Lettera aperta a Maroni

13/05/2010 09:55

Tanto più se si unisce ai tanti altri fatti di violenze ingiustificabili compiuti da alcuni esponenti delle forze dell’ordine nei confronti di immigrati, tossicodipendenti, fino a giungere, appunto, al caso di Stefano Gugliotta, il cui pestaggio sistematico e immotivato è stato documentato dalle telecamere amatoriali. Il ragazzo ha subito la perdita di un dente, una ferita alla testa, e contusioni alla schiena. E’ stato intercettato da alcuni poliziotti abbastanza lontano dallo stadio mentre saliva sul suo motorino per andare a una festa, accompagnato da un amico che aveva subito un infortunio e camminava con le stampelle. Probabilmente è stato scambiato con un personaggio ricercato dalle forze dell’ordine perché protagonista degli scontri al termine della partita, dal momento che indossava un giubbino rosso come il suo. Il Pm ha aperto un fascicolo per "lesioni volontarie". Il dato kafkiano, per chiunque abbia visto le immagini, è che il ragazzo sia stato arrestato per "resistenza, violenza e oltraggio a pubblico ufficiale". Il ragazzo è stato scarcerato oggi su ordine del Gip, ma resta l’accusa nei suoi confronti, anche se solo per resistenza. La sua scarcerazione è una buona notizia, ma non basta a sanare il vulnus. Lei, Egregio Signor Ministro, ha promesso accertamento delle responsabilità ma ha nel contempo rifiutato "processi sommari e attacchi indiscriminati". Come vede, io ho parlato di "alcuni poliziotti", proprio perché non intendo affatto generalizzare visto che in trent’anni di professione, indagando sul malaffare, sulla mafia, sui rapporti tra mafia e politica, ho sempre avuto poliziotti e carabinieri come amici e alleati e ne ho visti tanti cadere sul fronte del dovere. 

E’ proprio questo il punto: siccome ritengo che le nostre forze dell’ordine siano fondamentalmente sane ho il sospetto che ci sia qualcuno che soffi sul fuoco, istigando alla violenza e istruendo "processi sommari e attacchi indiscriminati" contro gli ultras per alimentare un clima generale di tensione e violenza, tali da giustificare una gestione autoritaria dell’ordine pubblico. Capisco che il termine ultras evochi scenari tremendi, ma in sé e per sé, in un paese democratico quale noi dovremmo ancora essere, non significa nulla. E non parlo qui delle decine di migliaia di persone "normali" che vanno allo stadio con la famiglia e la pizza con la mortadella. No, e voglio essere provocatorio, parlo di quelli brutti sporchi e cattivi. Quelli che vivono solo per il tifo, che passano tutta la vita attorno ad esso. Può non piacere, ma queste persone non possono essere accomunate a dei criminali, finché non commettono dei reati. I violenti, per altro, sono già schedati e colpiti da provvedimenti che li tengono fuori dagli stadi. Che strano paese siamo! Si evoca lo stato di polizia per impedire ai magistrati di perseguire i potenti e lo si attua contro una nuova "vil razza dannata", criminalizzando tutto il popolo degli stadi. Davvero lei pensa che questo serva a isolare e colpire i teppisti? Davvero pensa che si contrastino coloro che organizzano la violenza, picchiando a caso tra coloro che ca- pitano sotto mano nelle vicinanze di uno stadio?

Davvero pensa che creando un clima da anni di piombo si isolino i violenti o non gli si crea intorno un potenziale consenso? Come ha saggiamente detto il segretario dei radicali Mario Staderini "essere percepiti in maniera negativa fa modificare anche il proprio stato d’animo. E’ stato con- sentito che la moneta cattiva cacciasse quella buona". Le faccio solo un esempio: che senso ha vietare civili manifestazione di protesta nate spontaneamente sulla rete come quella di due settimane fa in Via Allegri? Anche in quell’occasione, lo svolgimento pacifico della manifestazione, malgrado non fosse stata autorizzata, ha dimostrato che il pericolo non è quando la protesta si esprime in forma pacifica, ma quando ad essa si risponde sempre e soltanto con la repressione, senza distinzioni tra chi viola le leggi e chi si limita a manifestare il proprio dissenso. E’ sicuro che sia questa la strada per riportare nel calcio quella partecipazione popolare oggi resa così difficile da stadi inadeguati, orari dettati solo dalle esigenze dei diritti tv, un clima da guerra civile anche quando si tratta solo di isolare gruppi ben individuati di violenti? E’ sicuro che oltre alle necessarie misure repressive contro i violenti che - mi tocca ripeterlo ancora una volta per evitare equivoci - sono invocate anzitutto dalle persone normali che vorrebbero vivere lo stadio come una festa, non siano necessarie politiche "gentili" verso quel popolo degli stati composto in grandissima maggioranza dalle suddette persone normali? Che non servano politiche sociali e forme di ascolto verso quel disagio, soprattutto giovanile, che ha negli stadi l’unica forma di aggregazione?
Egregio Signor Ministro, mi scuso se le ho rubato così tanto tempo, ma il tema è delicato e richiedeva da parte mia argomentazioni chiare. Per la stima che ho di lei e che ribadisco, spero che voglia rispondere a questi miei interrogativi.