"Non aver preso Milito il più grande rimpianto"

12/03/2010 09:03

A Rivista Romanista Pradè racconta come è approdato alla corte della famiglia Sensi: «Alla Roma mi portò Lucchesi. Mi presentò Franco Sensi e la mia vita cambiò per sempre. Rosella è molto simile al padre. È esigente, grintosa, determinata, sempre presente. Le devo moltissimo». Non è una lusinga, è verità. Il rapporto con la famiglia Sensi si è cementato con il passare degli anni. Il conferimento a Gian Paolo Montali di quelli che, nei fatti, sono poteri di supervisione generale non ha compromesso la libertà di manovra di Pradè. Racconta il numero uno del mercato romanista: «Lavorare con Capello mi ha fatto crescere subito. Da lui ho imparato molto, anche ad archiviare ogni informazione sui giocatori visionati. Ora vedo almeno due dvd al giorno di calciatori. È una specie di scaramanzia, non lo faccio solo a Natale e a Capodanno. Tutti gli altri giorni dell’anno sì. Lavorare per la Roma è stato il coronamento di un sogno. Momenti  brutti ce ne sono stati. Con Cassano arrivammo allo scontro fisico,Chivu, Mexes e Panucci si schierarono subito dalla mia parte». Pradè, poi, svela che « per le cinque giornate di e Panucci per l’insubordinazione di Reggio Calabria sono stati quelli che hanno pagato le multe più salate».

A Pradè si deve l’ingaggio di Spalletti, nel 2005: «È stata la mia prima scelta da dirigente. In ballo c’era anche Zeman, ma tutti abbiamo scelto Spalletti. Ogni scelta alla Roma è condivisa. Non c’è stato un solo calciatore acquistato senza il parere favorevole dell’allenatore. Con Spalletti il rapporto è finito come finisce un amore». Il diesse conferma che la Roma sapeva benissimo del viaggio a Londra del suo ex allenatore: «Il suo colloquio con Abramovich ci diede fastidio. L’unico rimpianto è che forse il rapporto andava interrotto prima».

A fari spenti, Pradè continua a lavorare per il mercato estivo. «Mourinho ci ha fatto un bel complimento», dice nell’intervista. È una risposta elegante a una delle tante uscite ineleganti del portoghe- se. Che qualche tempo fa disse: «La Roma è una società furba. Nel momento del mercato sa piangere perché ha bisogno di un giocatore e non ha soldi. Poi, però, quando qualcuno vuole comprare un suo giocatore, dice di no». Pradè va oltre e dribbla le provocazioni, più che con furbizia, con intelligenza e savoir faire: «Stiamo molto attenti alle spese e sappiamo giocarci i nostri jolly. La bellezza della à funziona sempre. Solo con la moglie di Zè Roberto non funzionò». Ce ne faremo una ragione.