25/01/2010 09:29
Due giocatori che, per motivi diversi, finalmente sono entrati nel cuore di tutti, tifosi compresi. Ricordate i primi passi del cileno a Trigoria? Lo scetticismo era tanto, le battute che lo accompagnavano pure. In radio, di frasi come queste, se ne sentivano un giorno sì e laltro pure: «E basso, come fa ad imporsi nel calcio doggi tutto muscoli e potenza?», «Tiene troppo palla, fa tante piroette»,
«E uno dei sette nani, che ci facciamo?».
Ad oggi, si può dire, è uno dei regali più belli lasciati da Spalletti, che ha voluto il Pek ad ogni costo nellestate 2006. Su Juan lo scetticismo era maggiore e, per certi versi, legittimo, considerate le 43 presenze nei suoi primi due campionati in giallorosso. Pochine, per uno che ha vestito per 77 volte la maglia della Seleçao in carriera e che in Germania, nel Leverkusen, da dove è venuto, aveva totalizzato 139 apparizioni in cinque stagioni. Da
quando cè il tecnico di Testaccio, i numeri sono migliorati, sensibilmente. Gli ha migliorato la postura, lalimentazione e i risultati si vedono.
Ora non è più un giocatore che pensa solo alla nazionale brasiliana, ora è tornato ad essere uno dei migliori centrali in circolazione. Due tipi così diversi e così lontani. Uno grande (ma non grosso), laltro piccolo (e terribile). Uno nero, tipo alla Denzel Washington, afro/sudamericano; laltro un po indio e un po così. Uno difensore centrale elegante, laltro regista con i piedi da trequartista alla Pirlo. Pardon, alla Pizarro. Semmai, è Pirlo che gioca come Pizarro. In comune, però, qualcosa ce lhanno. Sono leader silenziosi, in campo e fuori. Quando parla uno dei due, i compagni si fermano e ascoltano. E poi, entrambi sono del 1979, hanno il contratto in scadenza nel 2013, da qualche mese sono accomunati dallo stesso procuratore: Giuseppe Bozzo. Juan Silveira dos Santos e David Marcelo Pizarro Cortés, i trentenni che hanno fatto trentuno. Nel cuore della Roma.