La vittoria dei tedeschi sarebbe uno spicchio di sole

22/05/2010 14:34

stava organizzando a casa sua un anticipo di Oktoberfest: wurstel, senape, crauti, patate arrostite, naturalmente birre bavaresi chiare e scure, strudel e forza Bayern alé alé. Pare che in à lo facciano in molti.

Beh, sarò presente in spirito. La partita, a questo punto, non la vedrò, perché le gufate solitarie a me non danno soddisfazione. Optare per l’astensionismo, per uno come il sottoscritto, è difficilissimo in politica, figurarsi in un’occasione come questa. Ma la decisione è presa e, anche grazie all’insperato soccorso di una vecchia amica che con il calcio proprio non ci azzecca, e ci ha invitato a cena, la rispetterò. Per favore, niente telefonate, niente sms in corso d’opera. Voglio sapere il risultato a casa, a cose fatte. E poi, se va come deve andare, uscire sull’aia e abbaiare da solo alla luna.

Lo so che, secondo i sepolcri imbiancati, non sta bene tifare contro. Ma, appunto, sono sepolcri imbiancati. L’etica vieta drasticamente solo di tifare contro la propria squadra, i propri giocatori, i propri colori: non a caso questa è roba da laziali. Ma tifare contro l’avversario (che poi nel calcio, non prendiamoci in giro, è il nemico, perché il calcio è un gioco di guerra) non è soltanto un diritto. E’ un dovere. Ricordo la gioia irrefrenabile che ci pervase quando ( dallo juventino Pierluigi Battista sul Corriere di ieri) «la si schiantò nella finale di Atene con l’Amburgo», e Magath d’incanto divenne un mito. Ma ricordo benissimo pure l’entusiasmo con cui mezza Italia salutò il nostro dolore inaudito dopo la sconfitta con il Liverpool, le mille scritte murali che in tanti paesi del Nord, anticipando la Lega, auguravano alla capitale, alla sua squadra e a noi una serie infinita di altre consimili sciagure. Ci stava tutta, e ci sta ancora, quella sanissima gioia. E purtroppo ci stava tutto, e ci sta ancora, pure quell’entusiasmo ottuso e feroce. O di qua o di là, bellezza. 

Direte: non filosofeggiare, amico, dicci dell’Inter, non sarà, il tuo, un atteggiamento da rosicone? Posso rispondervi solo quello già sapete. Il romanista non rosica, nel caso soffre. E noi da una settimana

soffriamo con nonchalance, tanto chi tifa Roma non perde mai. Se all’Inter, calcisticamente parlando, vogliamo del male, non è perché ci ha sottratto lo scudetto, ma perché è l’incarnazione dell’arroganza,

della supponenza e (Moratti docet) pure dell’ipocrisia.
Un po’ come la di una volta, molto più del Milan stellare degli olandesi. Perdesse, non sarebbe solo una vittoria del Bayern e, di riflesso, nostra. Sarebbe

finalmente una vittoria della giustizia, una promessa di tempi migliori, uno spicchietto di sol dell’avvenire. Dio sa quanto ce n’è bisogno.