"Porterò mio figlio perchè ci credo"

19/03/2010 08:28

dobbiamo essere in tanti». Accanto a lui c’è Patrizia, sua moglie, un’altra giallorossa doc con lo spirito della mamma: «Io sono favorevole a qualsiasi iniziativa che possa favorire le famiglie. Dobbiamo andare in tanti, anche perché per i giocatori è come per i bambini. Più vengono incitati e più danno il massimo. Alla rimonta

io ci credo».
 Sulla stessa lunghezza d’onda è Paolo, anche lui ha un figlio classe ’98 che gioca nell’Olimpia con tanta voglia di Roma: «Io ci spero fino alla fine – sottolinea – e proprio per questo porterò mio figlio allo stadio. Questa è un’iniziativa ottima e va premiata. Con l’Olimpico pieno sarà sicuramente un’altra cosa, anche perché il nostro pubblico ha sempre dato una spinta in più e specialmente i giocatori romani ne sono consapevoli».

Per Alessandro, papà di un bambino di 12 anni, allo stadio ci si va a prescindere: «Sì, l’iniziativa riguardante il biglietto è buona – dice – ma io allo stadio ci sarei andato comunque. La squadra sta facendo il massimo e io spero sempre che perdano Milan e Inter. Riempire lo stadio è importante, però non va dimenticato che in campo ci vanno i giocatori». Sono tanti i papà che hanno rinunciato a scartare un pacchetto e hanno preferito regalare ai propri bambini l’emozione che strozza il fiato di una serata all’Olimpico. Proprio come Stefano,

43 anni, che sabato donerà al suo Alessandro un incanto che si chiama Roma- Udinese. «Mio padre mi ha detto che ci saremmo andati mentre mi portava a scuola - racconta dall’alto dei suoi 13 anni e un accenno di baffetti neri – è stata una gioia indescrivibile, non vedo l’ora di salire sulla scalinata, lì sopra mi sento come un vero soldato romano». E anche se per lui sarà solo la seconda volta, il ragazzo parla già come un veterano. «Vinciamo anche 3 a 0 – continua con la faccia seria – segnano Toni, Brighi e Perrotta».

Più o meno lo stesso ottimismo di Luca, 9 anni e tanta grinta nella voce. «Certo che ci saremo, se non ce lo

porto mi ha già detto che mi mozzica, non ho scelta. Peccato che non ci sarà Mexes, per lui è un mito e mi sarebbe piaciuto farglielo vedere dal vivo. Sarà per la prossima volta».
 C’è anche chi, però, vuole assaporare il gusto speciale di questo rito di iniziazione settimana dopo settimana. «Io allo stadio ci sono cresciuto – racconta Alessandro mentre aiuta suo figlio Edoardo di 11 anni a tirare fuori dal bagagliaio un borsone più

grande di lui – io lì ci sono cresciuto, solo che adesso sento addosso una emozione tutta nuova. Mi sembra di essere tornato alla mia infanzia, quando ci andavo con mio padre. Ora mi diverto a guardare come si trasforma la sua faccia quando sente il boato della Curva. Anche per questo noi saremo presenti».

Parole che si trasformano in delusione nei timpani di Riccardo, 11 anni. Lui, infatti, domani sera non ci potrà essere. Colpa della fede juventina di suo padre, che lo costringerà a seguire la Roma dalla televisione. «A lui non piace andare allo stadio, ogni tanto mi ci accompagna, ma questa volta ha detto che non può». Riccardo,

però, non riesce proprio a darsi per vinto. «Chiederò a qualche mio compagno di venire con me – spiega aggrottando le ciglia – io allo stadio ci voglio essere». Un problema che non sfiora nemmeno da lontano Francesco, 10 anni. «Io non glielo devo neanche chiedere – racconta - ci pensa lui. Spero solo che Toni possa segnare e fare il gesto dell’orecchio ai tifosi». Ma c’è anche chi, come Diego, non ha ancora perso la speranza di camminare verso lo stadio stringendo quella mano più grande. «Io non l’ ho ancora chiesto ai miei genitori - dice con gli occhi bassi– ho paura che mi dicano di no. Appena torno a casa, però, glielo domando subito»