Menez: "Magica Roma"

19/11/2009 09:47



Solitamente chiuso e riservato, si è aperto, raccontandosi e dimostrando grande personalità. Siamo andati alla scoperta di un talento che può aiutare la Roma a risollevarsi, che è convinto che si possa giocare con tre punte, assicurando che sarà lui quello che si sacrificherà nei recuperi. E’ pronto a scommettere sulla Roma, si prenota per un gol al derby e vorrebbe rigiocarsela tra un paio di mesi contro l’Inter. Perchè la Roma, come Menez, non ha paura di nessuno.



Jeremy Menez, come mai solo ora la sua pri­ma intervista esclusiva da quando è alla Ro­ma?

«Sono un ragazzo tranquillo, per me è im­portante stare bene con i compagni, avere un buon rapporto al’interno dello spogliatoio. Parlare ha un aspetto secondario».

Negli ultimi tempi la sua storia alla Roma è cambiata. Gioca di più, per i tifosi è diven­tato un beniamino



«Ho sentito l’incitamento del pubblico quando sono uscito nella partita contro il Bo­logna. Sto lavorando bene con Ranieri. Pos­siamo fare ancora di più, la Roma ha una qualità alta, dobbiamo tirarla fuori».

Negli ultimi tempi si è ritagliato più spazio, gioca con più continuità.

«Per tutti i calciatori giocare spesso è im­portante. Acquisti fiducia. Anche per me è stato molto utile. Mi sento meglio, a forza di giocare la condizione fisica è cresciuta».

Con Ranieri all’inizio vi siete studiati. Una volta l’allenatore si arrabbiò per un’ammoni­zione che avrebbe potuto evitare. Adesso la considera fondamentale per la Roma.

«Quando è arrivato lui io sono uscito subi­to di squadra. Poi abbiamo parlato, ci siamo chiariti e adesso ho un buon rapporto con lui e con tutti gli uomini del suo staff».

E’ cambiata molto la Roma da Spalletti a Ranieri, è cambiato anche il modo di lavora­re?

«E’ molto diverso. Facciamo tanto allena­mento tattico e fisico. Il lavoro atletico con il è aumentato. E’ meglio per noi. Abbiamo cominciato male la stagione, per migliorare dobbiamo darci da fare. Ranieri è esigente, questa settimana abbiamo lavorato per due giorni di fila mattina e pomeriggio».

Com’è Roma per Menez?



«Mi trovo bene, vivo con la mia ragazza, anche a lei piace Roma. Mi trovo bene con la società, che ringrazio per aver creduto in me. Con i compagni sto benissimo. A Roma c’è una bella vita. Siamo a novembre inoltrato e fa ancora caldo. Fantastico».

Si sa poco dei suoi esordi da calciatore. Ci racconta qualcosa?

«Ho cominciato a giocare a Parigi, a cinque anni. La mia prima squadra è stata il Vitry, il club del mio quartiere, il numero 94. Che da quest’anno è il mio numero di maglia. Non lo avevo preso appena arrivato, nella scorsa sta­gione. Ero agli inizi, ho pensato “cominciamo con un numero tranquillo” e ho preso il 24».

Dal Vitry, quali sono state le altre tappe della sua carriera?

«Sono passato a Cvfp, poi Brittany, So­chaux e infine Monaco».

Quando è arrivato alla Roma aveva la pos­sibilità di restare in una grande squadra francese.

«Mi voleva il Bordeaux. Alla fine ho scelto la Roma perchè quello italiano è un campio­nato molto difficile. Questa è un’esperienza molto importante per me, ho bisogno di con­frontarmi ad alti livelli per dimostrare le mie qualità. In Italia si lavora bene, molto di più sotto l’aspetto tattico e atletico rispetto alla Francia».

Quest’anno si è visto in alcune partite il vero valore di Menez.



«Ho molta fiducia in me stesso, nella squa­dra, le cose stanno andando bene per me. Ma so che non devo fermarmi, devo fare molto di più per dimostrare a tutti che posso giocare nella Roma».

La Francia ha conquistato la qualificazio­ne per il Mondiale.

«Un pensiero al Mondiale lo faccio. Devo lavorare di più e giocare con continuità per meritarmelo. Domenech mi ha chiamato una volta sola, per una preselezione della Nazio­nale maggiore, quando ero ancora al Mona­co. Lo scorso anno sono stato chiamato nel­l’Under 21».



Lo scorso anno giocava da esterno, que­st’anno ha cambiato: ha fatto anche il tre­quartista, la seconda punta.

«Il ruolo a me più congeniale è quello di se­conda punta, poi mi metto al servizio della squadra, dove vuole l’allenatore. Nel Monaco giocavo esterno a sinistra nel 4-4-2. Ero un po’ sacrificato».

La sua idea di giocare con il tridente ha aperto il dibattito. Ora che torna è pos­sibile?

«Quello è il mio sogno. Possiamo giocare insieme, io, Vucinic e . Ma c’è il tecnico che decide, questa è la sua squadra. Per gio­care in tre davanti dobbiamo tornare e sacri­ficarci, ma può essere la formula giusta».

Giusto, c’è da sacrificarsi, aiutare i centro­campisti.

«Lo faccio io, non è un problema. Per recu­perare posizioni in questo momento bisogna fare qualche sacrificio».

Nelle ultime partite si è già visto che il suo apporto in fase di copertura è aumentato.

«Anche io me ne accorgo, alla fine della partita sono più stanco. Lavorare di più fisi­camente mi aiuta. Sto bene in campo e deve essere sempre così».

La partita contro il Milan, un mese fa, po­teva essere la svolta per la Roma e invece lo è stata per i rossoneri. Se Rosetti avesse fi­schiato quel rigore su di lei...

«Purtroppo ancora una volta gli arbitri con noi hanno sbagliato. Una vittoria a San Siro poteva cambiare la stagione. Ma non è finita, possiamo riprenderci per strada quello che abbiamo perso».

Tra meno di venti giorni c’è il derby, una partita particolare. Quest’anno, con la vetta della classifica lontana, forse ancora di più.

«Mi sono reso conto sin dalla passata sta­gione quello che significa la stracittadina qui a Roma. Lo scorso anno ho sbagliato un gol facile. Questa volta dobbiamo vincere con un mio gol, per la à e per i tifosi. Il derby è importante per la gente, ma noi dobbiamo pensare prima alle altre partite e dopo alla Lazio. Sappiamo quanto vale, quest’anno cer­cheremo di vincere tutti e due i derby».

In cosa deve migliorare? Qualche volta non tenta un dribbling di troppo?

«A me piace avere la palla tra i piedi e spin­germi in attacco. Posso migliorare in tutto, di testa ho fatto zero gol, devo cominciare da lì. A me piace fare assist, non sono fissato con il gol. Devo migliorare sia quando faccio il pas-saggio che quando tiro in porta».



La sua famiglia la segue?

«I miei genitori mi sono sempre vicini, an­che se vivono a Parigi. Mia madre è segreta­ria in una scuola, mio padre lavora alla Fran­ce Telecom. Viene spesso da me a Roma mio fratello».

Cosa le manca di Parigi?

«I miei amici, la mia famiglia, la à. Ma qui sto bene, ho tutto. Mi piace girare per Ro­ma e la cucina italiana. Ma ho gusti semplici, il mio piatto preferito è la pasta al pomodoro. Sono un tipo tranquillo, mi piace stare a ca­sa, esco per andare al ristorante. Abito nella zona sud di Roma, verso il mare, come molti miei compagni».

Chi sono i suoi migliori amici nella Roma?

«Questo spogliatoio è il migliore che io ab­bia conosciuto da quando gioco al calcio. Ci sono tanti giovani, il gruppo è molto affiata­to. Phili (Mexes, n.d.r.) mi ha aiutato molto all’inizio, ora c’è anche Faty, un altro france­se. Poi Checco (, n.d.r.),
e Cas­setti, con loro gioco sempre a poker. Ma sto bene con tutti. Questo gruppo così unito può essere la nostra arma in più».

La è lontana, ma voi ci credete ancora?

«Le distanze sono relative, ci sono tante squadre nel giro di quattro punti. Se vincia­mo domenica contro il Bari possiamo punta­re in alto».

Con il ritorno di per la Roma la rin­corsa è meno difficile?

«Per noi è un grande vantaggio riaverlo. Con lui la squadra ha più fiducia nei suoi mezzi. Domenica torna, fa gol, vinciamo e co­sì stiamo tutti più tranquilli».

In Italia si discute molto sulla mancata convocazione in Nazionale di Cassano.

«A me piace tanto, ma non sono l’allenato­re. E’ un giocatore che ha caratteristiche si­mili alle mie».

Per riportare la gente allo stadio ci voglio­no giocatori con queste qualità. Che diano spettacolo e facciano divertire.

«Credo di sì. In Italia ce ne sono diversi. Jovetic, che è più un trequartista, Pato, San­chez, Lavezzi. Anche Vucinic ha grandi nu­meri. Lo spettacolo conta, ma è più impor­tante aiutare la squadra che far divertire la gente. Se non vinci la grande giocata non ser­ve a niente».

La squadra che l’ha impressionata di più in Italia?

«L’Inter. E noi ce la siamo giocata. Vorrei riaffrontare i nerazzurri tra due mesi. Se noi stiamo bene possiamo vincere contro qual­siasi avversario. Siamo una squadra con grandi potenzialità, ma dobbiamo lavorare molto e stare bene in campo».

Con il suo modo di giocare subisce molti falli. Ha mai incontrato un avversario scor­retto?

«No, mai. I falli fanno parte del gioco, l’ar­bitro deve fare il suo dovere».

Lei sa che le potenzialità della Roma del prossimo anno dipendono anche da voi, che centrare la signfica evi­tare il ridimensionamento?

«Lo sappiamo e ne parliamo anche nello spogliatoio. Facciamo il massimo per vince­re, per salire il più possibile in classifica».

Quali sono state secondo lei le sue miglio­ri partite con la maglia della Roma?

«Quella contro il Chievo, lo scorso anno e quella con il quest’anno. A Milano po­teva andare meglio, ho segnato, ho disputato un buon primo tempo, ma poi ho sbagliato perchè mi sentivo un po’ stanco».

Con ormai si trova a memoria sul campo.

«Ci capiamo facilmente. Francesco è fortis­simo, lui capisce tutto e prima degli altri. E’ facile giocare al suo fianco».