Da Pescara sognando Sheva. A Trigoria c’è un antidivo

27/05/2010 11:58

Niente dedizione totale alla rincorsa di un sogno sempre di là da venire, che per avvicinarlo a volte non basta la progressione di Cristiano Ronaldo. Niente ammirazione incondizionata per un giocatore, possibilmente un fenomeno, che imitare risulterebbe quantomeno arduo. E poi niente orecchini luccicanti, calzettoni portati alla Mexes, scarpini rosa alla Vucinic e così via. Sorprendente.

Sarà forse anche per questo che vale la pena raccontare la sua storia comininciando dall’inizio. Che non è casuale neanche un po’. Daniele nasce infatti a il 12 luglio 1991. Per i calciatori, questa è una data particolarmente fausta, visto che vi sono nati anche Christian Vieri (nel 1973) e Antonio Cassano (nel 1982, all’indomani del trionfo dell’Italia al Mondiale). Come l’ex Peter Pan giallorosso, anche Daniele nasce vicino al mare, che per lui diventa sin da bambino sinonimo di tutto quello che è gioco, divertimento, ma anche in qualche modo famiglia. Il pallone all’inizio è solo uno dei modi per passare il tempo nelle calde giornate estive, divise fra la spiaggia e la pineta di (per la quale tutte le parole le ha già trovate D’Annunzio). Quando all’età di sette anni si iscrive per la prima volta a una scuola calcio, Daniele non può immaginare dove lo porterà la strada che ha appena imboccato. Dopo un anno nelle file dell’Adriano Flacco, passa ai dilettanti del Pro , dove resta per due stagioni. Nel 2001, infine, l’approdo nei Pulcini del e l’inizio di un’avventura che durerà sette anni e lo condurrà fin sulla soglia del calcio dei grandi. Sin dagli esordi, il suo ruolo è quello del centravanti. Non a caso, il giocatore che ammira di più è Andriy Shevchenko, che negli anni in cui Daniele comincia a muovere i primi passi nel mondo del calcio, è forse l’attaccante più forte d’Europa. Il Milan, d’altra parte, è la sua squadra del cuore. O meglio, la squadra di serie A per cui fa il tifo. Chi conosce un po’ le dinamiche sociali della passione calcistica, sa che in alcune à in cui la squadra locale non milita nella massima serie, ogni tifoso affianca a quella squadra anche un club di serie A, nella maggior parte dei casi una fra , Inter e Milan. Sulle orme del papà Marco, tifoso rossonero, anche Daniele si appassiona alle sorti dell’undici di Sheva e Leonardo.

Quanto al calcio giocato, le cose sembrano procedere bene. La trafila del settore giovanile incontra un momento decisivo nell’anno degli Allievi Nazionali, quando sulla panchina c’è Antonio Di Battista. I suoi insegnamenti si rivelano fondamentali per Daniele, che proprio in quella stagione compie l’effettivo salto di qualità e arriva a porsi all’attenzione di più di un osservatore. Prima punta nel 4-4-2 del tecnico azzurro, il giovane attaccante lascia il segno in tutte le sfide che il gioca contro le grandi squadre. Tutte tranne una. Alla Roma, Daniele non riesce mai a fare gol, in nessuna categoria. E dopo un po’, comincia a pensare che la cosa non sia del tutto casuale.

A confermarlo arriva l’interessamento della società giallorossa, che nell’estate 2008 lo porta a Trigoria per aggregarlo alla Primavera di Alberto . Sulle prime, l’ambientamento non è facilissimo. Daniele viene sistemato nel pensionato del "Bernardini", dove gli orari rigidi e i diciotto anni non ancora compiuti non gli consentono di vivere molto la à. Inoltre, diversamente dai suoi compagni di squadra, Daniele declina la proposta di continuare gli studi all’Istituto Poliziano e si iscrive al Liceo Scientifico Statale "Primo Levi", in zona Vigna Murata. Studiare gli è sempre piaciuto e nonostante il calcio gli porti via gran parte del suo tempo, non ha la minima intenzione di smettere. Dopo gli esami di maturità, che lo attendono tra poche settimane, si iscriverà all’Università, facoltà di Ingegneria.

Il suo primo anno nella Roma si rivela più complicato del previsto. Alle difficoltà di ambientamento si aggiungono quelle legate al campo. La Primavera gioca in prevalenza con un pensato per valorizzare il gioco sulle ali, dove imperversa il talentuoso Marco D’Alessandro. Nel ruolo di unico terminale offensivo, Daniele non si sente a suo agio, fa fatica e se ne accorge. Lui soffre, si scoraggia un po’, ma non si dà per vinto. A consolarlo, oltre agli amici di dove corre ogni volta che può, c’è la musica.


Singolare caso di calciatore pianista, Daniele ha studiato pianoforte finché non si è trasferito a Roma, ma suonare rimane sempre la sua più grande passione dopo il calcio. Il suo repertorio spazia dai brani classici alle canzoni. Anche il rapporto con Roma non decolla, almeno fino a quando non compie diciott’anni e può disporre di una maggiore libertà di movimento.

La stagione 2009/10 è quella del riscatto. Il tecnico decide di scommettere su di lui varando una metamorfosi tattica che lo vede passare da centravanti ad attaccante esterno.

Il risultato è sorprendente. In campo già nella gara d’esordio del campionato a , Daniele segna il suo primo gol una settimana più tardi contro il Lecce, anche se la rete più pesante è quella che firma il 30 gennaio scorso a Trigoria. L’avversario è il Palermo, il suo è il centro che decide la partita e permette alla Roma di allungare in classifica. Sciarra è anche il giocatore che quest’anno ha segnato più gol alla Lazio, ben tre (due al Wojtyla e una nel derby di ritorno in campionato). Con l’aumento della fiducia in se stesso, arriva un po’ di serenità in più, anche se una stagione positiva dal punto di vista personale, si chiude con la sfortunata doppia sfida contro il Chievo negli ottavi di finale.


Dopo gli esami, Daniele saluterà Roma per iniziare una nuova avventura. L’auspicio è che possa suonare bene, in campo e fuori.