L'anno di provocazioni dell'InterLazionale

19/05/2010 12:19

Mourinho è un offensivista. E lo è più davanti alle telecamere che sul campo. Quando può, il portoghese non perde occasione per affacciarsi a Trigoria. Anzi, di casa Ranieri è praticamente un habituée. Nonostante gli sforzi del tecnico romanista per mantenere un aplomb che fa molto Londra, Mourinho è un panzer. Le stilettate? Si sprecano. Una volta - è il settembre 2008, Ranieri non è ancora nel pancione della famiglia Sensi perché Spalletti è un fortino di certezze - Mourinho lo perculeggia alla sua maniera. «Parla Ranieri - dice Mister Eleganza - che dopo cinque anni in Inghilterra ha avuto difficoltà a dire “good morning” e "good afternoon”». Una provocazione. Un insulto.

Ranieri incassa, non replica, ma mette in conto. Perché poi - statene certi - questo distinto gentiluomo nato e cresciuto a due passi da Testaccio passa sempre alla cassa. Esempio. Un paio d’anni fa Mou gli dà del «vecchio». Qualche giorno fa, Ranieri sguaina lo spadone: «Mourinho è giovane. Si farà». Il duello verbale vede Don Mourinho partire sempre lancia in resta. Il bersaglio principale è Ranieri. Se attaccarlo significa crocifiggere la Roma, per il portoghese è quasi un orgasmo. Se poi, addirittura, c’è la possibilità di affondare il colpo e trafiggere direttamente la Roma, l’orgasmo è multiplo. «Puoi essere presidentessa, dottoressa, nata in una culla d’oro. Ma devi rispettarci». È così, con la sua consueta classe oratoria, che il tecnico ha apostrofato Rosella Sensi il giorno prima della finale di Coppa Italia. Dice di essere solo, Mourinho. Dice di non essere amato dal calcio italiano. Che non sia amato è vero.

Ma solo perché è lui a non amare. La notte del 20 febbraio si gioca Inter-Samp. Tagliavento butta fuori Samuel e Cordoba e il portoghese reagisce mimando un ammanettamento. Il mondo degli arbitri si ribella, Mourinho si becca 40mila euro di multa e tre turni di stop. Tempo dopo, il "vate" di Setubal scaricherà le sue responsabilità tirando in ballo . E cioè la Roma. «A me hanno dato tre mesi di per il gesto delle manette e chi ha fatto il gesto dei pollici in giù ha preso 5.000 euro di ammenda». Che c’entra ? Boh. Anche perché i pollici di Francesco sono una goliardata. Le manette del portoghese, invece, di goliardico non hanno proprio nulla. È la tattica di Mourinho: attacca per difendere. Provocando. La Milano nerazzurra può vantarsi di annoverare più di un discepolo della dottrina mouriniana. Tra i maestri nell’arte della provocazione c’è Balotelli. La notte della finale di Coppa, lo abbatte con un calcione. Secco. Potente. Rabbioso. Il ragazzone crolla. Francesco viene punito dal giudice sportivo e censurato da tutti. Vaticano compreso. «Negro di merda, sì m’ha detto proprio così», dichiara Balotelli il giorno seguente. Apriti cielo. La stampa catechizza i calciofili regalando a Francesco la tessera numero uno di cattivo maestro e è costretto a giustificarsi: «Mai sono stato razzista, mai sarò razzista, mai ho pronunciato frasi o insulti di stampo razzista». spiega invece di avergli fatto pagare una sorta di cumulo di provocazioni: nell’ultima Supercoppa tra Roma e Inter, parliamo del 2008, Balotelli aveva ripetutamente insultato i romani e i romanisti. Offese pesanti che Francesco non dimentica. Come Ranieri, alla prima occasione utile reagisce con quello che Napolitano - il Capo dello Stato - condanna come «un gesto inconsulto». Non solo Balotelli.

Provocatore nato è l’InterLazionale Materazzi. Ne sa qualcosa Zidane. Ma ne sa qualcosa, ora, anche la Roma. Mentre si complimenta per il meritato tricolore, il simpatico guascone nerazzurro ha l’originale idea di indossare una maglietta dove c’è scritto, in romano, nun è successo. In perfetto stile InterLazionale. Si sentono soli, gli interisti. Strano. A giudicare da alcune reazioni delle istituzioni, del calcio come della politica, mica si direbbe. Napolitano - sottolineiamo ancora: il Capo dello Stato - bacchetta il nostro , però tace sullo striscione esposto dall’Inter nel tour celebrativo dello scudetto: ", anziché il pollice in bocca mette il medio in c...". Magari, a suggerire lo slogan sarà stato l’ex romanista Chivu, che dopo aver vinto la Coppa Italia mostra il medio ai tifosi della Roma. Nessuna condanna anche in questo caso. Strano per una società che è «sola». Oddio, non sempre il Palazzo resta in silenzio di fronte a fatti o parole che coinvolgono la tanto bistrattata Inter. Nel caso dello striscione anti-, per esempio, il presidente federale Giancarlo Abete non può esimersi dall’intervenire: «Lo striscione? Non può rovinare una bella giornata positiva. Di festa». Come no. Una giornata davvero positiva. L’ennesima giornata positiva di un campionato avvelenato

Calma. Per Figc e Lega Calcio il vero banco di prova saranno le intercettazioni di Facchetti. Le trascrizioni delle telefonate tra l’ex presidente interista e l’allora designatore Paolo Bergamo dimostrano come l’Inter non fosse estranea all’amorale pressing sugli arbitri. A via Allegri si vocifera di una possibile revoca del famoso scudetto di cartone. Vedremo. Certo che è davvero curioso che gli interisti si sentano soli. La partita tra Inter 1 e Inter 2, che sulla carta era Lazio-Inter, ha messo alla berlina il calcio italiano. Lo ha ridicolizzato. Il dato interessante, però, è che nell’elenco delle squadre amiche non figura solo la Lazio. Avete presente Inter-Samp? Ricordate? La squadra di Delneri si ritrova con due uomini in più per quasi quaranta minuti, scatenando l’ira di Mourinho. Eppure, la Samp rinuncia a giocare. Potrebbe tornare a Genova con i tre punti. Invece nulla. Nada de nada. L’Inter è ferita ma la Samp non ne approfitta. Con il Chievo si rasenta addirittura il comico. I veneti passano in vantaggio a San Siro per caso, su autogol di Thiago Motta. Nessuno che festeggi. Anzi, i giocatori del Chievo restano quasi sorpresi. Se non delusi. Per "fortuna", due minuti dopo un’autorete di Mantovani rimette tutto a posto. L’Inter fa poi il 2-1, il 3-1 e il 4-1. Quando a Milano si distraggono per colpa della Roma, scossa dal gol del cagliaritano Lazzari, il Chievo si affaccia timidamente dalle parti di Julio Cesar e trova, così, due gol di troppo. Sul 4-3, il torello gialloblù è esilarante. La palla non varca più il centrocampo. Hai visto mai...

L’InterLazionale è sola, dicono. Bisognerebbe chiedere, allora, alle curve di , Catania, Atalanta, , Cagliari e Livorno per chi hanno tifato tra Roma e Inter nel rushfinale. E poi bisognerebbe domandarlo anche alla Curva Robur del Siena, che lo scorso 13 settembre cantava una roba ignobile contro il suocero di e che domenica tifava spudoratamente Inter. L’InterLazionale è sola, dicono. Bisognerebbe spiegarlo alla gente del Chievo. Quattro gatti che al gol di Milito hanno esultato con un boato che a Milano se lo sognano. Non chiamateli clivensi.
Chiamateli diversamente interisti.