26/04/2010 11:34
Ed è proprio così che finisce. Il derby è distante solo sette giorni, sembrano mille. Anche una settimana fa gli occhi erano lucidi. Un signore sulla cinquantina si asciuga le lacrime col fazzoletto. Alle 22:35 la Sud canta il coro più bello, quello più triste. Quello più romanista. Che sarà sarà
. «Noi semo così, ci saremo sempre
». Via sms a Luca arriva la notizia che Sky inquadra Mexes in lacrime. Accanto a lui Cassetti. Chiede conferma a unamica. Poi risponde: «Mai piangere, perché siamo della Roma. E ci rialzeremo, come sempre». Stavolta però è più difficile. Il sogno termina ufficialmente alle 22:40 «e chi se ne frega se siamo ancora in corsa,
non ce lo faranno vincere mai», al termine di un minuto esatto di applausi. Poi esplode la contestazione buffone, bufone, rivolta a «Mino Damato, che tornasse a fa il presentatore». Ma è un attimo. Ripartono gli applausi. Si vede Cassano che abbraccia Totti in lacrime e poi si denuda prima di tornare negli spogliatoi. Ma nessuno se lo fila, tanto per citare il coro di serata Un papà prende in braccio il figlio, in Monte Mario. Avrà non più di tre anni. Piange. «Papà, io volevo vincere stasera». Accanto a lui passa una coppia di giapponesi. Fa foto. Non capisce. Nessuno, se non è romanista, potrà mai capire cosa è stato stanotte. Potranno spiegarlo gli occhi di Mexes e quelli di De Rossi, potrà spiegarlo, forse, il cuore di Totti. Che è rimasto sullerba dellOlimpico. Si torna a casa. Chi da solo, chi in compagnia. Non è notte da solitudine, questa.Ma è notte da romanisti. Perché, comunque vada, «noi non ti lasceremo mai». Mai.