02/02/2010 10:37
Non a tutti, però, con un trionfo come quello che ha vissuto lui domenica pomeriggio. A Paulo Sergio, ad esempio, toccò in unanonima ultima giornata di campionato a Vicenza, nel giorno in cui, dopo due stagioni, si chiuse anche la parentesi di Zeman sulla panchina della Roma. E quella cessione di Paulo Sergio è ancora oggi molto rimpianta, visto che stiamo parlando di un attaccante capace di segnare ventiquattro gol in due stagioni in un campionato difficile come il nostro. Lultima di queste reti, come scritto, la realizzò nella sua ultima apparizione in maglia giallorossa, a Vicenza, il 23 maggio del 99. Fu quella che sbloccò lo 0-0 di un match che poi sarebbe finito 4-1 per la Roma anche grazie ai gol di Delvecchio, Gautieri e Fabio Junior luragano, che in realtà non era neppure una pioggerellina dautunno. Quel giorno Paulo Sergio già sapeva che se ne sarebbe andato ma, da partente, entrò lo stesso nel tabellino dei marcatori, per poi salutare tutti in punta di piedi, così come era arrivato.
Di ben diverso spessore e intensità fu lultimo gol di Toninho Cerezo, uno dei campionissimi di sempre della storia giallorossa. La vicenda ci riporta immediatamente alla finale di ritorno della Coppa Italia 1985-86 contro la Sampdoria e me rita di essere raccontata dallo stesso Toninho, che un giorno di qualche tempo fa ci spiegò tutto per filo e per segno. «Quella partita per me resta indimenticabile poiché grazie ai cinque minuti che giocai quella sera la mia carriera ebbe una incredibile svolta positiva» racconta il brasiliano, dalle nostre parti soprannominato er tappetaro per quel suo incedere dinoccolato sul campo. «Prima di quella gara, infatti, ero praticamente senza squadra prosegue - durante lanno avevo avuto qualche problema con la società e verso la fine del campionato avevo saputo che Eriksson voleva cambiare gli stranieri della Roma. Per questo avevo firmato un pre-contratto col Milan per trasferirmi in rossonero. Ma un infortunio mi fermò nella parte finale della stagione, proprio quando le nazionali si radunavano per i ritiri pre-mondiali. Andai lo stesso in ritiro col Brasile, ma dato che lì eravamo in quattro a stare male (io, Zico, Socrates e Dirceu) il medico della nazionale decise che solo due di noi sarebbero partiti per i Mondiali in Messico e scelse Zico e Socrates. Questa decisione convinse molti che il mio infortunio mi avrebbe costretto ad abbandonare il calcio e tra questi ci furono anche i dirigenti del Milan, che rescissero il mio pre-contratto lasciandomi senza squadra, visto che la Roma non mi voleva più e il Brasile non mi aveva portato ai Mondiali. Tornai a Roma, non partecipai alla finale di andata con la Samp, ma in quella di ritorno accettai la proposta di Eriksson di andare in panchina. Poi il destino volle che entrai quasi allo scadere e segnai il 2-0. Fu la mia fortuna poiché il presidente della Sampdoria Mantovani capì che stavo benissimo e mi volle con sé. Grazie a quei pochi minuti, dunque, mi si aprì una carriera eccezionale a Genova, dove rimasi sei anni vincendo uno scudetto, una Coppa delle Coppe e due Coppe Italia. Ma la cosa più bella che ricordo di quella sera è lo splendido saluto che mi riservarono i tifosi della Roma, con cui ho sempre avuto un rapporto eccezionale ».
Anche un altro loro idolo come Rudi Voeller andò in rete al passo daddio. Gli capitò il 24- 5-1992 in Roma- Bari 2-0. Da tempo circolavano voci sulla sua cessione, molto avversata dalla tifoseria. Nonostante ciò, però, questa si concretizzò pochi giorni dopo e per sostituirlo la Roma di Ciarrapico e del nuovo allenatore Boskov puntò su Caniggia. Mai decisione fu più sbagliata. Rudi non era finito come loro credevano e largentino deluse moltissimo. Come Voeller anche Piedone Manfredini segnò nella sua ultima gara da romanista, giocata il 6 giugno 1965 allOlimpico contro il Foggia, battuto proprio da quella rete (1-0). Di lì a poco la Roma del neo presidente Evangelisti e del nuovo mister Oronzo Pugliese lo cedette al Brescia. Il suo posto in organico venne preso dal centravanti brasiliano José Ricardo da Silva, che rispetto a Manfredini aveva di meglio solo letà. Per il resto un pianto completo. Manfredini, Cerezo, Voeller e Paulo Sergio. Quante firme illustri nel giorno del commiato. E ora accanto alle loro cè quella di Stefano Okaka, al quale il minimo che possiamo fare è di augurare la stessa carriera di questi suoi celebri predecessori ai quali, ora, è accomunato dal gol delladdio.