Mi piace questa gente

12/04/2010 10:07


da Destino: la strada per lo scudetto romanista passa sull’ostacolo laziale. Domenica quelli faranno barricata e noi, che sullo scudetto abbiamo già messo una mano, potremmo stringerlo anche con l’altra proprio frantumando la resistenza, l’orgoglio e l’umore di chi mai vorrebbe fossimo primi. La Partita con la Gioia, una meravigliosa intrusa nei nostri sentimenti. Gioia che lampeggia, si accende, scalda, già quasi incendia, tenuta a fatica compressa dall’incredulità. Non ce lo aspettavamo e non solo per scongiuro o scaramanzia. La Partita con lo scudetto, scudetto che oggi appunto è come un figlio amatissimo che non ti aspettavi, una splendida creatura che sta nascendo, concepita senza calcolo e solo per amore. Un minuto dopo il pareggio di Firenze faccio finta non sia successo niente. Il campionato, la classifica, la domenica che arriva? Non ci penso, mi vado a vedere il secondo tempo di Real- e provo a “distrarmi” con . Più o meno ci riesco: durante il sonno non sogno nulla, né
Roma-Parma di dieci anni fa e neanche Roma-Lecce di un quarto di secolo fa.

Al mattino il primo umano che incontro per caso so che si tratta di uno juventino: mi parla con rispettosa invidia. Faccio ancora finta di nulla, almeno con me stesso. Ma quello spicchio di à che percorro spesso si scambia un sorriso complice. Timido perché non osa crederci, ma complice perché corre sotto la pelle prima ancora di arrivare e schiudere le labbra. Incontro una famigliola, anzi una famigliona: sono quattro medici, due per generazione: il padre e il figlio vanno allo stadio, la madre e la figlia saranno davanti alla tv ma per una volta avrebbero accompagnato volentieri. Al bar, all’edicola mi chiedono, ci chiediamo, però smettiamo in fretta, cambiamo argomento per reciproca e ancora una volta complice cortesia. Incontro ovunque, ovunque si manifesta quella sterminata à che non vive di solo calcio e di solo tifo ma con il calcio e con il tifo si ingentilisce la vita. Normalmente, serenamente, senza farne una missione o una fede. Ma facendone un affetto, un familiare amore. Mi piace questa à normale, sento il suo respiro fresco. Mi piace questa gente che non si intossica, neanche di calcio, ma che semplicemente riesce a mettere il tifo “in squadra” con la propria normale vita. Continua, prosegue la Partita, adesso sono seduto a guardare, ma gioco anch’io, giochiamo tutti noi. Tutti noi che in mattinata ci siamo voluti “sentire” almeno al telefono, come fosse Natale o un compleanno stranamente collettivo. sbaglia la prima palla: sarà un cattivo presagio? Il primo tiro vagamente verso la porta è di quelli dell’Atalanta, devo preparami alla delusione? Burdisso e in sequenza mancano il gol, sta per essere bastonata la mia, la nostra illusione? Non faccio in tempo a pensare quanto sia vecchia e consolidata la storia che spesso avvinghia la Roma in un gorgo di partite mancate: Vucinic tira, Consigli regala, il Calcio è con noi. E poi si stende, diffonde, profuma la pace, la sazia pace del risultato: due a zero, la partita è nostra, quella con la minuscola.

La Partita, quella con la maiuscola continuerà in settimana, durerà altre cinque settimane. E invece no: dal decimo del secondo tempo quaranta minuti di “paura Valdes”, paura che in alcuni minuti si cristallizza in angoscia. La Lazio rimonta: in fondo è una mezza buona notizia anche se lì per lì non sembra. Il Milan recupera: nubi su un cielo che prima era una meraviglia, arriverà il disastroso temporale anche all’Olimpico? No, il sole non si oscura e non si spegne: siamo primi in classifica. Un grande regista e un grande sceneggiatore stanno scrivendo testi e immagini della Partita. L’Inter raggiunta e superata dopo che era in testa da settembre, il derby che per noi vale lo scudetto, la Roma prima sparita, poi risanata, quindi risorta e ora assunta in cielo. Un film capolavoro proiettato, lavorato di fino per noi. Anche per quelli che hanno nutrito prima della partita di Firenze il legittimo sospetto. Legittimo solo in un mondo a testa in giù che ci ostiniamo a considerare naturale e ovvio che sia capovolto. Continua, prosegue la Partita che la squadra ci sta regalando, regalo imponente e prezioso. Grazie e, comunque vada, grazie. Non faccio più finta di niente, anche se faccio come ha fatto Cassetti di fronte al livido ex laziale allenatore del Catania che in tv profetizzava lo scudetto comunque all’Inter: “Sì, sì…hai ragione”. La Partita, quella dello scudetto, è la nostra partita. Sarà anche nostra questa Partita? Può essere, può essere e quel “può” è più o meno la stessa sensazione che deve aver provato Cristoforo Colombo quando sbarcò, per tigna, coraggio, bravura e fortuna, in quello che, per quanto ne sapeva lui, poteva essere il vecchio mondo, ma anche no. Infatti era il nuovo.