Stadio, marchio e maggiori introiti. La rivoluzione americana della Roma

15/04/2011 10:19

I vertici di Unicredit— il vicedirettore generale Paolo Fiorentino e il responsabile del corporate banking Piergiorgio Peluso — riusciranno così dove non erano arrivati né i russi della Nafta Moskva né gli americani del George Soros Management Fund: traghettare la Roma nelle mani di un investitore straniero, segnando due storici gol. Il primo, giallorosso, è salvare la società dal rischio del fallimento, visti i disastrosi conti del bilancio. Il secondo, che interessa tutto il calcio italiano, è lo sbarco del primo investitore straniero. Una data epocale se il programma di sviluppo della società made in Usa— oltre 500 pagine presentate a Unicredit durante il primo viaggio americano dei vertici bancari, quando furono gettate le basi per l’esclusiva — si trasformerà in realtà. Costruzione di uno stadio di proprietà, sviluppo e protezione del merchandising e del marketing su scala mondiale, una strategia di comunicazione dove anche i calciatori saranno chiamati a partecipare come già avviene nei principali campionati professionistici americani, aumento esponenziale dei ricavi come unica strada possibile per essere un grande team nell’epoca del fair play finanziario. Naturalmente tutto questo ai tifosi non basta: serve costruire una squadra forte e vincere. Nessuno può cancellare dal calcio l’alea legata al risultato — basti pensare a Roman Abramovich che da anni butta decine di milioni di sterline a fondo perduto per inseguire una che continua a sfuggirgli — ma senza una base solida nei prossimi anni non si potrà neppure partecipare.

I dettagli dell’accordo sono quelli limati da giorni e giorni di contrattazione e oggi aspettano le firme anche di Roma 2000, nella figura del professor Attilio Zimatore: il 67%delle azioni (la quota di maggioranza) passano alla Newco costituita per l’occasione dai soci di Di-Benedetto (Pallotta, D’Amore e Ruane) e da Unicredit, divisi con quote del 60%e del 40%. Il valore è di circa 70 milioni di euro, ma saranno necessarie due ricapitalizzazioni per un totale di 80 milioni, sempre da suddividere tra i soci. La banca cederà, in tempi non lunghi, il 20%a un socio italiano, meglio ancora se romano: si fanno i nomi della famiglia , della famiglia Toti e del re della farmaceutica Francesco Angelini. Con più calma ci potrà essere anche l’uscita definitiva di Unicredit dal pacchetto e nei nuovi patti parasociali è stata inserita anche un’opzione put a favore degli americani che potranno aumentare la loro quota. In previsione di uno sbarco commerciale in Cina— dove, tra l’altro si giocheranno le prossime tre edizioni della Supercoppa Italiana— c’è la forte possibilità dell’ingresso di un socio cinese con una piccola quota. Mancano ancora due passaggi obbligati: l’Opa sulle azioni ancora sul mercato e il via libera dell’Antitrust. A fine maggio, magari proprio in coincidenza con l’ultima giornata di campionato,

Thomas R. DiBenedetto sarà il nuovo presidente della Roma con tutti i crismi dell’ufficialità. Manca l’ultimo passo. I tifosi della Roma, stremati, devono solo incrociare le dita.