06/09/2010 11:54
Occhio ai numeri: la Roma di Ranieri tra campionato e coppe ha giocato finora 51 partite, vincendone 31 e pareggiandone 10. In campionato 37 partite con 24 vittorie, quasi un record. Un rendimento che ha consentito ai giallorossi, nonostante lhandicap iniziale, di contendere fino allultimo secondo dellultima giornata di campionato lo scudetto allInter. Ranieri ha dato una nuova identità alla Roma; le ha (ri)dato unanima e anche una mentalità diversa, partendo da presupposti tattici non inediti ma poco sfruttati in precedenza. Ha battuto forte su tasti come lorgoglio, il senso di appartenenza, il rispetto dei tifosi e della maglia. Questo, sia ben chiaro, con un determinante contributo sul piano tecnico. «Vincere contro la Lazio è la mia gioia più grande», confessò la sera del 6 dicembre dopo il gol di Cassetti, una volta terminata la corsa sotto la Sud in festa. Un allenatore tifoso e/o un tifoso allenatore che ha sfiorato il miracolo dello scudetto a colpi di successi che fanno già parte della Storia della Roma, come quello in casa della Juventus il 23 gennaio scorso, «ma da parte mia non cè nessuna rivincita, solo gioia per altri tre punti in classifica». Ha rimontato lInter partendo da dietrissimo, ha inanellato 24 partite utili di fila, ha strapazzato i campioni dItalia allOlimpico la notte del 27 marzo, «una partita capolavoro, anche a livello di testa» e, alla fine, si è dovuto arrendere anche per responsabilità non sue. Ma questo non gli ha impedito di meritare unanimi consensi e anche il premio Nereo Rocco, che gli verrà assegnato oggi a Coverciano. Un anno dopo quella vigilia di Siena, Ranieri ha un parco-giocatori migliore e maggiori responsabilità nei confronti della società e dei tifosi. La cosa, dice, non lo spaventa affatto, anzi lo esalta. La proprietà lha accontentato quasi al cento per cento durante il mercato, tocca a lui adesso trasformare le (tante) buone premesse in realtà. Cè da credere, conoscendolo, che non modificherà il suo sistema di lavoro: punterà ancora su valori certi, come il lavoro e la disciplina, mischiandoli a altri puramente calcistici. Del resto, cambiare strada, visto dove ha portato quella intrapresa nel settembre dello scorso anno, sarebbe un rischio eccessivo. E, forse, anche un errore.
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