Vittoria Capitale

28/03/2010 10:48

La Roma anche senza , entrato negli spiccioli, ha tutt’altra sostanza e freschezza del Milan che la settimana scorsa fallì il sorpasso e che oggi può appaiare i giallorossi a un punto dagli interisti. I cani da caccia sono diventati due e uno ha dimostrato di mordere. Nel 2-1 della Roma entra un po’ di sfortuna dell’Inter per i tre pali che ha colpito ma la capacità degli uomini di Ranieri di gestire il primo tempo lasciando ai nerazzurri solo gli ultimi minuti e soprattutto la dote di reagire al pareggio per rilanciarsi in attacco ci ha colpito: serviva una grande convinzione nei propri mezzi per non lasciarsi andare all’autocommiserazione e non accettare l’1-1 magari per lamentarsene nel dopopartita visto che l’azione del pareggio di Milito era stata ampiamente inquinata dal fuorigioco di Pandev.

La rimonta della Roma è il capolavoro del gestore Ranieri, che contestammo negli anni juventini perché non faceva crescere la squadra ma qui, dove ha ereditato un gruppo formato negli anni di Spalletti, ha trovato l’ambiente ideale: non ha apportato grandi cambiamenti, non ha toccato gli equilibri consolidati, ha scovato in Julio Sergio un affidabile lasciato nella naftalina, ha ottenuto l’acquisto di Toni a gennaio e ne ha fatto l’arma che la Roma non aveva. Toni ieri ha segnato la rete decisiva ma è la punta visibile di un lavoro grandioso come nel Palermo: lo pensammo bollito vedendone le prestazioni in Nazionale, ora invece tornerà utile a Lippi.

Tutto questo, ovviamente, non sarebbe bastato a riempire la voragine di punti e di ambizioni che separava i giallorossi dall’Inter senza che l’Inter non si accartocciasse all’improvviso, come si è visto ieri, se non in qualche sprazzo di antica qualità. Gli episodi non l’hanno favorita, l’atteggiamento l’ha condannata. Nel primo tempo è stata sopraffatta a partire dal centrocampo dove Pizarro triplicava la propria statura, risultando il migliore in campo: questo cileno che i grandi club snobbarono oggi farebbe la fortuna di chiunque cerchi un faro più che un regista. , al suo fianco, giocava con il sangue agli occhi.

Due anni fa, negli spogliatoi di Catania, aveva urlato che non avrebbe mai conquistato uno scudetto perché alla Roma non l’avrebbero lasciato vincere: ieri giocava per smentire se stesso. La foga l’avrebbe portato a qualche errore di misura fino all’uscita con un ginocchio malconcio tuttavia il gol del vantaggio giallorosso era frutto della sua tigna nel cercarlo. Testa di Burdisso, errore di Julio Cesar che non bloccava la palla ma la sbatteva su Samuel, piedone di . La Roma colta da raptus le tentava tutte, soprattutto con una punizione folgorante di Riise e una di Vucinic parata.

In un match nervoso e di continui battibecchi (11 gli ammoniti da Morganti, caduto in alcuni sbagli decisivi) l’Inter non aveva idee. Il centrocampo pativa, l’attacco non aveva rifornimenti e solo Milito pareva sbattersi. La traversa colpita di testa da Samuel era il fiore nel deserto che nella ripresa diventava una piccola oasi forse perché si svegliava Sneijder. Era l’unico momento in cui la Roma subiva il fascino degli avversari: il gol di Milito era irregolare però chiudeva una fase di supremazia nerazzurra con Ranieri che tardava ad apportare cambiamenti.

Quando Mourinho pensava che il più fosse fatto, la Roma piazzava l’altra botta. Il tiro sbagliato di Taddei si trasformava in assist, Toni era libero in area per sfruttarlo con un tiro basso. Ranieri si è preso comunque la rivincita. Aver messo Mourinho alle corde, con l’incubo di perdere lo scudetto che l’Inter vince da tre anni (più quello a tavolino) è la soddisfazione «del settantenne che non parla inglese».