Sveglia, giornali, cibo. Si vince anche così

28/12/2009 09:37

«Che ci sarà mai da ottimizzare a Trigoria?» si diceva, quando le cose in mezzo al campo andavano peggio che in società. Lui, che è stato tra i tecnici più vincenti della storia della pallavolo italiana e proveniva dal Cda della , non è che abbia gradito molto il nomignolo. Abituato da sempre a lottare per vincere anche quando da giovane giocava a carte con gli amici, ci ha messo poco a capire come funzionano le cose. Si è presentato in punta di piedi, il 26 ottobre è stato il suo primo giorno a Trigoria.

 

Un inizio quasi grottesco. Mentre lui entrava per la prima volta al , Francesco usciva in direzione Villa Stuart, dove nel pomeriggio si sarebbe operato in artroscopia al ginocchio . Una rapida stretta di mano, un primo approccio per fare la conoscenza del Campione. Chiunque avrebbe pensato di essere capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato, lui no. Si è rimboccato da subito le maniche ed ha cominciato a fare quello che gli riesce meglio. Lavorare, lavorare, lavorare. A testa bassa. E’ un perfezionista, Gian Paolo Montali, e nello sport tende ad essere un pregio. Un esempio? L’alimentazione dei calciatori. Prima del suo arrivo i giocatori dopo le partite serali mangiavano in aereo i pasti forniti dal catering di cui si serve la Roma: primo, secondo e a volte anche contorno. Troppo. Montali ha preteso pasti più leggeri, da consumarsi subito dopo la partita. A Sofia, ad esempio, è successo così.

Dal primo giorno, poi, ha preteso fin dalle 7.30 del mattino la rassegna stampa completa di tutti i giornali. Compreso il nostro perché «in tutte le à che ho girato ho sempre trovato tanta passione ma mai un giornale completamente dedicato ad una squadra». E non si offenderà, Montali, se sveliamo un piccolo segreto. In uno dei primi numeri dopo il suo arrivo abbiamo pubblicato una sua fotografia in cui teneva in mano un grosso ombrello e l’abbiamo titolata “Il parafulmine”. La foto gli è piaciuta talmente tanto che l’ha ritagliata e l’ha portata al figlio Alessandro, che ha 11 anni e vive a Parma dove gioca con l’Inter Parma. Evidentemente l’ironia fa parte del dna di un vincente.

Appena ha messo piede a Trigoria ha voluto sapere tutto, vita morte e miracoli, di quello che succede dentro le mura della casa romanista. Dai giardinieri, agli uscieri fino a tutti i giocatori. Tutti devono avere il proprio ruolo, tutti devono stare al loro posto. E’ la sua filosofia di vita, anche se non sempre è possibile. Quasi profetiche, in questo senso, le parole scritte nel suo libro “Scoiattoli e Tacchini”, pubblicato poco più di un anno fa. "È possibile insegnare a un tacchino a salire in cima a un albero, però per quel lavoro sarebbe meglio assumere uno scoiattolo". Con questa frase ha spesso cercato di convincere il presidente della sua squadra a sforare il budget per acquistare un ultimo giocatore indispensabile. A volte ci è riuscito, ma si è reso conto che non esistono squadre di soli scoiattoli, e che vincere con i tacchini da molta più soddisfazione. In ogni azienda un manager deve misurarsi con risorse finite, e i tacchini sono statisticamente più numerosi degli scoiattoli. Il segreto del successo sta dunque nel costruire una squadra in cui i "tacchini" possano essere motivati, allenati, sostenuti, per andare oltre i propri limiti e raggiungere risultati che nemmeno loro pensavano di ottenere.

Dopo il suo arrivo i “tacchini” romanisti hanno ricominciato a rendere al massimo, anche per merito suo. Lo ha riconosciuto anche Francesco . «Montali - ha detto recentemente il capitano - è stato un acquisto azzeccato, ha portato la giusta mentalità. E’ un uomo di raccordo tra di noi e la società. Rigido, quasi un "tedesco". Serviva una figura di questo spessore e con queste caratteristiche che portasse organizzazione a questo gruppo che deve migliorare e lo sta facendo giorno dopo giorno. Ha personalità e quelle giuste ambizioni che stimolano anche la squadra».

Il feeling è stato immediato non solo con il capitano ma anche con il resto della squadra. Uno che con Montali ha stretto da subito un ottimo rapporto è stato Daniele , che è rimasto stupito dall’impatto che ha avuto il neo dirigente sulla squadra e sulla società. La prima dimostrazione c’è stata dopo la trasferta di Udine. L’esordio di Montali, che appena arrivato è stato catapultato al Friuli. La Roma perse in maniera sfortunata e il neo dirigente tenne il suo primo discorso alla squadra negli spogliatoi: si decise per il ritiro. Che però durò solo tre giorni perché prima della gara col (a Udine si giocò di mercoledì sera) la società decise che comunque fosse andata la partita il ritiro sarebbe stato interrotto. Arrivò la vittoria, la prima dell’era Montali, e da allora la Roma non si è più fermata. Non sarà tutto merito suo, d’accordo, ma se a Roma si è cominciato a pensare in maniera differente qualcosa vorrà pure dire.

Si diceva che avrebbe avuto problemi con gli altri “direttori” di Trigoria, Daniele Pradè e Bruno Conti. Mai previsione fu più sbagliata perché la triade giallorossa, che fortunatamente non ha nulla a che vedere con quella juventina, ha fatto da subito gioco di squadra. «Siamo un corpo unico» amano ripetere quando vengono interpellati sull’argomento, e non c’è bisogno di conferme perché si lo si capisce vedendoli lavorare insieme. Con Ranieri poi il rapporto parte da lontano, dai tempi della . Anzi, è proprio dopo l’esonero di Ranieri che il suo feeling con la ha cominciato ad incrinarsi. Il caso (o forse no) li ha riuniti a Roma e nella Roma. Il posto giusto per ripartire insieme. E per prendersi delle rivincite. D’altronde, lo dice Montali stesso. «Ho vinto dovunque sono stato, spero di farlo anche nella Roma». Mai come in questa occasione il suo desiderio è anche il nostro.