16/06/2010 10:58
Meglio viversela fino in fondo, costi quel che costi, che vivacchiare nella stabile mediocrità, quella che ti procura facili sorrisi e consensi senza anima. Laltra sera, a Città del Capo, DDR è stato più onesto che sincero: «Sul gol del Paraguay ho sbagliato io, mi capita troppo spesso di perdere lavversario, non è detto che un buon colpitore di testa sia anche un buon difensore», il suo virgolettato.
Fosse stato un uomo diverso, si sarebbe lasciato andare alla solita cantilena, allequa divisione di responsabilità, al volemose bene per non farsi del male. Invece ha voluto dare lesempio, ha indicato la via, ha dato un segnale forte alla squadra, come se fosse il vero capitano azzurro.
Non è più il ragazzino di Berlino, quello che mollava gomitate e che faceva fatica tenere a bada i nervi: adesso è uno dei leader azzurri, un punto di riferimento dello/nello spogliatoio, «un giocatore importante», per dirla alla Lippi. Una garanzia, non più un punto interrogativo. Nove gol in azzurro, come Francesco Totti, con quello del Green Point di Città del Capo. E letichetta di miglior cannoniere romanista in azzurro, in tandem con il suo capitano.
Il che, per un mediano, non è poi così male. Il primo gol addirittura la sera del suo esordio, a Palermo, il 4 settembre del 2004, contro la Norvegia. Lultimo, prima di quello di Città del Capo, sempre qui in Sud Africa nella scorsa estate, il 15 giugno, a Pretoria contro gli Usa nella Confederations Cup. Si era detto, viaggiando verso il mondiale, che DDR si portava in valigia una stagione deludente, fatta di troppi alti e pochi bassi.
Eppure in campionato, il sogno proibito di Josè Mourinho, loggetto del desiderio di mezza Europa, aveva segnato come mai era riuscito a fare, 7 reti, nonostante la frattura allo zigomo, i problemi ai reni, quel bozzo sulla tibia e limpossibilità di prendere antinfiammatori. Lui non ha mai fatto la vittima, ha continuato a pedalare incurante del vento contrario e, con quel gol para guai al Paraguay, ha zittito chi non vedeva lora di mollargli unaltra serie di schiaffoni mediatici. Tranquilli, sarà per unaltra volta, tanto lui non cambia.