Carnevale:"Solo per Maradona non fu subito Roma"

06/04/2011 11:51

Inusuale la definizione di sogno da parte di uno che poco prima aveva vinto lo scudetto col .

« Ma io sono nato vicino Latina: giocavo a pallone e pensavo che un giorno avrei giocato nella Roma. L’ho realizzato il sogno. Anche se in effetti non è che abbia combinato tantissimo».

Forse è arrivato nel periodo sba­gliato.

«Sì, forse sì. Mi volle Bianchi, nel ‘90. Morì Viola, arrivò Ciarrapico e dopo Sensi e Mezzaroma. Un gran via vai di presidenti. La situazione era un po’ incasinata».

Qualche somiglianza con quella attuale?

« Sì. Mi auguro che DiBenedetto sia il presidente giusto però mi sembra strano che si sia preso altri venti giorni per chiudere l’affare. E’ evidente che a livello psicologico sono situazioni che finiscono per pesare sui calciatori».

La sconfitta con la è figlia di questi condizionamenti?

«Non ho elementi per entrare nel dettaglio. Ma da ex calciatore so che le incertezze societarie pesano, le avverti».

Perché?

«I motivi mi sembrano evidenti. I giocatori a volte sembrano superfi­ciali, indifferenti. Ma non è così: la mancanza di certezze ti debilita, da un punto di vista psicologico. A Ro­ma da due, tre anni si parla di cam­bio della guardia in società. Passa­no le settimane, passano i mesi, passano gli anni e nulla di definiti­vo è stato scritto. Psicologicamente, tutto questo pesa».

Si nota questo peso dall’esterno?

«La Roma ha una “rosa” eccezio­nale. Dovrebbe essere al posto del , in classifica, invece...».

 Ha ancora rapporti con il mondo romano e romanista?

«Certo che li ho. Con Bruno Con­ti, con Pradè, con Tempestilli».

Vi vedrete prima della partita?

«Come sempre. Bruno Conti, poi, per me è il Campione del Mondo e lo è come calciatore e come uomo. Mi auguro che DiBenedetto co­struisca intorno a lui la nuova Ro­ma. Bruno merita di restare lì a vi­ta ».

Insieme a ?

«Sì, insieme a . Francesco ha cominciato a giocare nella mia Ro­ma. Era giovanissimo e Boskov lo fece esordire in un’amichevole».

Come lo ricorda?

«Un ragazzino timido ma dal ta­lento straordinario. Si vedeva, si ca­piva. Boskov intuì le grandi poten­zialità di Francesco».

La sua era la Roma di...

«Conti, Tempestilli, Aldair, Hae­ssler, Rizzitelli, Giannini».

Le hanno mai offerto un posto da dirigente?

«No. Mi avrebbe fatto piacere una proposta. Anche perché le mie radi­ci sono sempre a Roma: lì ci sono i miei due figli che vivono con la mamma e che di tanto in tanto mi chiedono di avvicinarni. Ma il mio futuro è a Udine. Questa è una bel­la à, a misura d’uomo, faccio un bel lavoro».

Nella sua carriera di calciatore, che ruolo ha svolto Udine?

«Un ruolo decisivo. E’ stato il mio primo “esame di laurea”. Alle spal­le avevo esperienze in C e in B, ero approdato in A con il Catania...»

Ranieri era suo compagno di squadra.

«Sì, lui stava concludendo la car­riera, io cominciavo. Giocatore to­sto, anche piuttosto cattivo, persona per bene, aveva un rapporto straor­dinario con i più giovani».

Da Udine a .

« Pensi, non volevo accettare il trasferimento. Volevo andare a Ro­ma. Mazza, il vecchio presidente dell’Udinese, mi chiamò e mi disse: Ma come, non vuoi giocare con Ma­radona? Alla fine, però, accettai: le società avevano fatto tutto. E mi è andata bene perché giocare accan­to a Mardona è stata una esperien­za unica».

Il attuale sta facendo rivi­vere quegli anni. Può puntare real­mente allo scudetto?

« Può lottare sino alla fine. Per gioco, determinazione, convinzione è la squadra che mi ha maggior­mente impressionato, più del Mi­lan, più dell’Inter».

Il vostro, però, resta ir­raggiungibile.

« E’ irraggiungibile perché c’era Maradona. Se in quello attuale ci metti , che è il Maradona del Duemila, pareggi il conto».

Com’era il suo compagno Mara­dona?

«Come compagno era straordina­rio, come calciatore, poi... Le dico una cosa che forse le sembrerà strana: ma io solo ora, rivedendo le immagini di certe sue giocate, com­prendo pienamente la grandezza di Dego. A volte mi metto sul divano, con i miei figli, metto un dvd e ri­mango allibito. Giocandoci accan­to,avevo una percezione parziale di quel talento».

Un aggettivo per i quattro anni di ?

«Straordinari. E poi la à è ve­ramnente un valore aggiunto: ti coinvolge, ti spinge. La conferma è venuta domenica scorsa: non è faci­le rimontare la Lazio due volte».

E poi è arrivato il sogno romano...

« Forse le cose sarebbero andate meglio se si fosse concretizzato qualche anno prima. Però, non è che sia stata una esperienza da but­tare: una finale di Coppa Uefa, una Coppa Italia. Certo, c’era un po’ di confusione».

La sua Udinese ha rinunciato al­lo scudetto?

«In realtà noi allo scudetto non ci abbiamo mai pensato. L’obiettivo è la . Dobbiamo giocarce­la con la Lazio, con la Roma. Lo scudetto, però, non è roba per noi. La o l’Europa League ce la meritiamo».

In che misura Guidolin ha contri­buito a questa crescita?

«Guidolin è un grande professio­nista. E con lui lavora un gruppo di persone estremamente preparate».

Come vede il Montella allenato­re?

«E’ giovane, deve maturare. D’al­tro canto, il mestiere dell’allenato­re non c’entra assolutamente nulla con quello del calciatore. Non ti in­tendi di calciatori solo perché sei stato calciatore: l’ho capito perfet­tamente quando ho smesso di gio­care. A quel punto devi cominciare a fare una nuova gavetta, devi stu­diare. Però, la Roma mi sembra una squadra ordinata segno che Montella non è uno sprovveduto».