Ranieri: "Con Borriello Roma al top"

02/09/2010 11:00

Foto di gruppo, tutti sorridenti, come sempre, come al solito. Le antipatie, che ci sono, vengono occultate. Anche quelle nei confronti di Mourinho, presente in corpo e in spirito: grande affabulatore, come da copione, anche se non particolarmente amato dai colleghi. E’ l’inizio di una nuova avventura, per tutti. Soprattutto per Ranieri: in (per la quarta volta) con la squadra della sua à (« Una emozione particolarissima »). I giochi ora sono fatti, il mercato è finito. I tecnici si guardano attorno cercando di capire da chi dovranno poi guardarsi in campo. Ranieri che ha girato l’Europa qualche interessante idea in materia ce l’ha. 

Ranieri, la vedo decisamente euforico. Il merito è di Borriello?

«Non me l’aspettavo. E’ stato un grande re galo della dottoressa Sensi. L’ha voluto con determinazione. Ho immaginato, per un atti mo, il padre quando partiva lancia in resta per andare a prendere Batistuta».

Cambia la vita...

«Noi gli attaccanti li abbiamo ma ci manca un rapinatore d’area. Dalle ultime partite è emerso chiaramente: tante palle in mezzo ma pochi gol. Ecco, un attaccante con le caratte ristiche di Borriello ci mancava. Abbiamo tanti impegni, potrò alternarli».

Nell’alternanza è compreso anche Adria no? Lo scetticismo, in questi mesi, non è che si sia molto diradato.

«Adriano è un bravo ragazzo, si sta allenando con grande impegno, sta seguendo la dieta, perderà il peso in eccesso. Ha solo bisogno di tempo».

Come cambia il vostro gioco con l’ex milanista?

«Lei mi conosce bene e sa che non sono un appassionato di numeretti. Non esiste un modulo vincente in assoluto perciò mi piace al ternarli anche all’interno della stessa partita. Lo facevo già a Cagliari, ventitré anni fa, in serie C. Non ho mai cambiato idea».

Ma una qualche conseguenza l’acquisto di Borriello produrrà?

«Ci dà sicuramente delle alternative: possiamo giocare con il 4-4-2. Ma anche con il o con il 4-4-1-1. Ripeto, però, non vince il sistema, vincono i giocatori. Se poi in corsa mi accorgo che non siamo bene, allora cambio. Ho giocatori capaci di farlo».

Le aspettative sono cresciute. Come immagina questa stagione?

«Guardi, una cosa è certa: la Roma ha un anno di conoscenza in più del suo allenatore. I giocatori sanno cosa voglio».

Cosa vuole?

«Che si lotti sempre, sino alla fine. Quello che abbiamo fatto lo scorso anno, dobbiamo farlo anche quest’anno. Dobbiamo essere or gogliosi di questa squadra, dei colori che in dossiamo. Ci sono tanti modi di vincere e di perdere, ma c’è un solo modo di affrontare la sfida sportiva: lottare sino all’ultimo. Poi è evidente che lo scorso anno abbiamo fatto qualcosa difficilmente ripetibile, ventiquat tro risultati utili consecutivi, una roba che la Roma non realizzava dai tempi di Capello. So no un uomo di calcio, so quanto sia difficile. Ma le difficoltà ci devono stimolare, ci devo no rendere più determinati. Dobbiamo ragio nare come la gente ragionava lo scorso anno: non succede ma se succede...»

E se succede, perché succede?

«Perché abbiamo un gruppo fantastico, perché siamo uniti, determinati, coerenti. E’ il nostro tratto distintivo, lo stile-Roma. Non nascondiamo nulla e non ci nascondiamo. Se ho da dire una cosa a Menez lo dico chiaro; se Vucinic sbaglia non ha paura ad ammetterlo pubblicamente. Siamo forti perché ci stiamo con la fede, perché ci crediamo».

Da un punto di vista strettamente tecnico, qual è la sua missione?

«La mia missione è ampliare la rosa. Lo scorso anno avevamo dodici, tredici titolari; dobbiamo arrivare a quindici, sedici, diciotto. A quel punto la squadra sarà interscambiabile. E’ un obbligo che deriva dai tanti impegni. Ho a disposizione giocatori intelligen ti che capiscono che chi va in panchina o in tribuna non è una riserva, ma un titolare che in quella situazione data va in panchina o in tribuna».

Lo scorso anno siete stati facilitati dal fat to che non avevate la . Quanto cambia la musica?

«Cambia tanto ma non da un punto di vista fisico perché i giocatori sono in grado di sop portare tre partite in otto giorni. I viaggi, poi, sono gli stessi della Europa League. La vera differenza è nervosa: la stressa, tantissimo. Ecco perché dico che dobbiamo pensare un gradino alla volta. Il primo gradi no è il girone».

Non vi è andata male.

«E’ proprio questo che non voglio sentire. Il girone non è facile. Noi col Basilea abbiamo giocato: abbiamo vinto e abbiamo perso e se fosse stato un girone saremmo stati elimina ti. Con il Cluj la Roma ha perso in casa e vin to in trasferta. C’è il Bayern che è arrivato in finale. Il girone è equilibrato e non si vince per editto. Se vogliamo parlare di calcio, le cose bisogna metterle così, se poi vogliamo fare il bar sport, allora cambia tutto».

Van Gaal all’esordio contro di voi non avrà Robben.

«Gran bel giocatore, uno che fa la differenza. Lo portai io al Chelsea, poi, però, non ebbi la possibilità di allenarlo. Ripeto: non è un girone facile, facile lo diventa nel momento in cui facciamo la ruota del pavone diventando presuntuosi».

Dica francamente: è un po’ stupito dal finale di mercato della Roma...

«Non nella maniera in cui crede lei. Certo l’aspetto tecnico è rilevante, ma la sorpresa è stata la determinazione con la quale la dottoressa Sensi ha inseguito Borriello: voleva il giocatore a tutti i costi, voleva fare un regalo ai tifosi, ha dato battaglia per raggiungere il risultato».

Da chi si attende quest’anno qualcosa di più?

«Da tutti».

Perché?

«Perché so che incontreremo delle difficoltà a ripeterci. Per lottare sino all’ultima gior nata per lo scudetto, dobbiamo fare un cam pionato straordinario. Determinati e uniti. E poi dobbiamo poter contare su un pizzico di fortuna».

Al momento vi siete scoperti vulnerabili sul fianco sinistro.

«Il motivo è semplice: o da quella parte facciamo “male” con Vucinic oppure siamo costretti a coprirci con Perrotta».

Il Milan sul mercato ha fatto i fuochi d’artificio. Come sono cambiate le gerarchie nazionali?

«Il Milan con Ibrahimovic e Robinho è sul lo stesso piano dell’Inter. Ha colmato il gap anche perché è una squadra abituata a vincere. Poi c’è la . e Palermo hanno lavorato bene. Il campionato sarà più in teressante, le distanze in punti si accorceranno, ci sarà grande battaglia per tutti gli obiettivi: scudetto, ed Europa League» .

Ieri ha incrociato il suo «amico» Mourinho: vincerà anche a Madrid?

«Credo di sì, se non quest’anno, il prossimo. Il è molto forte».

Le sue favorite in Europa?

«Tifo per le squadre italiane. E fuori dai nostri confini, per Carlo ».

Il ?

«E’ una di quelle squadre che vedi sempre con piacere in tv. Guardiola ha fatto un gran lavoro, ma tutto lì è cominciato con Cruyff che ha portato una mentalità nuova, dal set tore giovanile in su. Ma lì certe cose è più fa cile farle anche perché sei agevolato dal fat to di poter avere una squadra B che gioca in un altro campionato nazionale: dovremmo adottare questa soluzione anche in Italia per ché è eccessivo il divario agonistico tra la A e il campionato Primavera».

Cosa cambia con la partita a mezzogiorno?

«Praticamente nulla, ci si adegua agevolmente. In Inghilterra una volta ho giocato alle 11».

E le telecamere nello spogliatoio?

«Non mi piacciono. Quello è un momento di alta concentrazione. E come se a un torero gli dici che nella sua stanza entrerà la tv prima che lui scenda nell’arena. Poi semmai il toro lo incorna. La realtà è che il calcio è fatto di dettagli psicologici ecco perché penso che con quelle telecamere si violi qualcosa».

Tra i giovani allenatori della A qual è quel lo che la incuriosisce di più?

«Bisoli: ha fatto cose eccezionali a Cesena».