26/10/2010 11:01
La Roma, dunque, senza guida. Non è unaccusa, ma un dato di fatto. Il riferimento non è solo a Claudio Ranieri, con gravi colpe di gestione dopo il miracolo nella scorsa stagione. A mancare negli interventi, oltre al tecnico che quando ci prova addirittura peggiora la situazione, anche i dirigenti, dalla presidenza fatta in casa alla Triade de noantri. E dai calciatori più rappresentativi, big o esperti che siano, ci vorrebbe più partecipazione nello spogliatoio e in campo. Nessuno supporta nessuno. Che poi si sopportino tra loro, importa poco e serve a niente.
La società non cè. La Roma è in vendita e si sa da fine luglio. Tante offerte, non vincolanti, con laugurio che un acquirente si riveli in modo definitivo al più presto, entro Natale. Il club, però, perde valore nel mondo. E potere a Trigoria. Dove manca chi può prendere una decisione. Lallenatore è in bilico, ma in pubblico nessuno lo può scaricare. La scusa sta facendo il giro del mondo: non cè un numero uno da prendere, meglio non cambiare. Ma Ranieri, dietro le quinte, è chiaramente deligittimato. Rosella Sensi, ieri telefonatina di sostegno al tecnico, non gli ha più proposto il rinnovo del contratto, i giocatori non gli remano contro ma cercano di sopravvivere alle scelte che non capiscono e alla preparazione che non approvano (cose che gli hanno detto in faccia). I dirigenti sono in mezzo al guado: non potendo prendersela con il tecnico, finiscono per perdonare pure la squadra. Pensate al ritiro: i giocatori hanno detto no alla Sensi dopo la figuraccia con il Basilea. Solo Montali alza la voce e prende di petto in pubblico i problemi. Ma Rosella, per non creare divisioni e gelosie tra i dirigenti, non lo ha più indicato come suo rappresentante nello spogliatoio. Senza contratto, rispetto a Conti e Pradè, non ha mai ricevuto la nomina di direttore generale. Anzi, come abbiamo visto a Parma (casa sua), deve accettare in tempi di silenzio stampa il turn over imposto dalla Sensi: la prossima volta toccherà a Conti.
Ranieri colleziona errori. La preparazione atletica inadeguata, i continui cambi di modulo per la conseguente perdita didentità, il gioco sparito, i tanti gol subiti e i pochi segnati, gli equivoci di mercato e le sostituzioni sballate. I numeri lo inchiodano, ma a galla adesso vengono soprattutto lorganico non adatto alle sue idee e i cambi in corsa spesso dannosi. Per il rafforzamento, ha chiesto solo un giocatore: Nicolas Burdisso, finito in panchina a Parma e costato 8 milioni più optional (il fratello Guillermo). Avrebbe, invece, dovuto insistere, chiedendo altri esterni (e magari tenendosi Guberti). A complicargli la vita, non mettetevi a ridere, lacquisto di Borriello. Con larrivo dellex milanista, montano le sostituzioni di Totti che non fa più il centravanti e le lamentele di Vucinic che si sente poco considerato (pure economicamente). Se si tornerà al 4-2-3-1, uno tra lex milanista e il capitano resterà fuori. Quando il tecnico interviene, in partita, fa harakiri. E successo 7 volte in 12 gare ufficiali; in Supercoppa a Milano contro lInter, con Taddei mediano per Pizarro; in campionato a Cagliari, Burdisso junior per Totti al 21° e in svantaggio, a Napoli, fuori Menez, il migliore, e dentro Brighi dopo un tempo, allOlimpico contro il Genoa, sul 2 a 0 (poi 2 a 1, cambio ritardato) Castellini per Perrotta, a Parma, nellintervallo, Simplicio per Totti; in Champions a Monaco, Menez per Totti appena subito l1 a 0 di Muller, e a Roma contro il Cluj, Adriano per Menez tra i due tempi.
I singoli che non incidono. Dei sette attaccanti, solo Borriello, 5 gol, e Vucinic, 1, sono stati capaci di far centro. In trasferta solo 3 reti, tra laltro inutili. In tutto 11 in 12 gare, 7 in campionato e 4 nelle coppe. Una miseria. E qui non centra più il gioco. Nessuno si prende la responsabilità di saltare luomo, di rischiare luno contro uno, semplicemente di tirare. Se questa è una squadra.