Vucinic: "Siamo cattivi e vogliamo tutto"

29/01/2010 09:37

Non segnerà quanto un bomber di razza, non sarà in corsa per il titolo di capocannoniere, ma in questa Roma si è ritagliato uno spazio importante. Al punto che anche con l’arrivo di Toni ( che comunque ora è infortunato e ne avrà per un mese) il montenegrino non rischia il posto. Anzi, pur di non rinunciare a lui, Ranieri potrebbe anche prendere in considerazione più avanti l’idea di schierare il tridente.



Alla Roma è arrivato nell’agosto del 2006. Con un ginocchio in disordine e la strada in salita per farsi apprezzare. Due soli gol nel primo campionato, ma sin dalla prima stagione Vucinic si è specializzato in goleador di . Sua la rete che permise alla Roma di battere l’unica volta il Manchester United, in quel biennio di sfide infinite e di batoste. La società giallorossa lo ha riscattato dal Lecce pagandolo complessivamente venti milioni. Una cifra importante, sulla quale il dibattito dei tifosi è tuttora aperto. Ne valeva la pena? Ma quest’anno il montenegrino ci ha messo qualcosa in più, convincendo anche i più scettici. Il cuore. Quella disponibilità al sacrificio e alla lotta che diventa fondamentale per diventare un beniamino del pubblico giallorosso. Una caratteristica che ha fatto di Riise quasi un eroe.



Vucinic è diverso. Questione di carattere. Se si sveglia con la luna storta è un casino. Deve sentire l’adrenalina addosso per tirare fuori il meglio di sè. Però ha i colpi da talento vero.

Magari discontinuo, come Savicevic, suo presidente federale e suo primo estimatore.

In Montenegro è considerato il numero uno indiscusso. Ma adesso anche a Roma non è considerato un attaccante di seconda fascia.



Mirko Vucinic, la Roma adesso vo­la. Ha raggiunto il terzo posto in campionato, è in piena corsa in Eu­ropa League, ha conquistato la se­mifinale in Coppa Italia. Dove può arrivare?

«Il più avanti possibile, senza pre­cluderci nessun traguardo. Speria­mo di continuare così».

Ma se dovesse scegliere?

«Non saprei. Sono tre obiettivi im­portanti e quando si vince un trofeo è bellissimo, qualsiasi esso sia. In campionato il nostro traguardo è tornare in . Ci so­no tante squadre che ci puntano. Per questo dobbiamo continuare a gio­care con una certa grinta e con la vo­glia di lottare e sacrificarsi».

Qual è il segreto del vostro rilan­cio?

«Siamo più concreti, non siamo più buoni, siamo diventati cattivi. Prima giocavamo troppo per il gusto este­tico, ora siamo più pratici. Ranieri ci ha messo in testa il concetto che dobbiamo crederci per tutti i novan­ta minuti, ci ha dato la convinzione che non dobbiamo mollare mai».

Un cambiamento di mentalità, passando da Spalletti a Ranieri. Il nuovo allenatore la considera una pedina fondamentale per la sua squadra, non rinuncerebbe mai a lei.

«Mi ha dato subito fiducia e me la fa sentire quotidianamente. Cerco di ricambiarla quando scendo in cam­po » 

Centravanti, seconda punta, ester­no offensivo. Con Ranieri lei ha gio­ ovunque nello schieramento avanzato.

«Cerco di rendermi utile in tutti e tre i ruoli. Mi adeguo. L’importante è giocare. Cerco di mettermi sem­pre a disposizione della squadra».

Ma quale dei tre ruoli ritiene più adatto alle sue caratteristiche?

«Non lo so, è difficile scegliere. Mi piace sia fare l’attaccante esterno che la punta centrale».

E’ possibile giocare con , To­ni e Vucinic, il tridente che fa so­gnare i tifosi?

«Tutto è possibile, ma si deve ve­dere in campo come andrà a finire. Accanto a giocatori bravi chiunque può fare bella figura».



Con Toni ha legato subito anche fuori dal campo

«Ci siamo trovati bene sin dai pri­mi giorni. Noi siamo un grande gruppo. Lo abbiamo accolto bene, Luca è un ragazzo tranquillo. Chiun­que riesce ad inserirsi senza diffi­coltà ».

Venti giorni fa, quando fu espulso Doni contro il Chievo e ci fu biso­gno di far entrare , toccò a lei uscire. Ci rimase male...

«E’ normale, per chiunque sareb­be stato così. Avevo giocato pochi minuti e toccato un solo pallone. Pe­rò Ranieri ha fatto bene, visto che alla fine abbiamo vinto la partita».

Con la vittoria sulla , è arrivata la vostra consacrazione. Fi­no a sabato scorso non avevate mai battuto una grande.

«E’ vero, contro Milan e Inter ave­vamo raccolto poco fuori casa. Il successo di Torino è stata un’inie­zione di fiducia in più, ci ha trasmes­so la convinzione di poter credere nelle nostre potenzialità. Però ora non ci dobbiamo montare la testa e dobbiamo restare cauti. C’è ancora molta strada da fare».

Con Ranieri c’è voluto un po’ di tempo per voltare pagina, all’inizio non è stato tutto facile. I tifosi con­testavano, anche lei era preso di mi­ra.

« E’ cambiato il rapporto rispetto all’inizio, non solo con me. Ora sen­to che i tifosi sono dalla mia parte. Dopo un avvio difficile siamo stati bravi ad uscirne alla grande, con una notevole compattezza. Per me, a livello personale, è stata ancora più dura. Perché avevo subito l’infortu­nio al ginocchio, quindi l’intervento ai primi di agosto. Questo ha com­portato che tutto quello che avevo fatto in ritiro, l’ho buttato via e ho dovuto ricominciare daccapo».

Da Spalletti a Ranieri, non è cam­biato solo il modo di giocare ma an­che il rapporto umano.

« Non so spiegare esattamente in cosa sono diversi, forse Ranieri scherza di più. E’ diverso anche il modo di preparare la partita. Ranie­ri ci illustra anche i minimi partico­lari dei nostri avversari. Lo ha fatto anche contro il Cagliari, ci aveva detto di stare attenti agli ultimi die­ci minuti. Peccato che abbia indovi­nato ».



Con Spalletti c’è stato un rappor­to umano intenso, ma anche con qualche scontro personale. Come accadde a lei lo scorso anno dopo la partita contro la a Torino.

«Sì, ma ho dimenticato tutto, sono cose che capitano nel calcio. Conser­vo un buon ricordo di lui».

Ora Spalletti allena lo Zenit di San Pietroburgo. Farà bene?

«Lo spero di cuore. E’ un allenato­re che ha fatto tante cose importan­ti qui a Roma e ha ottenuto risultati di alto livello. La sua Roma ha gioca­to il miglior calcio in Europa dopo il . Due anni fa, per un’ora eravamo campioni d’Italia. Un’emo­zione e una delusione indimentica­bili ».

In semifinale di Coppa Italia af­fronterete l’Udinese. Un avversario abbordabile, ma che in campionato vi ha dato un dispiacere.

«Ce la potremo giocare per arriva­re in finale e disputarla all’Olimpico davanti ai nostri tifosi. In campiona­to a Udine abbiamo rimediato una delle sconfitte che bruciano di più, ma fortunatamente è stata anche l’ultima. Ricordo che nei minuti di recupero sbagliai un gol facile faci­le. Sarebbe bastato toccare il pallo­ne e spingerlo in rete. Invece lo pre­si male e finì in curva».

Molti suoi compagni affermano che la forza della Roma è la compat­tezza del gruppo.

« Ne sono convinto. Senza queste qualità umane non si spiegherebbe il nostro rilancio».

Si avvicina il Mondiale. Lei reste­rà a guardare, il Montenegro è una piccola realtà calcistica. E’ una li­mitazione per un giocatore di livel­lo internazionale?

«Sì, lo è, ma non cambierei mai la mia Nazionale con nessun altra al mondo. Mi dispiace che sia così. Sia­mo pochi e la Federazione è nata da pochi anni. Però noi quando giochia­mo con la Nazionale ci mettiamo il cuore e ci teniamo tanto».

Domenica contro il Siena sarà an­cora emergenza in attacco. Anche lei non sta bene. Una contrattura al flessore della coscia destra le impe­disce di allenarsi regolarmente. Lo stesso problema per il quale rimase in dubbio anche per la partita con­tro il di due settimane fa.

« Spero di stare bene per esserci » .