03/05/2011 19:01
Alla fine la sua scelta di rimanere (pagato a prezzo pieno, va detto) si è rivelata vincente sotto il profilo del marketing, visto che è diventato un personaggio trasversale, che sotto quello sportivo: i diversi trofei vinti e i tanti sfiorati hanno un peso specifico enorme, per chi guarda oltre la becera bacheca senza per forza essere tifoso giallorosso. Ha vinto meno di Birindelli, Burdisso o Brocchi, è vero. Ma in prospettiva, a chi importa?
Più discutibile è il ruolo para-dirigenziale che sta assumendo allinterno della Roma, che ha molte analogie con quello di Gianni Rivera nel Milan anni Sessanta e Settanta. Complice una società dove tutto sembrava provvisorio anche con una proprietà stabile (i Sensi sono durati 18 anni) e un cambio di gestione dai contorni ancora vaghi, è logico che da Totti dipendano strategie di mercato e scelte tecniche.
Non è un segreto che il grande sponsor di Montella e di alcune sua scelte sia lui, così come non è un segreto che il nervosismo di De Rossi dipenda in parte anche da questo senso di provvisorietà mentre gli anni buoni passano. Da Londra Ancelotti osserva e aspetta in surplace, stare fermo un anno pagato da Abramovich è meglio che fare il distributore di maglie a Trigoria magari senza nemmeno la Champions.
In un certo senso si può dire che Totti abbia superato anche Rivera: la stella del Milan contava sulla propria intelligenza e sulla debolezza di molti suoi presidenti (da Buticchi a Duina) progettando negli anni di acquisire la società (ci andò davvero vicino in più di unoccasione), quella della Roma riesce ad avere la stessa influenza senza avere velleità dirigenziali e senza in definitiva nemmeno esporsi con dichiarazioni e meno che mai mettendoci i soldi. Di lui si parla (e soprattutto si può parlare, molti giornalisti tengono famiglia) solo bene, mentre Rivera aveva contro buona parte della stampa che contava. A DiBenedetto e soci tutto questo fa gioco, non solo per vendere magliette.