15/04/2010 10:02
«Vinco ogni cinque anni». E nessuno si mise a fare i conti nella carriera pluridecorata di un allenatore/cittì di volley che oggi, a 50 anni, è dirigente. Vinse lo scudetto con la Piaggio Roma nel 2000, lEuropeo con la Nazionale nel 2005 sempre qui e adesso, da Ottimizzatore, carica che non gli piace e che però accetta come fosse un soprannome, visto che siamo nel 2010, qualcosa vuole mettere in bacheca.
Con Claudio Ranieri va daccordo, anche se un pomeriggio confidò: «Lo sapete che qui mi voleva Spalletti?». Con Rosella Sensi ha il rapporto più diretto che si può. Forse perché, pur non essendo un marziano, viene da un altro pianeta, diverso dal calcio. Meglio dire che tacere.
Semplici cose per grandi traguardi. La riunificazione dello spogliatoio non è una svolta politica. Ma il gruppo ritrovato che a fine agosto era disintegrato. Non ci sono riserve e titolari, ancor di più quando bisogna spogliarsi e prepararsi. È stata la prima novità di questa annata di chi ottimizza i rapporti prima che le risorse. La più curiosa, per lanno che verrà, è però un altra, parlando con lo sponsor tecnico che veste i calciatori. Niente tasche nelle tute della nuova stagione. Perché non si ascolta mai un allenatore in posizione svogliata.
Poche regole ma mirate: a Trigoria si guarda allalimentazione ma anche alleducazione. Le multe (vere, non più annunciate e basta) per le espulsioni, la più salata a Taddei a Udine (45.000 euro) e per le ammonizioni per proteste, pochi a essere caduti in trappola, Menez, Perrotta e De Rossi (da 15.000 a 20.000 euro, non poco). Dopo quelli al brasiliano al Friuli e a Pizarro (doppio giallo) nel derby, solo un altro rosso, il terzo, unico del 2010, di Doni, ma per un fallo di gioco contro il Chievo allOlimpico. La differenza con lInter nervosa di Mourinho (sette espulsi) è anche nei comportamenti. E con la Roma isterica di Spalletti, lanno scorso dodici rossi. Oggi addirittura tre gare casalinghe senza nemmeno un ammonizione: Fiorentina, Chievo e Genoa. «Il derby è una partita e non la partita» dice Montali, lasciando che a parlare siano gli altri. «Perché noi siamo ancora in viaggio. E non è ancora finito».