l'amour..
Lo stesso che gli fa dire, dopo il pluri-ricordato Roma-Inter 2-1 del 27 marzo 2010 (rete sua e di LucaToni), "la Roma la amo troppo, viene dopo mia figlia. Non è ruffianeria. Quando segno non posso fare le orecchie alla Toni, non ci riesco. Mi viene da baciarla la Roma"
E al 'bordocampista' che a fine gara (Cagliari-Roma 1-3 del 6 aprile 2014), gli chiedeva metaforicamente di togliersi la maglia della Roma per mettersi quella della Nazionale, DDR risponde: "Io la maglia della Roma me la levo solo per lanciarla ai tifosi". Dicci dove.
Fino ad arrivare a pochi giorni fa, il 31 ottobre. Scintillante vittoria casalinga contro il Chelsea. De Rossi arriva ai microfoni di Mediaset Premium. Il conduttore, Sandro Sabatini, legge un tweet (di Fabrizio Roncone, giornalista del Corriere della Sera): 'E' in notti così che guardi il cielo e pensi: grazie di avermi fatto nascere della Roma'. Alt, fermi tutti. Il Gigante reclama la linea: "Se posso permettermi, noi dobbiamo comunque ringraziare sempre di essere nati romanisti, anche dopo i 7-1". E poi, con audio confuso per gli applausi in studio, "Ricordiamocelo quando le cose andranno peggio". (QUI). Noi, non Io. Noi dobbiamo ringraziare.
Il Gigante, Tifoso In Campo, Innamorato Perso vive con il Noi stampato nella testa. Sono decine le occasioni in cui si è prodigato per un compagno in difficoltà e ha esaltato chi lo meritava in quel momento. Anche in questo caso, non rendendosi simpaticissimo proprio a tutti. Tutto nasce nel post-partita di San Siro (Milan-Roma 0-1 19 dicembre 2010), alla domanda sulle critiche al rientrante Doni, questa era la sua risposta: "Doni insieme a Buffon è il portiere più forte col quale ho mai giocato. Ha pagato anche per qualche pappone che andava in giro per le radio a fargli terra bruciata intorno e a parlare male di lui,dicendo che aveva problemi nello spogliatoio mentre non era così. E poi questi sono gli stessi papponi che entrano dentro Trigoria e fanno i padroni". Anche qui abbiamo un reperto VIDEO . Ecco, non proprio melina a centrocampo..
E poi su chi negli anni sospettava di dissidi, incomprensioni o addirittura liti con Totti, la risposta non era neanche questa volta in punta di fioretto: "Stare accanto a Francesco per un'intera carriera, a quello che verrà ricordato come il giocatore più grande della storia, non è normale. In questa città un po' strana qualcuno ha provato a raccontare la storia di me e di lui contro, per dare forza alle sue tesi... ma sono maiali col microfono e restano maiali col microfono" (Roma Tv post-Derby pareggiato 2-2 l'11 gennaio 2015 ). L'ha detto? L'ha detto, l'ha detto.
Ma non bisogna esser Totti per avere stima, affetto, gratitudine. Basta essere Norbert Gyomber. Proprio lui, quello del coro. Al termine della conferenza prima di Roma-Sampdoria (6 febbraio 2016), Luciano Spalletti ha rivelato un retroscena successivo alla gara vinta contro il Sassuolo: "Gyomber è da portare a esempio. Sono le situazioni che poi determinano il valore dell’uomo e del calciatore. De Rossi si è attaccato una foto di Gyomber sull’armadietto perché lui ha fatto una cosa che non avrebbe mai fatto nessuno, cioè giocare con una frattura". Gyomber in cameretta, forse qui un po' troppo..
Gyomber ma anche un semplice amico d'infanzia, che a causa di continui infortuni è stato costretto ad una carriera inferiore. Semore a Coverciano (14 novembre 2014)in conferenza Il Gigante festeggia le 100 presenze in azzurro. La dedica? "È per uno dei miei migliori amici, Emanuele Mancini, con cui abbiamo iniziato insieme 20 anni fa a giocare. E' la persona migliore che conosco e un calciatore bravo ma sfortunato, gioca in Serie D, nella Lupa Castelli Romani. Se non avese avuto tanti infortuni avrebbe potuto prendere il mio posto". Lui al posto mio. Uguale. Quindi sempre il Noi. Sempre e comunque. Il tutto proprio a pochi giorni dell'ennesimo stop, provocato dalla rottura del crociato, che lo ha costretto ad operarsi per la quinta volta.
Compagni in difficoltà, pane per i denti del Gigante. Magari quando è al centro di voci di mercato, magari già inviso ad una parte di tifoseria, ecco che la faccia davanti a taccuini e telecamere ci sta sempre. Sempre a Coverciano, il 1° giugno 2014 a domanda sul partente Benatia, ribatteva: "Se dovesse rimanere alla Roma, l’importante è che nessuno lo guardi poi con l’occhio storto, perché in campo ha dato più di noi romani. C’è solo da imparare da uno come lui a livello di intensità, impegno e collaborazione in campo e nello spogliatoio". Il contrario di Wolf: non risolvo problemi, ma mi ci ficco alla grande. Grazie Gigante.
E allo stesso modo nei confronti di Pjanic appena partito per Torino: "Da quando è arrivato a Roma è stato un compagno esemplare e un professionista impeccabile, si allenava anche quando era malato e ha giocato spesso anche con le infiltrazioni. Mi dispiace che sia andato a rinforzare una rivale, ma gli vorrò sempre bene. (..) Ha detto “Forza Juve“? E cos’altro doveva dire?" (postpartita di Italia-Belgio 14 giugno 2016).
Ma anche se fosse stato un Thiago Motta qualsiasi, i ragionamenti sarebbero stati quelli. Anzi, sono stati quelli. Querelle sul numero 10 assegnato all'ex centrocampista dell'Inter in Nazionale. Risposta di De Rossi: "Il 10 non l’ha scelto Thiago ma ha accettato perché ragiona come ragiono io. Non credo gli importasse più di tanto, è un ragazzo che non crea problemi. C’è gente che si diverte, fa ironia sul suo numero di maglia paragonandolo ad altri numeri 10 del passato. A queste parole invito a fare due palleggi insieme a lui, poi ne parliamo. Per quello che ha fatto e vinto Motta merita rispetto ed è un maestro degno del numero 10, se lo può permettere. Chi fa certe battute su di lui dovrebbe prima sciacquarsi la bocca". Amen.
E ancora più delle parole (che pesano come macigni, non foss'altro perché dette tutte pubblicamente), Daniele De Rossi è spiegato nei gesti. Nell'attesa fino a notte fonda a Villa Stuart per stare accanto ad Alessandro Florenzi con un ginocchio rotto e quindi farsi carico di riferirlo ai genitori (QUI). Nel lasciare nella tomba dell'amico, lo storico massaggiatore della Nazionale 'Spazzolino', la medaglia d'oro di Berlino 2016 (QUI). Fino ai giorni nostri, funestati dal flop della Nazionale, dove DDR si è contraddistinto con un paio di gesti ormai arcinoti e che è quindi anche inutile menzionare: la strettissima attualità la viviamo e tocchiamo con mano continuamente. Dobbiamo (Noi) cercare di non disperdere tutto quello che è il passato, tutto l’amore che ne è scaturito, tutte le palpitazioni che ci ha fatto vivere un Uomo con il Noi tatuato (basta inchiostro!) nella mente e con la Roma conficcata dentro al cuore
Che poi è tutto il patrimonio dei Figli di Roma, dei Capitani, delle Bandiere.. e dei Giganti, che tu non potrai mai avere..
@MatteoDeRose