Paralisi Roma

18/02/2011 09:47

Alle 12.30, il vice- di Unicredit è piombato al «Bernardini» per provare a riportare un po’ di serenità. Si è chiuso in una stanza con la Sensi per una chiacchierata lunga e a tratti dai toni accesi, poi insieme a Rosella e gli altri dirigenti (Montali, Conti, Pradè e Tempestilli) ha parlato alla squadra nella sala riunioni dello spogliatoio. «Entro trenta giorni cederemo la società agli americani che hanno un progetto ambizioso. Voi pensate a giocare sereni, fate gruppo e non mollare la stagione. Il vostro allenatore è Ranieri, seguitelo»: questo a grandi linee il senso del discorso di Fiorentino che ha fatto anche i complimenti a Menez per il gol segnato con lo Shakhtar, ha salutato e poi si è intrattenuto per altre due ore a Trigoria: un pranzo veloce al bar, poi un incontro privato con Cassetti e Perrotta, entrambi in scadenza di contratto, ai quali ha garantito il rinnovo. Non ha parlato, invece, con Mexes che continua a prendere tempo dando l’impressione di essersi già accordato con il Milan.

Parole, parole, soltanto parole: di fatto la Roma resta paralizzata in attesa della nuova proprietà che non potrà mettere piede al Bernardini prima di due mesi. Sì, perché i contratti verranno firmati nel giro di pochi giorni ma tra via libera dell’Antitrust e altri passaggi tecnici le azioni del club potranno passare di mano soltanto a metà-fine aprile. Insieme a DiBenedetto e i suoi quattro soci, in un primo momento resterà anche la banca e questo è stato ricordato ai giocatori ieri. Della serie: c’è già una nuova proprietà che vi guarda e vi giudica. Basterà per una scossa?

Intanto Claudio Ranieri, ormai impotente spettatore del tracollo, resta al suo posto e non ha alcuna intenzioni di dimettersi. Neanche la sconfitta con lo Shakhtar gli costerà l’esonero: la Roma va avanti con il tecnico di San Saba non tanto perché continui a fidarsi di lui, piuttosto per mancanza di alternative. Il cambio in panchina è la mossa della disperazione che al momento nessuno si sente di fare. Parole, parole, soltanto parole.

Alla Sensi è stato garantito ieri che il suo ruolo non cambierà prima dell’arrivo della nuova proprietà, ma il suo raggio d’azione è diventato praticamente nullo. Gli altri dirigenti sono appesi a un destino incerto. Compreso Montali, eppure doveva essere lui a raccogliere il testimone da qui al termine della stagione. Si naviga a vista, insomma, lasciando alla squadra un grande alibi. La situazione tecnica è sotto gli occhi di tutti. In due settimane la Roma è uscita dalla lotta scudetto scivolando all’ottavo posto, l’attuale è quasi andata e in coppa Italia c’è una semifinale con l’Inter da superare. I segnali di una crisi che Ranieri continua a negare sono chiari.

Sul piano fisico ogni avversario sta meglio. Anche chi, come lo Shakhtar, ha disputato mercoledì la prima partita ufficiale dopo due mesi. La squadra non ha un gioco, un’identità tattica e ha smarrito quella personalità (e la fortuna) che l’anno scorso le ha permesso di sfiorare lo scudetto. Adesso la prima difficoltà diventa un ostacolo insormontabile, una montagna da scalare per un gruppo con la lingua di fuori. E tanto da ridire: in pochi, pochissimi rispettano le scelte di Ranieri. Lo sfogo plateale di Borriello mercoledì sera davanti alle telecamere è solo l’ultimo caso di insubordinazione. Ieri è arrivato il chiarimento tardivo con l’allenatore che lo aveva già «castigato» in sala stampa. Parole, soltanto parole.

E intanto Adriano se ne sta beato in Brasile a festeggiare, Pizarro si allena e non gioca, gli americani osservano da lontano e si preoccupano: un fallimento in questa stagione complicherebbe anche la prossima. La Roma ha un futuro, adesso è il caso che qualcuno le restituisca in fretta il presente. Ma non a parole.