Crack in corsa, i debiti della Serie A

16/02/2010 21:16

Lungimiranza? Termine sconosciuto per i club di Serie A che predicano bene e razzolano malissimo, iperpagando giocatori che hanno abbondantemente superato i trent'anni. Se la Roma ha il suo tornaconto rinnovando il contratto a fino al 2014, quando il capitano avrà 38 anni, perché fra sponsor attirati (Wind, Robe di Kappa) e spendibilità del nome, quasi si autofinanzia, altri club non trarranno benefici indotti dagli emolumenti elargiti a grandi calciatori la cui carta di identità indica che verranno strapagati fin quando avranno da tempo imboccato la parabola discendente della propria carriera. I Paperoni delle cinque categorie di ruolo (, difensore, centrocampista, rifinitore, attaccante) non sono più giocatori di primo pelo: Buffon (classe 1978; 5,5 milioni di euro a stagione); Lucio (1978; 4,5); Pirlo (1979; 5); Ronaldinho (1980; 7,5); Eto'o (1981; 10,5). Fra gli allenatori, spicca Mourinho, 12 milioni di euro che lo issano in cima alla classifica dei tecnici più pagati del mondo. E meno male che Moratti ha transato con Mancini, fino a pochi mesi fa a libro paga con 5 milioni di euro a stagione.

 

MONTE INGAGGI COME L'EVEREST

Il facile ritornello del mal comune mezzo gaudio è stato spesso ripetuto dai nostri dirigenti: “I conti? Guardate quelli delle inglesi”. Scomodo autogol: a fine 2009 il Chelsea ha reso noto di aver estinto il debito contratto con la propria controllante, sempre facente capo ad Abramovich, che aveva toccato quota 376 milioni di euro, nonostante un leggero calo del fatturato rispetto al 2008, sceso da 236 a 228 milioni di euro. Il presidente onorario dei Blues, Bruce Buck ha gonfiato il petto davanti ai microfoni: “Ci stiamo allineando alle normative che fisseranno i livelli di debito da non oltrepassare. Puntiamo all'autosufficienza economica, grazie allo sfruttamento del marchio che sta comportando un incremento notevole dei ricavi”. Parole tuttora sconosciute alle nostre latitudini.



In Italia si piange miseria facendo il verso al coccodrillo. Sproporzionato e impietoso il confronto del monte-ingaggi nostrano con quelli degli altri Paesi europei. Le cessioni di pesi enormi per le casse societarie come Ibrahimovic e Kakà, il ritorno a casa di Shevchenko e l'addio di Maldini, abbondantemente sopra i 4 milioni di euro a stagione, non ha diminuito il costo del lavoro, anzi. Nel 2009-10, ai nastri di partenza, la Serie A ha contato fino a 800 milioni di euro. L'Inter comanda la graduatoria, pagando ai suoi calciatori 170 milioni di euro, e vince il derby col Milan che si ferma a 125,5. Podio per la (115), seguita dalla Roma (69,7) e dalla (40), che batte (38) e (37). Lodi alle piccole, che si allineano ai tempi, con il Catania passato da 20 milioni a 17,5, il Cagliari da 21 a 19, il Siena da 18,5 a 17,5, e il Chievo da 14 a 13. Nel complesso, l'estate della recessione ha partorito un fallimento: il monteingaggi complessivo è aumentato di 31 milioni di euro rispetto all'anno precedente (nel 2008-09 era di 769 milioni) e di 133 milioni rispetto al 2007-08, quando i club di A pagavano 677 milioni di euro. Giustificate le spese per gli stipendi delle inglesi, che in Europa fanno la voce grossa. Il Chelsea, che nella passata stagione ha fatto registrare un incremento del 30% rispetto al 2007-08, paga circa 185 milioni di euro di ingaggi, il Manchester United 125 milioni, l' 100, il Liverpool 95.

Segnate la cifra: 2,1 miliardi di euro. E' il debito lordo dei club di Serie A, che comprende esposizioni verso banche, fornitori, società controllate, società di calcio con cui si instaurano rapporti di mercato. Un rosso fuoco nei bilanci che fa pendant col nerazzurro dell'Inter, che ha chiuso l'esercizio al 30 giugno 2009 con 431,55 milioni di euro di debiti al lordo (lordi perché comprendono anche 66,4 milioni di euro di crediti. Il 30 giugno 2008 il debito lordo si fermò a 395 milioni). Quasi un quarto dell'intero rosso della Serie A, il 23% dei debiti complessivi. La recente Assemblea dei soci dell'Inter ha partorito un aumento di capitale di 70 milioni di euro. Sui conti pesano anche gli 800 mila euro sborsati per i compensi dei 14 membri del Consiglio di Amministrazione, 100 mila euro in più rispetto all'anno precedente. Il Milan, si è accontentato del secondo posto fermandosi a un debito lordo di 364 milioni di euro, pari al 19% dei debiti della A. Terza la Lazio, che tocca quota 129 milioni (6,9%), la conta fino a 109, mentre la Roma si è fermata a 99 milioni di euro. Virtuoso fra gli indebitati, il Livorno ha accumulato un debito lordo di 16 milioni di euro.

 

2009-10: FUGA DAGLI STADI

Spese inopportune, per non dire folli, non supportate da un conseguente appeal. I dati sugli spettatori da stadio dei primi 5 mesi di campionato relegano l'Italia a un piazzamento da zona retrocessione in Europa. Dal fischio di inizio dei campionati nazionali fino al 31 dicembre 2009, il torneo con maggior seguito allo stadio è la Bundesliga, che vanta una media di 42.833 spettatori a partita, a fronte di una disponibilità media di 47.642 posti, per un esaltante copertura media dell'89,9% dei seggiolini disponibili, che rendono il torneo tedesco il terzo evento più seguito allo stadio dopo la National Football League statunitense e l'Indian Premier League di cricket. Dietro la Bundesliga si piazza la Premier League, con una media di 34.082 spettatori a partita a fronte di una disponibilità media di 37.083 posti (91,9% di copertura garantita dagli spettatori), davanti alla Liga spagnola, 28.568 spettatori a gara per 37.509 posti (76,2%). Amaro quarto posto per la Serie A, che conta appena 23.877 spettatori di media nonostante i 42.904 posti disponibili in media per ogni partita (seconda disponibilità media dopo la Germania). Appena il 55,7% della capacità degli stadi viene occupata dagli spettatori, percentuale che evidenzia l'anacronismo delle strutture nostrane, che nel 1984-85 contavano una presenza media di 36 mila spettatori a partita. Logica conseguenza: il 75% dei nostri impianti ha visto la luce prima dell'ultimo conflitto mondiale, l'età media rasenta i 60 anni, ma non è questo il problema, visto che l'età media degli stadi inglesi è di 73 anni. Gli stadi italiani sono infrequentabili perché non viaggiano al passo coi tempi. Dal 2000 ad oggi solo il 10% dei nostri impianti è stato ristrutturato, a fronte del 45% registrato nel resto d'Europa. Spettatori in calo anche rispetto alla stagione scorsa, quando al termine delle 38 partite di campionato si registrò una media di 25.906 presenze. Non inganni il quinto posto della Ligue 1 francese, con una media di 19.983 spettatori a partita, da rapportare a una ridotta capienza media di 27.847. Oltralpe si riempono il 71,8% dei posti disponibili.

 

FATTURATI A CONFRONTO

La Bundesliga fa scuola nel tenere a bada il peso del costo del lavoro sui fatturati. Il monteingaggi delle squadre tedesche intacca in media solo il 48% dei fatturati annui dei club di riferimento (nonostante un aumento del 13% del costo del lavoro rispetto alla scorsa stagione), mentre in Italia la media sale fino al 64%. Maglia nera alla Francia, dove gli stipendi dei calciatori intaccano il 71% dei fatturati. Il fatturato complessivo della Serie A si assesta su 1,595 miliardi di euro, il triplo rispetto alla stagione 1995-96, quando i club già contavano sui contributi delle televisioni (Telepiù) e fatturavano 500 milioni di euro (circa 1 miliardo di lire). Fatturati triplicati, a fronte del costo del lavoro decuplicato, considerando che 15 anni fa i contributi previdenziali incidevano al 4% sui conti dei club mentre oggi intaccano il fatturato al 16%. Sproporzione allarmante perché in Italia le “voci da fatturato” da incentivare sono in netto ritardo rispetto al resto d'Europa. L'euforia scaturita dai soldi delle televisioni ha azzerato negli anni la diversificazione di investimenti e reso quasi ininfluenti gli introiti di settori mal sfruttati. Il botteghino della incide solo al 7% sul fatturato, percentuale più bassa fra le grandi d'Europa (gli incassi dell'Emirates Stadium costituiscono il 52% del fatturato dell'), mentre i diritti tv coprono il 64% degli introiti di Madama, picco più alto del Continente. Estremi determinati anche dalla distribuzione del tifo bianconero lungo tutta la Penisola e dalla capienza ridotta dell'Olimpico in attesa del nuovo stadio. Ma nel resto d'Italia la situazione non è tanto migliore, perché gli introiti derivanti dalle televisioni costituiscono in media il 54% del fatturato, lasciando agli incassi da botteghino una misera media del 15%, oltre la metà rispetto agli altri Paesi d'Europa. I fatturati dei club italiani sono inferiori rispetto alle big continentali. In crescita la , che nel primo semestre 2009 ha toccato quota 240 milioni di euro, con l'ex presidente Cobolli Gigli orgoglioso di annunciare l'aumento del 16% rispetto al 2008. Da oltre un biennio sopra i 210 milioni il Milan, in crescita l'Inter, che sale a 232 milioni, mentre la Roma sfiora i 180 milioni di euro di fatturato. Il Palermo fattura 70 milioni, la 110, la Lazio 90, il 100. Nulla a che vedere con il Real Madrid, che nel 2008 ha fatturato 366 milioni di euro e che in prospettiva potrà facilmente abbattere il muro dei 400 milioni di euro. Il merchandising fa la voce grossa, la Casa Blanca guadagna sfruttando contemporaneamente il brand del club e quello dei giocatori, per un appeal riscontrabile in ogni angolo del mondo. Florentino Perez ha chiuso due operazioni monstre per la cessione dei diritti televisivi, con La Sexta per il chiaro e con Digital Plus per il criptato, che frutta complessivamente 120 milioni di euro a stagione. Il Manchester United fattura 326 milioni di euro, grazie soprattutto al botteghino, che porta nelle casse 131 milioni di euro, e alla Nike, che in 13 anni versa nelle casse dei Red Devils 455 milioni di euro.

Proprio i main sponsor sono una boccata di ossigeno per le casse esangui dei nostri club. La ottiene dal marchio di famiglia, la New Holland, gruppo Fiat, 11 milioni a stagione. Bwin versa 10 milioni l'anno al Milan, la Pirelli ne dà 9 all'Inter, mentre la Wind spende 7 milioni l'anno per abbinarsi alla Roma. Stessa cifra versata da Monte Paschi nelle casse del Siena, 5,2 i soldi che la Lete dà al , mentre Toyota paga 4,3 milioni l'abbinamento con la . 2,5 milioni l'accoppiata Erg-Sampdoria mentre il Catania ottiene dallo sponsor Energia Siciliana 1,4 milioni. 1 milione per Dacia-Udinese e Gaudì-. L'anno scorso la si è piazzata al primo posto nella classifica degli introiti ricavati dalle sponsorizzazioni (main sponsor, golden sponsor, partnership, cartellonistica da stadio), mettendo in cassa oltre 45 milioni di euro, staccando di circa 10 milioni di euro le milanesi. Ma è il a trarre maggiori benefici per il suo fatturato dagli sponsor, che ne costituiscono quasi il 25%.

 

LE NUOVE FRONTIERE DEL BUSINESS

Non conosce crisi il settore delle scommesse sportive, col calcio dominante rispetto alle altre discipline. Nel 2009, il 93,4% delle puntate sportive è stato indirizzato verso le partite di pallone, per una spesa complessiva degli scommettitori che ha toccato quota 4,3 miliardi di euro, circa l'8% in più rispetto ai 4 miliardi di euro del 2008, anno del boom di puntate, che aveva fatto registrare un aumento superiore al 50% rispetto al 2007. Scommesse al maschile, perché solo il 2% delle giocate è effettuato dalle donne. La partita che ha fatto registrare il maggiore movimento di soldi è ad oggi Inter-Milan del 15 febbraio 2009: 5,5 milioni di euro sono stati puntati sul derby milanese. 4,8 milioni per Milan-, 4,7 per Roma-Milan. I rossoneri attirano gli scommettitori.

Sfruttare il mercato est-asiatico. E' il diktat che si impone il calcio italiano. Ovviamente in ritardo di quasi un decennio rispetto a quanto già recepito da inglesi e spagnoli. La Supercoppa Italiana 2010, 2011 e 2012 si disputerà in Cina. Per le casse dei club italiani significa 10 milioni di euro in più. L'agenzia cinese, che tratterà fra l'altro i diritti tv da vendere all'estero (quelli italiani li venderà direttamente la Lega), entusiasta per il successo dell'edizione 2009 che ha visto vincere a Pechino la Lazio contro l'Inter, ha aumentato del 20% la borsa che si divideranno le sfidanti, con una piccola somma destinata alla Lega Serie A per l'organizzazione.