«Il calcio a Balotelli doveva darlo meglio»

20/05/2010 12:30

Il calcio a Balotelli è stato troppo drammatizzato. Francesco ha preso tanti di quei calci che se una volta ne dà uno lui... insomma non stiamo a fa troppe storie... Lì s’è messa in mezzo la mentalità demagogica. Siccome quello è di colore quel calcio prende un altro segno, come fosse un segno di razzismo, ma che vuol dire? Quel ragazzo là si sa com’è: un temperantoso, un provocatore, al di là del colore, perché sennò diventa razzismo al contrario. Non posso dire che ha fatto bene perché secondo me se vede troppo, doveva darglielo un po’ meglio.

a parte la passione romanista di Cerami sa avere anche un altro nome e cognome.



Ho un amore sviscerato per Mirko Vucinic. Lui mi piace tanto quando sta a porta vuota e tira fuori, in quel momento lo abbraccerei. Lì è il vero genio, perché il genio se gli dai una cosa difficile si diverte, se gli dai una cosa facile si deconcentra, non si diverte più e la butta via. "che roba è così è troppo facile," si dice. E’ un grande talento con quel pizzico follia, figlio di una scuola slava che è strepitosa, raffinata e piccante. Al peperoncino.



Cerami ha un altro debole?


. Ho preso con lui il premio Roma al Campidoglio, mi piace tanto. Ho un amico che mi dice cose spettacolare di lui. Lui è un artista. Lui muta linguaggio, quando gioca dietro è razionale, quando va davanti libera l’estro. Dietro è geometrico, davanti sa anche impazzire. E’ la sua qualità, quella che lo fa diverso da tutti gli altri mediani. E’ come se entrasse da un’enciclopedia a un’altra enciclopedia.




Tra i protagonisti c’è un monumento.



Quello che dovremmo fare al brasiliano, a Juan. Lo adoro perché è in disparte, si vede poco, ma c’è tanto; è essenziale, prende tutte le palle di testa, blocca tutti, è di un’intelligenza spaventosa, una grazia, questi sono i veri pezzi forti della squadra. Da lui parte una linea verticale strepitosa.



Che passa per...

Per Pizarro. Il piccoletto è una biscia e devi cercare di schiacciarla con l’erba. Quando ti scappa via, non lo vedi più.

 

E poi.



Poi Riise e Menez. Il norvegese pensavo fosse adatto per il calcio estero, per squadre più tetragone non per quelle frizzanti come la Roma. E invece quest’anno è cresciuto continuamente, è diventato proprio romanista. Il francesino salta i difensori come se bevesse un bicchiere d’acqua. Un genietto.



Oltre i singoli, il gruppo. La Roma è una squadra poetica?



Eroica. C’è un non so che di eroico in questo andare contro il potere. C’è un minimosenso di appartenenza che in questo periodo di crisi dell’identità ti può aiutare, ti fa sorridere, ti fa dimenticare problemi La nostra storia è poetica, eroica, fatta di grandi campioni, dello stadio Testaccio, dei palloni di cuoio che se li colpivi

con la testa ti prendevi quasi la meningite.  Una volta parlai con Capello, quando ci allenava, mi ha ricordato delle cose da ragazzino che non ricordavo, quando dopo i colpi di testa rimanevi stordito un quarto d’ora. Erano i tempi in cui Pasolini giocava sempre a pallone. Che testa.