05/05/2010 12:19
Poi ha parlato Marcello Lippi, c.t. porporato, asceso al soglio mondiale quattro anni fa. Ieratico, come gli impone lalto ruolo. Insindacabile, come un papa daltri tempi: «Non do spiegazioni alle convocazioni». Ha confermato gratitudine al vecchio conclave che lha eletto campione del mondo: Cannavaro, Zambrotta, Gattuso... «Non è giusto dimenticare quanto fatto in quei giorni». Ha difeso la sua chiesa: «Lazio-Inter non rappresenta il calcio italiano. Noi siamo unaltra cosa e labbiamo dimostrato nel 2006». Non ha svelato il mistero di Totti: «Vedrete l11 giugno». Il giorno del giudizio.
Infine si è scatenato Josè Mourinho, con la furia di un Giovanni Battista. Ha fustigato il calcio italiano, si è scagliato su Rosella Sensi, «nata in una culla doro»: «Alla signora, alla dottoressa, dico di rispettare la mia squadra! Vergognoso è rubare». Ha inquietato perfino i propri apostoli. Non ha potuto assicurare: «Resto». Come a Emmaus. Ha predicato vago: «Nel calcio non si può mai dire niente». Insensibile alle tensioni di questi giorni, il messia di Setubal, con il coraggio dei primi cristiani, ha sfidato i romani che stanotte lo aspettano nellarena: «Se vorranno tenerci svegli di notte, siamo abituati: è già successo a Barcellona. Se qualcuno della Roma dovesse simulare, nessun problema: siamo abituati». Punta a una trinità: «Tre titoli sarebbero storici». Ma se anche stasera dovesse finire in croce, è certo che tra tre giorni, in qualche modo, ne verrà fuori.