21/12/2010 11:31
E un ragazzo così non poteva che conquistare la Juve, specchio e insieme nutrimento della sua voglia di rilancio e di vittorie. Una scelta indovinata, quella di Marotta, che ha cavalcato la saudade tricolore di Alberto per elevare la qualità della squadra. E una scelta indovinata quella del centrocampista, che ha cancellato loblio e riabbracciato lazzurro: scelta da professionista nella sua seconda vita, lontano da Roma. Perché il bambino che Bruno Conti intuì campione quando aveva undici anni, cresciuto con il poster di Giannini nella stanzetta, pensava di rimanere per sempre a Trigoria. Fu la società, obbligata a monetizzare, a scrivere laddio e indirizzarlo a Liverpool. Buona esperienza, però veloce: il presente è la Juve, ed è bellissimo, ma le radici restano forti e gli affetti eterni. Ci racconta tutto, Alberto, in questa intervista: emozioni, difficoltà, passioni dentro e fuori dal campo. Ma soprattutto promesse bianconere e tenerezze giallorosse, due vite calcistiche separate dalla Premier League.
Alberto Aquilani, quattro mesi in bianconero: impressioni?
«Estremamente positive. Desideravo tornare in Italia e ritrovare la serie A: la Juventus me ne ha dato la possibilità, mi auguro di ricambiare la fiducia».
Già fatto: il suo rendimento è elevatissimo...
«Sto bene, gli infortuni sono alle spalle. Ho vissuto momenti duri, ma con il lavoro, e laiuto di chi mi vuole bene, li ho superati».
Cè chi rileva, dietro la sua rinascita, anche i compiti tattici che Del Neri le assegna...
«Ho ritrovato un sistema di gioco che prevede due centrocampisti centrali: se uno partecipa alla fase offensiva, laltro si deve fermare per non sbilanciare la squadra. A Liverpool era molto diverso: spesso venivo utilizzato addirittura come vertice alto del rombo, dietro le punte».
Ma lei si sente un regista?
«Credo di avere delle buone qualità tecnicotattiche, ma i registi sono altri. Per la verità, nel campionato italiano fatico a trovarne: mi vengono in mente soltanto Pirlo, Pizarro e Liverani ».
La Juve le ha offerto unopportunità di rilancio, lei ha aiutato la Juve ad arrampicarsi in classifica: stessa voglia di rivincita?
«Non parlerei di rivincita, ma di voglia di tornare ai livelli che, per motivi diversi, negli ultimi anni ci sono mancati. La nuova dirigenza sta ricostruendo una società che per molti anni ha dominato in Italia e in Europa, io desideravo rientrare dopo lesperienza inglese: ci accomuna la voglia di vincere».
Il pareggio ottenuto in extremis dal Chievo lascia un pizzico damaro in bocca, ma il bilancio bianconero rimane positivo. Qual è il segreto?
«Il gruppo. Del Neri insiste molto sul concetto di organico, si lavora tutti insieme per ottenere il massimo, cercando di accantonare le individualità».
Lallenatore insiste molto anche sullo scudetto, nel dopo- partita del Bentegodi ha ribadito la candidatura bianconera. E daccordo?
«Sicuramente il mister è più esperto di me e se parla di scudetto ci sarà un motivo. Io credo che si debba guardare partita dopo partita. Stiamo attraversando un buon momento che dobbiamo consolidare con il lavoro settimanale. Vedremo tra qualche mese quel che succederà».
Del Neri la fece esordire in A: come lha trovato, sette anni dopo?
«Più consapevole dei propri mezzi, più sicuro di se stesso. E questo mi ha fatto molto piacere. Del Neri è un ottimo tecnico, molto preparato, e che allo stesso tempo sa creare lo spirito di squadra. Poco per volta stiamo diventando un gruppo unito e questo, ne sono convinto, ci permetterà di toglierci belle soddisfazioni ».
Torniamo al suo debutto: avrebbe mai immaginato, quel giorno, di vestire unaltra maglia?
«Lo ritenevo quasi impossibile finché la Roma mi ha ceduto al Liverpool. Non avrei mai voluto lasciare i colori giallorossi, ma la società, che in quel momento aveva bisogno di monetizzare, mi fece sapere che era disposta a cedermi. In quel momento è iniziata la mia seconda carriera. Lontano da Roma».
La prima cominciò con una profezia. Aveva solo undici anni quando Conti la vide in campo e disse: Se questo bambino non diventa un campione cambio mestiere. E' sempre lì...
(ride) «Bravo Bruno».
Cominciò anche con un poster...
«Quello di Giannini».
Cos'è, oggi, la Roma?
«Una società a cui devo molto e che ha contribuito a farmi diventare un calciatore professionista ».
E anche la squadra che ha fermato il Milan, peccato per il pari di Verona...
«Vedere una vittoria così importante sfumare in ultimi lascia sempre lamaro in bocca, ma le distanze restano relative e i conti si fanno alla fine».
Ma il Milan è davvero più forte?
« Al momento è la squadra maggiormente accreditata per la vittoria finale, nonostante il piccolo passo falso con la Roma».
Voi però avrete il vantaggio di potervi concentrare solo sul campionato.
«Laddio allEuropa League ci è dispiaciuto molto. A differenza di ciò che qualcuno sostiene, desideravamo fare bene. Detto ciò, leliminazione non deve distrarci dagli altri due obiettivi stagionali».
Lei disse tempo fa: 'Ai rossoneri toglierei Pirlo'. Sempre convinto?
« Diciamo che potrei tranquillamente aggiungere al nome di Pirlo quello di Ibra».
Si parla anche di Cassano rossonero...
«Antonio è un talento puro, in grado di cambiare con poche giocate una partita».
Parere popolare: il vostro Ibra è Krasic.
«E la rivelazione della Juve, nessuno lo conosceva così bene e ha stupito tutti con le sue progressioni e la sua capacità di puntare e di saltare luomo. Credo però che Milos sia un giocatore profondamente diverso da Ibrahimovic. Zlatan è un attaccante davvero devastante, il classico giocatore in grado di fare reparto da solo. E si vede».
Anche lei è stato attaccante...
«Fu mio primo ruolo, con il tempo sono arretrato sulla linea mediana».
La prima partita che ricorda?
«Alloratorio, con gli amici».
La prima che ha visto?
«Roma-Samp in tribuna Tevere, unemozione unica».
La prima squadra?
«Spes Montesacro, ho cominciato lì».
Il primo allenatore?
«Ne ricordo due: Farese e Moretti».
Detto della Roma, parliamo di Roma...
«Casa mia, dove tornerò. Oltre a essere la città più bella del mondo, è il luogo dove ritrovo gli affetti più cari: la famiglia e gli amici Che poi sono le cose che mi mancano maggiormente quando sono via».
Torino?
« Non la conoscevo assolutamente. Le uniche volte in cui cero stato avevo visto laeroporto, lalbergo e lo stadio. Oggi vivo in centro e mi ha colpito per la sua eleganza e per la discrezione dei torinesi: il massimo per un calciatore. Credo che le Olimpiadi abbiano contribuito a trasformare e a far conoscere una città davvero bella. Il centro storico è ricco di storia, le piazze sono dei salotti».
Poteva arrivarci a diciannove anni...
«Non so dire se fosse vero, ma ne avevo sentito parlare. Si vociferava di un possibile affare tra la Roma e la Juventus per il passaggio in giallorosso di Davids: una delle contropartite ero io».
Invece ha lasciato la capitale solo nel 2009, destinazione Premier League.
«E stata unesperienza fondamentale per la mia crescita professionale e caratteriale. Sono arrivato a Liverpool con un grave problema alla caviglia, la società mi ha curato e aspettato senza mettermi fretta. Superato linfortunio, credo di aver avuto un buon rendimento. Ero anche pronto per la nuova stagione, ma poi è arrivata una proposta che non potevo rifiutare: quella della Juventus».
Cosa trapianterebbe in Italia del football inglese?
«Il pubblico, composto ed educato, e gli stadi moderni e realizzati appositamente per il gioco del calcio, sono esempi di riferimento».
Ha conosciuto Gerrard...
« Uno dei giocatori più forti con cui abbia mai giocato: grandissime qualità tecniche supportate da un fisico strepitoso. Un vero atleta a 360 gradi».
Di fuoriclasse è stato sempre circondato: come sono Totti e Del Piero visti da vicino?
« Due bandiere, due simboli, due capitani veri. Anche se caratterialmente si differenziano molto, per certi aspetti sono simili. Sono orgoglioso di aver potuto giocare con entrambi ».
Intrufoliamoci nel privato: si sussurra che con Michela Quattrociocche progettate le nozze, forse in estate.
«E vero, ci vogliamo bene e siamo anche in attesa di un bebè: il matrimonio sarà il giusto coronamento di una bella storia».
Fiocco rosa: avete pensato al nome?
«Sì, ma preferiamo tenerlo per noi. Anche perché se poi dovessimo cambiare idea ».
Lei calciatore e la sua compagna attrice, eppure frequentate poco il jet set.
«Siamo due ragazzi semplici che amano lintimità domestica e non sono mai stati attratti dagli ambienti mondani. A una festa alla moda preferiamo una bella cena con gli amici».
Tra i più cari ci sono Marco e Veronica Storari, con il piccolo Tommaso: frequentandoli, studiate da genitori?
« Li vedo molto felici, mi auguro lo stesso aper me e Michela».
Da amico, come vive Storari il ritorno di Buffon?
«Serenamente. Marco è un ottimo portiere e un ragazzo intelligente: sa che la sana competizione in un gruppo non può che far bene».
E vero che Michela è digiuna di calcio?
«Quando ci siamo conosciuti non ne capiva praticamente nulla. Poi, col tempo, ha iniziato a prendere confidenza col gioco, ma credo che ancora oggi venga allo stadio solo ed esclusivamente per vedermi giocare».
Eppure il papà Cesare è un appassionato, oltretutto tifoso juventino: cosa le ha detto il giorno della firma?
«Non stava più nella pelle: mi ha fatto i complimenti e un grande in bocca al lupo».
E suo padre Claudio?
« Era molto felice per la grande opportunità che mi era arrivata. Ha voluto a tutti i costi accompagnarmi a Torino».
La poca mondanità non è lunica stranezza da calciatore. La musica, per esempio...
«Per molti miei colleghi è una grande passione: a me piace, la ascolto, ma non sono un maniaco».
Non ha nemmeno un profilo su Faceboook o Twitter.
« Però non mi sento un marziano: adoro il computer, ma più come console per i videogiochi che non come mezzo di comunicazione. Sarò un po retrò, ma preferisco il vecchio, caro telefono».
In compenso pochi calciatori cucinano una carbonara buonissima: giusta, la soffiata?
«Diciamo che pur non essendo un mago dei fornelli, la mia pasta alla carbonara si difende ».
Due parole ai tifosi della Juve...
« Non posso far altro che ringraziarli per laccoglienza e laffetto che mi hanno riservato fin dal giorno del mio arrivo. A loro prometto il massimo dellimpegno. Sempre e comunque ».
Due parole a quelli della Roma...
«A loro invece vorrei dire che mi è dispiaciuto molto per come sono andate a finire le cose tra noi: voglio che sappiano che il mio affetto per i colori giallorossi è sempre stato grande. Però sono un professionista e come tale mi devo comportare».