Sola al comando

13/04/2010 13:10

Sbatteva il dorso delle mani sul tavolo, buttava giù microfoni, sapeva che se ne sarebbe andato perché a suo giudizio era la squadra ad essersi svincolata da lui. Otto mesi dopoRanieri sta gestendo un gruppo da scudetto. È subentrato in sordina, senza cravatta, con l’identità frantumata del fresco esonerato. A Roma ancora rimbombava l’eco dello sfogo con cuiSpalletti aveva chiuso quattro anni poco concreti ma con tratti sublimi, culminati con il gol alla Dinamo Kiev di Perrotta (l’era del calcio flipper). Senza mai scomporsi Ranieri ha ricostruito una dimensione umile cominciando da se stesso. Quando  si fece male col , erano i primi di ottobre, parlò alla sua gente: «Dobbiamo andare avanti senza di lui». Qualcuno fu “costretto a crederci”. L’arrivo di Gian Paolo Montali come coordinatore è stato il cemento psicologico per la rock band smembrata, basso e batteria per l’anima. L’abbattimento di un tramezzo che divideva lo spogliatoio in due (per vip e giocatori di seconda fascia) diventa la metafora del gruppo nuovo. Alla sua guardia Ranieri pone il «terzo più forte del mondo», Julio Sergio, che a 31 anni scalza il nazionale Doni e scopre una parola nuova: indispensabilità. Davanti a lui scorre una galleria di calciatori ritrovati, rimotivati, riposizionati. È vero, Riise è partito: ma sulla fascia, non dall’aeroporto. Per dinamica, il suo gol a Torino contro la  ha ricordato quello di 30 anni fa annullato a Turone.

Solo da tre settimane sta un po’ rifiatando. Al centro Juan è stato convinto a cambiare disciplina alimentare perché i suoi muscoli andavano aiutati. A Pizarro sono state consegnate le chiavi del gioco, provvedimento questo che ha avuto anche l’effetto di esorcizzare , liberarlo dalle sue ansie d’onnipresenza cui Spalletti lo aveva condannato. Perrotta e Taddei stanno dimostrando di essere ancora vivi. Vucinic, reo di non sapersi adattare al sacrificio in stile Rooney, è diventato una specie di Delvecchio con in più due piedi da togliere il fiato (nel senso buono) e l’attitudine al gol pesante.  è stato amministrato: «È come la banda dei Carabinieri», diceva scherzando Montali. Di più: è come una canzone amata, la senti, la risenti, non ti stanchi mai anche se il disco gracchia. «Però non devo costringerlo a forzarsi»: concetto un po’ contorto ma Ranieri rese l’idea. È emersa una squadra capace di soffrire come mai, concreta, cinica, quasi con una sua morale, un Avatar. Nei primi 40 minuti contro l’Inter ha persino sfiorato la bellezza. È anche la Roma del mercato contenuto, dell’usato garantito, «intanto vieni, poi parliamo di soldi»Venduto Aquilani (20 mln), si è irrobustita con Burdisso e Toni, scarto Inter e scarto Bayern, arrivati al solo costo dello stipendio. Uno ha restituito il sorriso a Juan, l’altro ha slogato il polso della Sud che anche di notte lo imita nel gesto dell’orecchio. Il 29 ottobre, fuori Trigoria, c’era un manipolo di delusi non abbastanza deluso da restarsene a casa: “Vergogna”, si leggeva sul loro striscione. Si viaggiava a meno quattordici.Vucinic sbagliava gol a porta vuota come non avesse mai fatto altro in vita sua. «Fosse stato per me non l’avrei mai mandato via»: lo disse Montali parlando di Ranieri. Allora erano entrambi alla Roma sta dicendo ancora grazie. La parola d’ordine è: «Non succede, ma se succede...».