Menez ritrova la squadra del suo debutto romanista

03/10/2010 13:55


Due anni dopo sono cambiati i portieri, il numero 1 è , e sono cambiati gli stadi, si gioca al San Paolo. Ma davanti a Menez c’è sempre il . Corsi e ricorsi storici. Anche due anni fa Menez era in odore di nazionale. All’epoca, dovette rispondere alla convocazione dell’Under 21. Oggi, è nel giro della Francia di Blanc. Quella dei grandi. Così grandi che il Ct vuole aspettare a richiamare il giovane Jeremy per le prossime partite di qualificazioni agli Europei, che la Francia giocherà il 9 ottobre con la Romania e tre giorni dopo con il Lussemburgo. Spiegava un paio di giorni fa
Blanc: «È un giovane talento. Lo vedremo in nazionale in breve tempo se giocherà di più con la sua squadra». E se il della Francia vuole attendere prima di dargli di nuovo fiducia (Menez è andato così e così il 5 agosto all’esordio con la nazionale maggiore), Ranieri fa affidamento completo su un giocatore che considera rigenerato. Lo ha ribadito anche ieri in conferenza stampa: «Jeremy è un giocatore molto importante. Sta imparando ad essere più continuo, è diverso da Mirko (Vucinic, ndr). Il montenegrino è una punta esterna ma non ha la resistenza di un centrocampista, Menez ha più resistenza». In sintesi, Jeremy può fare sia l’esterno a metà campo in un 4-4-2, sia il trequartista in un modulo più aggressivo con due punte. La duttilità tattica ha il suo peso. Il merito di questa assoluta versatilità del francese va equamente diviso. Una parte ce l’ha ovviamente proprio Geremia, che ha imparato a correre senza palla, svariando sul fronte offensivo o arretrando. Con un obiettivo: mettersi al servizio della Roma. L’altra parte di merito è di Ranieri, che ha saputo prendere per il verso giusto un carattere particolare. Menez considera un secondo padre l’uomo con cui, fino a Cagliari-Roma dello scorso 6 gennaio, i rapporti erano ai minimi termini. Jeremy rispose alla chiamata in campo con indolenza e Ranieri si pentì pubblicamente di avergli dato una chance. Menez capì di avere sbagliato. E ripagò tecnico, squadra e tifosi con il dono più bello. La sua rinascita.