Baptista: "Roma, colpa di Ranieri"

19/06/2010 12:48

Nel ritiro del Brasile è vieta­to parlare di mer­, di trattative. Ordine di Dunga: sono cose che di­sturbano. In real­tà, sui giocatori sembrano passa­re come acqua sul vetro. Julio Baptista sorride, scherza con l'altro Julio, Cesar, quello interista. Ma l'impres­sione è che il feeling con Roma e la Roma ormai si sia esaurito, inevitabilmente esaurito.

L’ATTACCO - Non a caso, quan­do si tratta di analizzare la sua vicenda giallorossa, non si tira indietro e sembra, in qualche misura, prefigurare un addio. Gli segnalano un paradosso: lui è qui, al Mondiale, ma nella Ro­ma non ha giocato, ha fatto mol­ta panchina, è stato tanto a guardare, ha partecipato in mi­sura limitata alla ricorsa all'In­ter. La sua spiegazione è sem­plice ma indirettamente pole­mica con Claudio Ranieri. Af­ferma: «Il primo anno sono an­dato bene, ho giocato molto e segnato tanto. Poi è arrivato un nuovo allenatore, con una filo­sofia diversa di gioco e che non mi ritiene adatto per quella fi­losofia, per quel sistema. E' una cosa abbastanza diffusa, in Eu­ropa. Ma queste scelte non han­no tolto valore al mio lavoro. Tanto è vero che ora, al di là di quello che è avvenuto nel corso della stagione appena finita, sono qui al Mondiale, sono qui, con la mia Nazionale, alla ri­cerca di una oc­casione» .

IN PARTENZA - Il suo futuro è tutto da scrivere. La Roma lo ritiene utile ma non in­dispensabile, da­vanti alla possi­bilità di chiudere un buon affare, probabilmente non si tirerebbe indietro. Il suo nome, d'altro canto, è sempre nella lista di quei giocatori at­traverso i quali fare cassa, pro­durre introiti da reinvestire sul mercato, risorsa per autofinan­ziamento. Lui stesso, probabil­mente, è stanco della situazio­ne. Pensava che il lungo purga­torio dell'inattività vissuto a Madrid con il Real, a Roma sa­rebbe terminato. Al contrario, si è ritrovato ancora una volta ai margini: pochi minuti, anche poche prestazioni entusiasman­ti, soprattutto nell'ultima sta­giona giallorossa che è stata, al contrario, per molti suoi com­pagni decisamente straordina­ria. Cambiare aria, in casi co­me questi, può essere positivo.

CHANCE MONDIALE - Lui, co­munque, non fa proclami, non alza la voce: quel che ha da di­re lo dice in maniera misurata. La sua filosofia sportiva è sem­plice. La illustra a proposito del suo rapporto con la Seleçao: « Io sono qui per dare una mano al­la squadra. Certo, ho tanta vo­glia di giocare, tutti i giocatori ce l'hanno. Poi decide il tecni­co, decide Dunga ». Il Mondiale, d'altro canto, è appena comin­ciato: le occasioni non manche­ranno, così come non sono mancate nella Roma. Bisogna, però, saperle sfruttare. Affer­ma: «Io sono preparato. Sto la­vorando per sfruttare l'opportu­nità nel momento in cui mi ver­rà data». Potrebbe anche arri­vare presto, chissà nella prossi­ma partita contro la Costa D'Avorio: «Una squadra molto forte fisicamente, un gruppo coeso, ha giocatori di grande qualità. Contro di loro non dob­biamo giocare al meglio delle nostre possibilità» . Un meglio decisamente più alto di quello messo in mostra contro la Co­rea del Nord. E' convinto che il calcio sudamericano da questo torneo uscirà trionfatore: «Il fo­otball sudamericano è cresciu­to molto e non mi sorprenderei se alle fasi finali approdassero due, tre squadre del nostro con­tinente» .