Baptista: "Amo la Roma, mai pensato di andar via"

20/02/2010 10:58

Deve riconquistare i tifosi, deve lottare per trovare spazio. Eppure per due volte Mourinho ha cercato di portarlo all’Inter. Non deve essere così scarso. Julio non ha mai detto di voler andare via, come hanno fatto altri calciatori. Eppure poteva andare nella squadra più forte d’Italia, non a lottare per non retrocedere. Oggi ha un chiodo fisso: riprendersi quello spazio e quella visibilità che aveva ottenuto al primo anno in giallorosso, con dodici gol, pur non essendo una prima punta.

Julio Baptista è un ragazzo sensibile, oltre che un grande professionista. Dopo sette mesi è tornato a fare un’intervista per farsi conoscere un po’ meglio dalla gente. Non per cercare alibi o giustificazioni, ma per spiegare il suo momento e chiedere di avere ancora un po’ di pazienza.

Julio Baptista, cosa è successo ad Atene?

«Abbiamo giocato male, dobbiamo ricono­scerlo. Quando si sbaglia tanto in una competizio­ne internazionale gli errori si pagano. Nel ritor­no possiamo vincere e passare il turno. Con l’aiu­to dei nostri tifosi in casa possiamo farcela. Si è trattato di un incidente di percorso dopo venti ri­sultati positivi».

Nelle ultime settimane sta giocando con più continuità, ad Atene è partito titolare, ma non è riuscito a ripetere le prestazioni fornite contro la e il Palermo.

«Ora sto giocando di più, l’allenatore mi sta dando fiducia. Ora mi sento bene e so che posso fare il mio calcio. Ma ad Atene eravamo troppo lunghi. Ranieri ci ha già fatto rivedere il video della partita contro il Panathinaikos. Eravamo tutti fermi, il nostro sistema di gioco non ha fun­zionato. Un problema che ha riguardato tutta la squadra, non il singolo. Contro il Catania ci atten­de un’altra partita importante, se riusciamo a ca­pire gli errori torniamo a giocare come prima».

Mourinho ieri ha detto che teme la Roma.

«Dipende tutto da noi, da quello che vogliamo fare. Dobbiamo ritrovare subito la mentalità giu­sta. Se manteniamo il livello che abbiamo rag­giunto il nostro obiettivo è la , se pos­siamo arrivare più vicini all’Inter è meglio. Stia­mo consolidando la posizione per la zona Cham­pions. Certo, se l’Inter vince sempre non possia­mo fare nulla».

Ad Atene uno sbandamento nel finale come a Cagliari.

«In campionato si può recuperare, contro il Pa­nathinaikos era troppo importante. Siamo stati due volte in vantaggio, in dieci minuti abbiamo preso due gol, proprio noi che nei finali abbiamo spesso deciso le partite. I greci ci hanno creduto fino alla fine, hanno avuto un po’ di fortuna. Quel­lo del secondo gol sembrava un pallone morto, il giocatore appena entrato ha fatto gesto tecnico irripetibile».

La prima sconfitta dopo quattro mesi può la­sciare qualche strascico?

«No, non ci saranno contraccolpi psicologici. Attraversiamo un buon momento. Per una parti­ta storta non possiamo buttare tutto all’aria. Dob­biamo continuare a giocare come abbiamo fatto in questi mesi, mettendo in difficoltà qualsiasi avversario».

Il passaggio da Spalletti a Ranieri ha richiesto un periodo di adattamento.

«C’è voluto un po’ di tempo per capire il suo calcio. Tutti hanno sofferto all’inizio, anche io. I metodi di lavoro sono diversi. Con Spalletti lavo­ravamo di più, con Ranieri le sedute sono più corte, ma più intense. Ranieri preferisce lavora­re sul campo. In palestra ci si va per recuperare dopo un infortunio, oppure una volta a settima­na per quel potenziamento necessario a sostene­re tanti impegni ravvicinati. Siamo in un buon momento di forma, ci troviamo bene con Ranie­ri. Anche il modo di preparare le partite è diver­so. Ci fa rivedere gli errori al video e a ridosso delle partite è un grande motivatore. Lui è con­vinto che le partite si decidano alla fine e ci fa la­vorare per spingere di più nel finale».

Le sue difficoltà le sta cominciando a supera­re in questo periodo.

«Ho trovato la forza grazie all’aiuto delle per­sone che mi sono vicine. Questo è il calcio, ma so che non posso aver dimenticato le mie qualità».

Nella passata stagione era diventato un benia­mino dei tifosi, oggi deve riconquistare quel ca­lore.

«Lo so, il calcio è così. I tifosi sono molto pas­sionali, vogliono sempre che un calciatore dia il massimo e se non ci riesce, senza conoscere i mo­tivi, lo fischiano. Li capisco e voglio dare il me­glio di me».

Adesso sta per uscire dal tunnel, rivede la luce.

«Ho sofferto nei momenti più difficili, quando la squadra non riusciva a ottenere risultati. Non potevi uscire di casa, i tifosi erano delusi. Ades­so va abbastanza meglio. Non ho mai mollato, ho sempre lavorato per cercare di restare ai massi­mi livelli che ho raggiunto».

Spesso fa gli straordinari, è sempre tra gli ul­timi ad uscire dal campo.

«Solo l’addestramento ti fa migliorare. Sui tiri in porta, le punizioni. Credo in me stesso e so che posso arrivare al top solo lavorando».

Con l’arrivo di Toni è aumentata la concorren­za in attacco.

«E’ così per tutti. Gioca chi sta meglio. E’ un fatto positivo per l’allenatore».

Non ha l’impressione che i brasiliani alla Ro­ma siano un po’ passati di moda?

«Non lo so, il calcio è cambiato tanto. Di sicu­ro nei nostri confronti c’è sempre molta attesa, come è giusto che sia. Un brasiliano, specie se Nazionale, accende la fantasia del tifoso».

Nei momenti difficili ha sempre sentito la fi­ducia della società?

«Sì, i dirigenti mi hanno dimostrato la loro sti­ma, anche quando non giocavo. Mi hanno aspet­tato e ho potuto avere la tranquillità per lavora­re e per cominciare a migliorare».

In estate e a gennaio c’è stato l’interessamen­to dell’Inter. Lei non ha mai manifestato l’inten­zione di andare via.

«Questa è la prima intervista che faccio dopo sette mesi e sul mio conto sono state dette tante falsità. Riguardo i miei infortuni e questa situa­zione di mercato. So che le società hanno parla­to, ma io non ho mai detto: voglio andare via. Ep­pure la gente era convinta di questo e mi critica­va. Ma la mia ferma volontà di restare l’ha con­fermata anche l’allenatore. A Roma mi trovo be­ne, mi sono adattato benissimo».

Anche all’interno dello spogliatoio?

«Certo. Alla Roma c’è un grande gruppo, con tanti bravi ragazzi. Io mi ero trovato così bene so­lo quando ero molto giovane al San Paolo. Da quando sono in Europa questo è il miglior grup­po nel quale ho lavorato. In campo tutti si aiuta­no e siamo molto uniti».

Contro il Palermo il primo gol in campionato.

«Non ho fatto niente di speciale, ma per quel­lo che ho passato mi ha dato una grande soddisfa­zione ».

Cento gol nella carriera di professionista. Il più importante nella finale di Coppa America contro l’Argentina. Quello spazio nella Naziona­le brasiliana non se lo è guadagnato per caso.

«Credo che nella Seleçao ho dimostrato il mio valore. Una volta, durante un allenamento, ab­biamo fatto una scommessa su chi riusciva a col­pire più volte la traversa, calciando dal limite dell’area. C’erano Dunga, Jorginho, Anderson e altri. Vinsi e mi portai a casa molte magliette dei miei compagni che avevamo messo in palio».

Adesso ci vorrebbe un grande gol su punizio­ne, la sua specialità, per tornare a scaldare l’Olimpico

«Ma quest’anno non abbiamo molte punizioni. Quando ce n’è stata qualcuna ero in panchina... Finora ho fatto un solo gol su punizione, in Cop­pa Italia. Io preferisco calciare non troppo lonta­no dal limite dell’area e far passare il pallone so­pra la barriera».

Come si augura che finirà la stagione della Ro­ma?

«Preferisco non dirlo perchè i romani sono su­perstiziosi. Vinciamo le partite e non dico niente per non portare sfortuna...».

A Madrid aveva attraversato un periodo co­me questo?

«No, questo forse è il periodo più delicato del­la mia carriera. In Spagna ho fatto tanti gol nel Si­viglia, ho vinto lo scudetto con il Real e ho firma­to l’ultima vittoria delle merengues a . Quest’anno un infortunio a inizio stagione mi ha condizionato, ma il peggio è passato. I compagni mi sono stati vicini. Ho visto con quale affetto mi hanno festeggiato dopo il gol di sabato scorso».

Che cosa chiede a questa sua esperienza ro­mana?

«Non so cosa significhi vincere qui, ma credo che sia qualcosa di speciale, non ho mai visto una tifoseria come quella della Roma. Noi calciatori siamo stimolati a vincere».

Cicinho è tornato in Brasile. Ha mai pensato di fare la stessa scelta?

«No, anche se non ritengo sbagliata la scelta di Cicinho. Io ho sofferto e cerco di lavorare al mas­simo perche sono convinto che con le mie quali­tà avrò la possibilità di giocare. Se sto bene so che avrò il mio spazio. Spero di dare il mio contribu­to alla squadra. La felicità a Roma l’ho conosciu­ta, quando segnai il gol con il quale vincemmo il derby. Un gol che lascia il segno. Mi avevano rac­contato cosa significasse, mai mai pensavo che fosse così bello. Vorrei riprovare un’emozione così».