Julio Sergio nel cuore di Roma

24/09/2010 11:33

 Un pianto che poteva diventare di gioia se il collega dalla parte opposta non avesse messo le mani sul colpo di testa di Adriano a tempo ben più che scaduto: da Dorando Petri in poi gli eroi dello sport non possono avere troppa fortuna, e la scelta di Julio Sergio di stringere i denti, a costo di contorcersi dal dolore, per evitare che la Roma dovesse mandare un giocatore di movimento in porta, e chiudere in nove, non ha portato fortuna né punti. Gloria e onori sì, ma quelli se li era già guadagnati in più occasioni, con tutto che da quando la Lazio è finita nelle mani di Lotito prendersi

gli allori contro gente che per emozionarsi ha bisogno di vedere un uccello ammaestrato che vola sta diventando un po’ troppo facile.



Fino a mercoledì sera il che starà fuori per più di un mese (tanto, ma comunque molto ma molto 

meno del previsto e del temuto) era considerato un eroe per aver parato un rigore sotto la Curva Nord a Sergio Floccari che recentemente ha confessato di sognarla ancora quella mano, e se non cambierà squadra

al più presto rischia di non avere ricordi piacevoli a sufficienza per cancellare quel fotogramma.

Julio Sergio invece il suo fotogramma lo ha aggiornato: contro la Sampdoria Mexes piangeva in panchina, di lacrime di dolore se ne ricordano, ma versate sulla barella di turno, che peraltro mercoledì a Brescia neanche c’era, non sul campo. Chi piange esce, cambi o non cambi, a costo di mettere Tommasi o Gautieri in porta: le eccezioni in bianco e nero, solo l’ultima in bianco e celeste, ma si fecero riconoscere anche allora, campionato ’96-97, Lazio-Cagliari, Marchegiani espulso, il secondo entra, si rompe il , rimane in porta e mette le mani sulla vittoria. Aveva talento e sangue romanista l’eroe biancoceleste di allora, un padre con otto anni e 165 presenze sulla sponda giusta, rischiò di rovinarsi la carriera per quella squadra, e l’anno successivo si ritrovò al Castel di Sangro, con una scelta in cui è difficile capire se sia stata superiore l’ingratitudine o l’incompetenza, visto che quel giovanotto, preso come Bertagnoli per fare il terzo , tre anni dopo era il titolare del Chelsea. 

Al contrario di Carlo Cudicini, Julio Sergio Bertagnoli a Trigoria ci rimarrà ancora a lungo: ci è tornato sdraiato, sul sedile posteriore dell’auto del dottor Pengue, ha fatto le visite al Gemelli, ora lo attende qualche settimana di riposo (poco più di un mese) poi si riparte. Perché solo chi piange per la maglia (non era solo dolore, ma anche incazzatura) è degno di indossarla, e Julio Sergio mercoledì ha passato l’ultimo esame.