02/08/2009 16:03
Prima di tutto, la lucidità. La società non ha ceduto alla comoda tentazione di scaricare le difficoltà attuali su presunti salvatori/compratori. Ha detto no alla cessione della sua squadra, respingendo speculatori e prestanome che avrebbero offuscato la necessaria trasparenza di eventuali operazioni di vendita. Rosella Sensi si è posta il problema della provenienza di alcune generose offerte, anteponendo ( o quanto meno affiancando) l etica allinteresse, due sfere difficilmente conciliabili nella giungla del mercato calcistico. In secondo luogo, sempre a dimostrazione del suo spessore morale, Rosella Sensi non si è fatta trascinare nel vortice del gioco al rialzo che, anche questanno, ha travolto e, a mio avviso, ulteriormente danneggiato, i nostri stadi. Il calcio ai massimi livelli è ormai solo questione di soldi. Più dellabilità tecnica, più della fortuna, più dellaffiatamento della squadra, della lealtà verso i compagni e verso lallenatore e dellorgoglio per la proprie tifoserie, il bello e il cattivo tempo del calcio professionale in Italia e in Europa lo fanno i conti in banca dei presidenti. Un insulto alle origini di una passione che è divenuta parte integrante del nostro patrimonio culturale e identitario recente. LA. S. Roma ha tentato di arginare questa deriva, sottraendosi per quanto possibile al ricatto delle aste da capogiro, forse nella convinzione che la sua forza sia altrove.
E veniamo al terzo merito. Questa convinzione non si è rivelata poi tanto lontana dalla realtà. La Roma dei Sensi è una squadra che due anni fa è arrivata un passo, o meglio a venti minuti, dallo scudetto. Una squadra di campioni. Se lanno seguente è andata diversamente, la colpa non è certo del presidente. Siamo stati più sfortunati, anzitutto.
Basti pensare ai rigori della Supercoppa e della Coppa dei Campioni. O alla contestazione da parte di alcuni giocatori, fattore questo di non scarso rilievo per una squadra che si alimenta della propria mitologia. Infine gli infortuni che, a volerci credere, sembravano architettati da un piano diabolico.
Eppure Rosella Sensi ha continuato a credere nella sua squadra, consapevole del valore che tutti i giocatori che la compongono sono in grado di esprimere. Anche qui, a mio avviso, non si è sbagliata, come ha dimostrato lultima partita in cui, con una grande rimonta, abbiamo dato prova di una grinta e di unabilità tecnica da fuoriclasse.
Da ultimo, sulla scia dellanalisi fatta ieri dal direttore su queste colonne, aggiungo due osservazioni. La prima è un consiglio che, con grande umiltà, voglio rivolgere a Rosella Sensi. Occorre che la Società faccia un maggiore sforzo di comunicazione. Quando si possiede e si gestisce una squadra come la Roma, curare con grande attenzione il rapporto con i mass media è di primaria importanza. Senza nulla togliere alle altre bandiere e alle altre fedi calcistiche, il mito giallorosso è un sogno che travalica i confini del campo. Noi abbiamo lonore di incarnare i colori della Capitale. In nessunaltra città il capitano della squadra del cuore viene considerato alla stregua di un re, come qui, sui Sette Colli. Nellimmaginario collettivo, e non solo in quello dei tifosi, lui ha teoricamente più autorità del sindaco, più potere del prefetto, più diritto allimmortalità del Papa! I suoi figli sono gli eredi di Roma, le sue gesta linevitabile epilogo delle imprese augustee. E quando intorno a un sogno cè così tanta aspettativa, così grande interesse, chi lo custodisce deve riuscire a condividerlo. Nel mio piccolo, coaniele me prefetto, imparai presto limportanza di parlare alla gente e, quindi, di relazionarmi con i mezzi di informazione, con i quali ho sempre avuto un rapporto straordinario. Avere lattenzione dei media, consente di valorizzare il proprio lavoro, consente di far capire allopinione pubblica la fatica e la passione che quel lavoro comporta.
Infine, il diritto di sognare. Il direttore ieri chiedeva di non violarlo, di rispettarlo, di alimentarlo. Ma a chi si può rivolgere questa richiesta se non a ognuno di noi? A prescindere dalle responsabilità sulla crisi che apparentemente la Roma sta attraversando, non cè niente di così grave da poter giustificare la disaffezione dei tifosi veri. I risultati sono buoni, i giocatori in campo dei professionisti, la storia recente motivo dorgoglio. Chi si lascia scoraggiare tanto facilmente, forse, è rimasto vittima di quel meccanismo perverso descritto sopra, di quel ricatto che ha trasformato il calcio in mera resa dei conti bancari. Una disgrazia ben più grave di una crisi passeggera.
(*) Achille Serra, senatore della Repubblica, vice presidente della Commissione Difesa, ex Prefetto di Ancona, Palermo, Firenze e Roma.