Sì l'abbiamo sprandellati...

08/02/2010 09:33

 

Esito pazzesco, sotto gli occhi di quasi tremila testimoni oculari innamorati cotti, per la sfida più complicata degli ultimi mesi. Impressionante sin dalla prima giocata la , costantemente predisposta al pressing e vivacissima in più di un interprete (Vargas, Montolivo, Jovetic); meno brillante la Roma, raggrumata a protezione di Julio Sergio, formidabile nell’abbassare la saracinesca in faccia ai viola in almeno quattro occasioni, e presto troppo isolata in e Vucinic, lasciati spesso al proprio destino e comunque mai abbastanza incisivi. Marcatissimo quanto macchinoso il capitano (non a caso escluso da Ranieri a favore di Baptista dopo il riposo), a tratti eccessivamente bloccato sull’esterno il montenegrino.



Nella sofferenza collettiva di quel primo tempo che forse ci ha colti persino di sorpresa – ci aspettavamo una

buona , francamente non quella macina di gioco – sta scritto forse il finale della nostra favola. I viola 


ad attaccare a testa bassa, la Roma a reggere a difesa del fortino con il suo fenomenale insuperabile


saltimbanco, i sontuosi Juan e Mexes, il tostissimo Riise, il sempre monumentale Pizarro, il guerriero  tornato per una notte a fare barriera nel vivo della trincea, l’incessabile magari caotico movimento di Motta, di Taddei, di Perrotta.

Poco si riusciva a produrre, è vero, nelle rare ripartenze sfuggite al micidiale pressing degli uomini di Prandelli: a Vucinic mancava l’ultima cosa, a la sostanza di una condizione ancora lontana. Però la Roma dava sempre la sensazione di esserci. Magari stanca – diciannove partite senza macchia pesano ormai nelle gambe e nella testa, e giocare di giovedì sera è sempre un guaio – ma naturalmente predisposta al sacrificio, al mutuo soccorso, alla voglia di essere ancora una volta protagonista.



Non a caso proprio uno dei nostri campioni spesso più indecifrabili, Mirko, avrebbe deciso il match con un’entrata da centravanti vero. In avvio di ripresa, era stato ugualmente lui a spingerci a sacramentare in modo irriferibile, gettando alle ortiche il comodo vantaggio in cima al perfetto uno-due confezionato da Baptista e Riise: ridicolo il suo sinistro molle e fuori quadro, a bruciare un pallone che chiedeva solo di essere spinto in rete. Forse la svolta decisiva è venuta proprio in quei primi minuti della ripresa, con già sotto la doccia

(malinconico ma giusto gestirlo così, in attesa che ritrovi la forma): Vucinic che falliva l’impossibile con la porta di Frey spalancata, Gilardino che di lì a pochissimo pensava bene di imitarlo, scaricando sullo sveglissimo 

Giulietto il facile -gol innescato da uno splendido assist dell’altro montenegrino della partita, Jovetic.




Il bunker romanista, appena sbrecciato nella circostanza, non avrebbe più lasciato un varco, a dispetto dell’incessante forcing dei toscani; Vucinic,  pochi secondi dopo  l’ingresso in campo del portafortuna-Menez, sarebbe tornato vincente al momento giusto, bucando Frey con un finalmente rabbioso. Sognare ora è un diritto, illudersi no. La Roma ha scavalcato il Milan nella scia dell’Inter, sempre a più otto (col match con il Parma da recuperare) e saggiamente considerata inarrivabile da Ranieri, che conosce come nessuno le reali risorse dei suoi, prima ancora che quelle degli avversari. I nostri, in attesa del pieno recupero di e Toni, vincono soprattutto con il coraggio e con la forza del gruppo, la banda Mourinho con una ricchezza, e individualità, in qualche caso uniche al mondo. Le distanze restano probabilmente


enormi, persino al di là di quelle dettate dalla classifica. Ma abbandonarsi al sogno è fantastico. A patto di

non esagerare.