Rossi: «Roma, per me non è un derby»

11/02/2010 10:01

Rossi ritrova la Roma. Sabato per lei sarà un derby?

«No, perchè io non sono l’allenatore della Lazio... Il derby sarà col Catania. Dico così perchè sento di far parte in pieno del proget­to Palermo. Dunque vivrò la partita con la Roma diversamente da quanto facevo fino a un anno fa. Mi fischieranno? Forse. Qualche sano sfottò. Ma io rispetto i tifosi romanisti e sono certo che anche loro mi vogliano un po’ più di bene ora che non sono più alla La­zio ».

A proposito, la Lazio...

«Non ne parlo. Non lo farò né ora né alla vigilia della prossima partita. La crisi? Non me l’aspettavo. Ma andiamo avanti».

Allora parliamo di accoglienze: gli applau­si per lei all’Olimpico in Coppa Italia e quel­li ricevuti da Guidolin al Barbera dicono che il calcio sa essere anche riconoscente?

«Non siamo freddi automi, ma sangue e carne anche noi. Di emozioni viviamo. Cer­to che mi ha fatto piacere ricevere quegli ap­plausi. Vuol dire che siamo riusciti a tra­smettere qualcosa aldilà dei risultati».

Di se stesso ha detto: le mie torte sono buone come quelle degli altri ma sembrano più brutte...

«Diciamo che certi allenatori hanno più...appeal. Ma anche queste sono qualità che si allenano, io posso migliorare. Però re­sterò sempre convinto che un tecnico va va­lutato per come fa giocare le sue squadre e non per come porta la cravatta o per quello che dice».

E’ a Palermo da appena 80 giorni e ha già un record strepitoso: ha vinto tutte le gare giocate in casa, sei sui sei.

«Il mio obiettivo non è stabilire dei record, ma arrivare a un risultato che possa durare. E se lo ottengo anche con qualche pareggio va bene lo stesso. Al Barbera i giocatori si sentono più protetti pur se lo stadio non è come il San Paolo o Marassi. Anzi, mi augu­ro che l’entusiasmo cresca ancora. Il calore dei tifosi può darci davvero quel quid in più».

Per la squadra ha usato più volte un agget­tivo: seria.

«Sono subentrato altre volte in carriera, e mi è capitato di sentire discorsi, pettegolez­zi, critiche al passato. Nel Palermo nessuno si è permesso di fare apprezzamenti negati­vi sul mio predecessore (Zenga, ndc.). Non è tutto: dai giocatori ho ottenuto una disponi­bilità totale, si sono dedicati a me nel lavoro quotidiano. Il Palermo è serio anche nel mo­do in cui affronta le partite, non siamo mai stati frivoli o superficiali. Neanche a Bari, dove i due gol presi nei primi 10' sono dipe­si da errori tattici».

Cavani, Kjaer e Pastore sono da top team mondiali?

«Hanno un grande talento tutti e tre. Me li aspettavo meno bravi... Dio ha dato loro le capacità, ora le devono saper affinare. Non si devono accontentare e in questo è impor­tante l’esempio degli anziani, Liverani su tutti. Top team? Potenzialmente sì, ma io spero che capiscano che sono già in un top team...».

Dunque anche lei crede in un grande fu­turo per il Palermo.

«Io so dove voglio arrivare ma non so quanto ci metterò. Gli stessi traguardi otte­nuti con la Lazio? Le possibilità ci sono tut­te. La società è organizzata, e Zamparini è un presidente appassionato che non lesina le ri­sorse economiche. Non vedo perchè a Paler­mo non si possa fare quanto è già stato fatto altrove.

I giovani? In Italia solo due-tre club hanno la possibilità di prendere il... prodotto finito. Le altre devono scoprirlo prima. Il Palermo con lavora benissimo in prospettiva, ma un domani dovrà riuscire a non privarsi di quei giocatori che diventano protagonisti».

Con Pastore il Palermo ha più fantasia ma meno equilibrio?

«Il problema di questi giocatori è che ven­gono da un altro tipo di calcio e li devi aspet­tare. Il mio compito come allenatore è fargli mantenere le proprie caratteristiche inse­gnando il modo di stare in campo. Non è un discorso solo di Pastore, che anzi a 20 anni sta imparando velocemente, ma di tutti i su­damericani o dei fantasisti. Guardate Die­go ».



dice che il rombo in Italia l’ha importato Delio Rossi...

«Che modulo fa il ? Le grandi squadre le vedi ma non sai mai come gioca­no. I calciatori più bravi hanno i concetti e in base a quelli fanno tutto. Poi i sistemi dipen­dono dal gruppo che hai. Oggi il Palermo usa il rombo, ma nulla vieta che con un centra­vanti di certe caratteristiche e due ali, l’an­no prossimo faccia il ».

Lei ha avuto Kolyvanov, Di Vaio, Chevan­ton, Vucinic, Bojinov, Di Canio, Zarate. Fino a Miccoli e Cavani. Come si allena il talen­to?

«Devi solo indirizzarlo. Il talento va mes­so al servizio della squadra. Quei campioni li ho gestiti aiutandoli, litigandoci, un po’ ba­stone e un po’ carota. Ci vuole una società al­le spalle. Miccoli e Cavani? La forza del Pa­lermo sono quelli che non vengono citati: Balzaretti, Cassani, Migliaccio, Bovo. E Gio­vanni Tedesco, che non gioca mai ma a 37 anni si sente ancora calciatore al 100%. Mi sta dando tantissimo e vedrete che si rita­glierà il suo spazio».

Torniamo alla Roma che affronterete sa­bato. ?

«L’icona del calcio. Soprattutto romano. E basta così. Una cosa la dico su Vucinic. E’ il talento con maggiori qualità tattiche che ab­bia mai allenato».

A quanti punti si va in ?

«Non ne ho idea. Ma so che se arrivi fra le prime quattro ci vai...».