27/05/2011 11:28
Quasi certamente si trattava dello stesso orologio che il nostro aveva al taschino dirigendo la prima sgambata romana al Motovelodromo Appio. Dal 1927, però, il Longines di Garbutt ha visto passare un mucchio di tempo fino a segnare lora di Alfred Schaffer, il grande stratega dello scudetto del 1942. Dopo aver sfiorato il titolo mondiale alla guida dellUngheria nel 1938, Schaffer arrivò in Italia con quel pizzico dincoscienza e di mancanza di rispetto per le vecchie gerarchie, che gli permise di pianificare la conquista dello scudetto. Pragmatico, schietto, perennemente fasciato da un tutone rosso, Schaffer aveva la battuta pronta. Amadei ricorda ancora quando in allenamento si esibiva in qualche rovesciata e il tecnico sorridendo gli chiedeva: «Ameteo, ma tu zai dofe finire palla quanto colpisci in rofesciata? Perché se tu non zai perché tu fai rofesciata?».
Allenatori che hanno fatto la storia della Roma trionfando e anche meteore, che pure sono state capaci di brillare. Non posso dimenticare, ad esempio, Luigi Brunella, che conobbi nella sua tardissima età. Sedette sulla panchina della Roma a più riprese, tra la fine degli anni 40 e linizio degli anni 50. Venne addirittura chiamato a rilevare il divino Fulvio Bernardini, centrando sempre gli obiettivi che gli venivano affidati. Faceva bene, ma era troppo giovane e non era un personaggio carismatico: «Un giorno mi disse Luigi vennero da me e mi dissero: Ti ringraziamo, ma dobbiamo prendere un allenatore vero». Era un gentiluomo Brunella e abbandonò il calcio professionistico per sempre. A metà degli anni 60 toccò allo spagnolo Mirò, anchegli con dei trascorsi al Barcellona... laltro colpo di frusta sulla panchina della Roma venne però garantito da Helenio Herrera. Il Mago compì il suo più grande gioco di prestigio strappando un contratto da nababbo in cui tutto (telefono, casa, consulenza fiscale per la realizzazione della dichiarazione dei redditi, lautomobile, i biglietti aerei per i viaggi di piacere... e tanto, tanto altro) era sul conto spese dellAS Roma. Nel 1979, sarà Dino Viola ha riportare nella capitale Nils Liedholm, il più grande tecnico della storia del calcio mondiale. Insuperabile nello stile, imbattibile per intuizioni e capacità di scoprire e far crescere i giovani. Un cultore del paradosso che diceva ai suoi ragazzi: «Attenti quando segnate. Non esultate troppo, ricordatevi che avete perso il pallone».
Di svedese, purtroppo, cè stato anche Eriksson, uno che, mettetela come volete, alla Roma ha regalato solo amarezze. Del resto, il rettore di Torsby fu capace di mandare via Cerezo per Bergreen, spedendo in panchina Ancelotti e Bruno Conti. Tra i tanti nomi che attraversano gli anni 90 cè anche Carlo Mazzone. Carletto a cui Fulvio Bernardini, un bel giorno fece il regalo più bello parlando a Coverciano ad una riunione dei tecnici di serie A: «E inutile che andate in Olanda a studiare lAjax. Risparmiate il viaggio e andate a vedere la squadra di Carlo Mazzone». Ci fu poi il Boemo, che il tifoso della Roma ha tatticamente odiato o adorato, ma che tutti, indistintamente, hanno rispettato per limmensa dignità con cui ha saputo sempre opporsi al sistema degenerato e disonesto che governava il calcio italiano. Zdenek (a lui Antonello Venditti ha dedicato una canzone, non proprio lultimo degli onori), venne rilevato dal mascellone o, come veniva definito dai suoi giocatori il tedesco, Fabio Capello. Quando allenava la primavera del Milan, metteva in difficoltà anche la prima squadra allenata da Liedholm, un predestinato insomma e, al di là di tutto, un grande tecnico che ha contribuito a scrivere lavvincente romanzo della Roma del terzo scudetto. Cè poi la Roma di Spalletti, che nonostante quelle di Ranieri e Montella, forse finisce definitivamente negli annali della storia solo oggi, con la rifondazione americana e una Roma che guarda alla Spagna per scorgere il suo futuro.