03/06/2011 11:57
Over, nel gergo delle scommesse, è una partita che finisce con più di tre o quattro gol. «Genoa-Roma finisce over», dice Marco Paoloni, portiere del Benevento e uomo disperato, devastato dal vizio delle scommesse e dal bisogno di soldi, alla mercè dei clan degli «zingari» e dei «bolognesi». Più di una volta, nelle intercettazioni, Paoloni dà l'impressione di improvvisare odi tirare a casaccio, pur di acquietare in qualche modo le pretese dei suoi aguzzini. E quindi anche questa frase sulla partita di Genova va presa con le molle. Ancora più con le molle va preso il nome del giocatore giallorosso che compare nelle intercettazioni, indicato da Paoloni come punto di riferimento all'interno della squadra: il capitano Daniele De Rossi, «lo conosco perchè giocavamo insieme nelle giovanili». Peraltro, il 20 febbraio a Marassi «capitan futuro» non era nemmeno in campo perché squalificato.
Proprio questo, a partire dagli interrogatori che il giudice Guido Salvini inizierà a condurre da stamane a Cremona, è il tema cruciale di questa fase dell'inchiesta: separare le partite dawero truccate dai semplici tentativi o speranze di maneggio, e dalle semplici millanterie; distinguere le posizioni dei complici conclamati della banda da quelli il cui nome viene citato più o meno spesso, ma la cui voce non si sente mai (è il caso, per esempio, di Beppe Signori). Gli stessi investigatori invitano a grande cautela. Ma le tracce secondo cui la serie A, in questa brutta storia, non è rimasta incolume dagli imbrogli sono numerose: come la pista che porta al personaggio «che ha già lavorato per alcune partite di serie A combinate», di cui scrive Salvini nell'ordinanza. Non si tratta, secondo la polizia, di un calciatore ma di un faccendiere legato alla malavita, con robusti agganci nei piani alti del pallone nostrano.
E non è tutto. C'è il gol di Pellissiera San Siro contro il Milan il 16 ottobre scorso, preannunciato dall'attaccante del Chievo con una intervista («Vengo a San Siro per fare un gol pesante»), e regolarmente segnato: dietro, si intuisce in una intercettazione, ci sarebbe una profferta dei ragazzi del Chievo che in cambio del gol promettono un risultato «over»: «L'hanno scorso ho fatto il Chievo a Milano, si sono presentati là e mi hanno detto "vi facciamo vincere la partita, fateci fare un gol"» (e il match finirà effettivamente 3-1). C'è «Fabio, quello bello che non gioca più», di cui si parla in un'altra intercettazione come possibile intermediario di una combine. E c'è l'allusione pesante al presidente della Lazio, Claudio Lotito, che si scambiano Marco Pirani e Massimo Erodiani - i principali artefici del giro - parlando della resistenze del Pescara a truccare un incontro: «Io mi sono mosso, la società del Pescara è irraggiungibile... dicono persone che sono vicine che que - ste cose non le fanno». «E glie fa solo onore». «Ok, non so fino a quanto è vero perché m'hanno detto che mò Sebastiano che è il diggì (direttore generale, ndr) è attaccato a Lotito... Sappiamo che Lotito quello che fa». «Se ti hanno detto così evidentemente non vogliono far sapere... C'hanno i loro canali». «Bravissimo».
Sono intercettazioni che, come ogni intercettazione, vanno sostenute da riscontri: anche perché a parlare sono quasi sempre personaggi border line, calciatori falliti, drogati del gioco d'azzardo, trafficanti in odore di malavita. Gente come Marco Paoloni, portiere del Benevento, che di se stesso dice: «Io sono all'ultima spiaggia. Se non faccio le torte sto in mezzo a una strada. Ammazzatemi pure io ormai da perdere non ho niente».