13/04/2010 13:19
I Sensi non hanno più i numeri, i soldi e la forza politica per gestire un club di serie A. Ma, allora, se avevano ragione i tifosi che volevano che Rosella passasse la mano, come si spiega questa situazione, questo primato?La risposta è semplice: con la passione. Una passione primordiale e potente, ereditata dallamatissimo padre Franco, qualcosa di talmente puro da rasentare il naïf. Come quella volta in cui pur di tenere in mano la squadra, Rosella disse di no allofferta di un incredulo George Soros che era disposto a pagare il marchio «Roma calcio» tre volte il suo reale valore. Avrebbe risolto i problemi di un paio di generazioni di Sensi, quella proposta. Ma lei prima disse di no e poi con la stampa ma anche a casa si giustificò così: «Cedere la Roma? Solo a qualcuno che dimostrasse lo stesso insano amore di mio padre: nessuno la ama quanto lui». Nessuno, a parte lei, Rosella. Rosella che i lì in avanti resiste a tutto, alle bombe carta, agli insulti, (particolarmente sgradevoli quando era incinta), alle minacce sotto casa, alle lacrime della madre, allimmagine di un impero che giorno dopo giorno tramonta e si sgretola sotto i colpi dei creditori. Rosella che piange in diretta senza vergogna, che fuma nevrotica in tribuna vip, che non riesce a guardare quando batte i rigori Totti («Mio fratello maschio, diceva papà»). Rosella che alla fine fissa la telecamera e ripete: «Nessuno ama la Roma quanto mio padre, per tenerla ha sacrificato metà delle sue ricchezze». Nessuno a parte lei, che per onorare la memoria di quell«insano amore» e portare la sua Roma così in alto è stata disposta a sacrificare tutto