Dai bicchieri di Capello al crac con la Juventus

06/04/2011 11:29

di cui voleva diventare pilastro avendo ancora negli occhi la vittoria del Mondiale ’98 e di Euro 2000.

 

Franco Baldini lo aveva visionato più volte, lui aveva dato il suo ok al trasferimento in giallorosso fin da subito, ma per 12 mesi si preferì farlo maturare ancora in Francia. A Roma aveva un compito non facile: sostituire Walter Samuel, passato al Real Madrid, e far coppia con Christian Chivu cercando di non far rimpiangere uno dei protagonisti del terzo scudetto. Una bella responsabilità che Mexes però, diventato padre giovanissimo, si disse pronto ad assumere.

Arrivò a Roma nell’estate 2004, la leggenda racconta di un pranzo a Trigoria con Capello in cui i bicchieri servirono, oltre che per bere, anche per spiegare al francese quale sarebbe stato il suo ruolo in campo. Neanche il tempo di prendere il caffè, che l’attuale ct dell’Inghilterra stava già pianificando il suo viaggio direzione Torino. Dove avrebbe fatto carte false per portare anche Mexes il quale, se c’è una squadra che in Italia ha sempre detestato (sportivamente parlando) è proprio la . Per uno scherzo del destino, l’ultima che poi, sette anni dopo, affronterà da romanista. Facendosi male sotto la , un altro dei motivi che, allora, lo spinsero ad accettare la proposta romanista. Con Baldini il feeling è ma lavorano insieme solo pochi mesi: il manager lascia Roma, Philippe no, nonostante il primo anno giallorosso è tutto tranne che esaltante.

A partire dalle scorie lasciate dal suo trasferimento: l’Auxerre accusa infatti il suo ormai ex giocatore di aver firmato per la Roma quando ancora era sotto contratto, chiedendo perciò un risarcimento. La vicenda si trascina avanti per lungo tempo e viene esaminata anche dalla Fifa che, inizialmente, decide di infliggere a Mexes sei turni di . Il Tribunale arbitrale sportivo accetta però una richiesta di effetto sospensivo della , e permette al ragazzo di ritornare sul campo nel settembre 2004. L’anno successivo la situazione torna in mano alla Fifa, che fissa in 8 milioni di euro l’ammontare dell’indennizzo che la Roma deve versare all’Auxerre, ed inoltre blocca ben due finestre di mercato alla società giallorossa, che perciò non può acquistare giocatori né nell’estate 2005 né nel gennaio 2006. La stagione vede arrivare la Roma ottava a fine campionato.

All’inizio dell’anno seguente la Roma ingaggia Spalletti. Il difensore francese parte come riserva, poi diventa titolare a dicembre 2005 dopo la partenza di Samuel Kuffour per andare a giocare la Coppa d’Africa con la sua nazionale. Da quel momento il posto non glielo toglie nessuno per quattro anni. Diventa l’idolo dei tifosi, i suoi balletti in occasione del record delle 11 vittorie resteranno nella storia, così come le "pizze" in testa ai compagni e quelle offerte al ristorante. Da ricordare, anche quella volta che zittì da solo la Nord col dito davanti la bocca (le foto si trovano ovunque su Internet).

A maggio nel 2007 conquista il primo trofeo con la Roma, la Coppa Italia, dicendo negli spogliatoi di San Siro: «Con questa squadra voglio vincere tutto». Non ci riuscirà. Ed è questo il suo più grande rimpianto. In bacheca metterà un’altra Coppa Italia e una Supercoppa, non lo scudetto, sfuggitogli per ben due volte. E’ stato campione d’Italia per un’ora, Mexes: mezzora a Catania, quasi lo stesso a Verona un anno fa, dopo un campionato vissuto più da tifoso che da protagonista, visto che Ranieri gli ha preferito quasi sempre Burdisso. Le sue lacrime la notte di Roma-Sampdoria resteranno per sempre la fotografia della stagione 2009-2010. Lascia la Roma (salvo miracoli) con tanto amore dato e ricevuto, 15 gol all’attivo tra campionato e coppe, e anche 11 espulsioni (7 in campionato, 3 in , 1 in Coppa Italia), segno di un carattere troppo spesso irascibile. «Lunedì piangeva», ha confessato ieri il professor Mariani che l’ha operato. Per il dolore al ginocchio, certo. Ma anche per qualcos’altro.

Il professionista ha scelto di andare al Milan per provare a vincere (soprattutto la ) l’uomo però lascia a Roma, e nella Roma, un pezzo di cuore. Avrebbe voluto salutare tutti in maniera diversa. Per questo spera - adesso più che mai - che la Roma possa vincere la Coppa Italia. Lasciare l’Olimpico con un trofeo in mano sarebbe la giusta conclusione di questi sette anni.