Le cinque mosse di Ranieri

22/12/2009 09:41

L'ASPETTO PSICOLOGICO

Le grandi squadre si formano grazie alle piccole cose. Claudio Ranieri aveva promesso, fin dal primo giorno, di lavorare con la sua esperienza di allenatore e la sua anima di tifoso per riportare la Roma in alto. Ci è riuscito

« prima del previsto » , parole sue, proprio perché non ha lasciato niente al caso, ha curato ogni dettaglio, dall’alimentazione di Juan alle migliorie sui campi di allenamento di Trigoria.

 

Quando è arrivato la Roma era a pezzi, sgretolata dalla paura di non essere più all’altezza del suo recente passato, abbandonata dal comandante Spalletti mentre «si navigava a vista» . Oggi la Roma non è soltanto quarta in classifica dopo 19 mesi di rincorsa. Oggi la Roma è consapevole della propria forza, ha imparato a correre e lottare, ha recuperato calciatori che sembravano fuori gioco. Tutto questo è certamente frutto dell’applicazione del gruppo, di armonia e stimoli nuovi, ma è soprattutto merito del nuovo allenatore, che ha saputo trasmettere velocemente i suoi princìpi a chi li doveva sfruttare.

 

Abbiamo isolato in cinque temi i motivi del cambiamento. Li trovate a fianco. La Roma spumeggiante, a volte esaltante e a volte inconcludente non esiste più. Ora c’è la Roma « pragmatica », con l’impronta dell’allenatore. Che appena prima di Natale ha raggiunto due obiettivi in uno: la zona , traguardo indispensabile per il futuro della società, e la certezza di avere plasmato la squadra a sua immagine e somiglianza. Contro il Parma, la Roma ha vinto 2-0 senza concedere al nemico neanche un’occasione da gol. Il Calcio secondo Ranieri.

la duttilità tattica

Ha cambiato spesso modulo adattandolo alle qualità dei giocatori

I cento giorni, o poco più, di Ra­nieri a Trigoria ci hanno fatto scoprire u,n tecnico che non è lega­to al dogma di un modulo. Lui un modo di giocare preferito lo ha, cioè il quattro-quattro-due, ma sa anche, se non altro per un’esperienza di quasi 30 anni di panchina, che un bravo allenatore è quello che adat­ta le sue idee alle caratteristiche dei giocatori che ha a disposizione. Ci ha provato pure con la Roma a met­terla in campo con quattro difenso­ri, quattro centrocampisti e due at­taccanti, ma il risultato che ha visto lo ha convinto molto poco, soprat­tutto in considerazione del fatto che nella rosa di questa Roma non è che abbondino gli esterni di ruolo, in particolare a metà campo. E allora dopo una serie di esperimenti, Ra­nieri ha pensato bene che il modulo presente nel dna di questa squadra e di questo gruppo fosse il vecchio modulo, quello nato in una notte a Marassi, centravanti, tre tre­quartisti alle sue spalle, due media­ni, quattro difensori, cioè il vecchio, caro, indimenticato quattro- due-­tre- uno (con qualche variabile, tipo Roma-Parma). Il campo gli ha dato ragione su tutta la linea, otto vittorie e due pareggi nelle ultime dieci ga­re giocate, il ritorno al profumo di e la vittoria nel girone di Europa League.

la solidità difensiva

Ha ricompattato la squadra evitando il fuorigioco a oltranza

al di là dell’imbattibilità - 432 mi­nuti assoluti, 347 minuti in cam­pionato - quello che sorprende della Roma di Ranieri è il rendimento di­fensivo nel lungo periodo. Nelle 15 giornate da allenatore, la squadra ha incassato 16 gol. Con Spalletti, nelle precedenti 15 partite, ne aveva presi 36. Significa che Ranieri ha comin­ciato subito a lavorare sull’equilibrio della squadra, insegnandole i movi­menti di copertura che considera più funzionali al suo sistema di gioco. Quello che conta non è tanto il nume­ro di attaccanti in campo o il modulo, ma la protezione che garantiscono al­meno nove giocatori nell’arco di una partita. E così va. Oggi nella Roma quasi tutti concorrono ai ripiegamen­ti: in certe situazioni, dieci uomini so­no dietro alla linea della palla. Una delle novità più recenti è stato l’“ab­bassamento” della linea difensiva: la Roma utilizza con meno frequenza la tattica del fuorigioco (otto volte com­plessive nelle ultime tre partite, quel­le senza gol incassati), per non esse­re infilata dalle squadre che attacca­no in velocità con il contropiede. Ra­nieri temeva molto il Parma: grazie alla compattezza del centrocampo, che ha intasato le vie centrali, la di­fesa non ha corso pericoli. E ha mes­so in fuorigioco gli avversari, più per errori di Bojinov che per volontà pro­pria, soltanto due volte.

la scelta di Julio Sergio

Ha valorizzato un paziente bravo e...fortunato


A onor del vero, il primo a lan­ciarlo è stato Spalletti: Julio Sergio ha debuttato in serie A, a 30 anni e dopo tre di apprendista­to, contro la il 30 agosto. Ma sembrò più una mossa provo­catoria del vecchio allenatore che una scelta definitiva. Invece con Ranieri,
Julio Sergio è sempre sta­to titolare. Sì, ha (ri)conosciuto an­che la panchina quando è rientra­to Doni. Ma veniva dall’infortunio muscolare del 4 ottobre contro il . La verità è che Doni non ha convinto Ranieri, mentre Julio Sergio ha immediatamente meri­tato la fiducia di Pellizzaro, il nuo­vo . E così, do­po la stucchevole definizione di « miglior terzo del mondo» , Julio Sergio ha scavalca­to in un colpo solo Doni, e Artur. Virtualmente anche Curci, che gli stava davanti nelle scorse stagioni. Non è molto alto, ufficial­mente è 1.87, « e nemmeno Julio Cesar è alto» , ma ha ottima elasti­cità e una buonissima tecnica. In più, fattore che non guasta per un , è abbastanza fortunato. Basti ricordare i pali colpiti dalla Lazio, dal Basilea e dalla Sampdo­ria. Una cosa sola sembra mancar­gli: il contratto. Scade a giugno, va rinnovato velocemente. Soprattut­to se Julio Sergio continua così.

il rilancio di Vucinic

Ha recuperato gente importante: la punta è l’esempio più chiaro

Diciamo Vucinic, ma potremmo anche scrivere Perrotta, Taddei, Cassetti, Mexes, Menez. Tutti gioca­tori che all’arrivo di Ranieri erano più o meno sul banco degli imputati e che, invece, con la cura del tecni­co romano, sono tornati prepotente­mente in copertina. Il montenegri­no, per certi versi, ci sembra l’esem­pio più illuminante. Per lui una par­te iniziale di stagione senza dare se­gni di vita che per un attaccante pos­sono essere soltanto i gol, dimenticando però un’operazione al ginocchio ad inizio agosto. Ranieri ha continuato a farlo giocare, anche per necessità ( «Vucinic avrebbe bi­sogno di allenarsi e rimanere a guar­dare, ma non posso farlo riposare quindi si allena giocando» ), ma il ri­sultato è stato quello di ritrovare le qualità tecniche di un giocatore im­portante, magari non una punta da venti gol a stagione, ma uno di quei giocatori capaci di fare la differenza in fase offensiva. E’ arrivato anche qualche gol, ma soprattutto il monte­negrino ha garantito assist, qualità e forza offensiva. Così come Perrotta è tornato a correre ventimila leghe so­pra i campi, Taddei pare avviato sul­la stessa strada, Mexes è tornato il difensore che si conosceva, Cassetti addirittura pare ringiovanito, forza di un gol nel derby, Menez ha solo bisogno di trovare continuità di ren­dimento per far capire a tutti il ta­lento che ha nei piedi. Tutti giocato­ri ritrovati. Così come l’intera Roma griffata Claudio Ranieri.