22/10/2011 10:25
Guardiola sì, Capello no. «Avevo avuto un approccio con Pep. Gli dissi: Se ti va di fare un salto a Roma per rimetterti in gioco dopo tutti i trofei vinti. Risposta: Magari tra qualche anno. Fabio non è mai andato dove cè bisogno di aspettare. Quando alla Roma cera qualcosa di ricostruire da capo, se nè andato. Lui solo sa gestire una squadra di tanti campioni, qui siamo agli albori».
Moggi esiste ancora. «Non mi è mancato, sono sempre in tribunale. Ma la Roma non centra, sono cose personali».
La Triade della Roma (per gioco). «Fenucci è Giraudo, io per i capelli bianchi Bettega. Sabatini per forza Moggi».
Silenzio sugli arbitri. «Non ho imposto niente, a me piace un calcio meno velenoso in cui non se ne parla. In Inghilterra è un accessorio. Luis Enrique mi ha detto che non si è mai interessato allarbitro: perfetto». Il suo ritorno: senza spiegazione e nessuna rivincita. «È tanta la responsabilità. Questo credito è cosa nuova. Prima mi presentavo da neofita per conquistarmi la fiducia piano piano e lavorando. Che è più facile. Non avevo niente da perdere e tutto da guadagnare, ora è il contrario: sì, ho paura. Sono dieci mesi che ho detto sì e non so ancora perché. A DiBenedetto spiegai: Non cè una ragione per lasciare la qualità della vita che ho a Londra per tornare dove cè il tutto contro tutti. Accettai, però. Non è una rivincita: significherebbe aver perso qualcosa prima. Ho avuto amore sconfinato dalla gente, idealizzato più che effettivo: rappresentavo certe battaglie con il presidente Sensi, avevamo vinto lo scudetto. Andai via io, la politica era cambiata: pochi mesi e sarei stato cacciato. Non mi è mancata Roma: tornavo due volte al mese da turista».
Le carezze a Totti. «In quellintervista cera più amore che altro. Quando ho detto che a trentacinque anni può giocare per altri quattro-cinque potevo essere accusato di diffamazione. Può farcela se smette di lasciarsi usare. Io per primo nel duemilaquattro lho fatto per la ricapitalizzazione: ci mise faccia e soldi. Deve solo pensare a giocare. Il talento non è mai stato discusso. Poi si è innescato il problema che Luis Enrique non lo faceva giocare. E si è parlato di complotto. Allora gli ho mandato un sms per parlarne. Gli chiederò quanto vogliamo da tutti i giocatori, magari una cosa in più perché capitano. Lo metterò nelle condizioni di essere normale e leggero. Il giorno dopo lintervista avrei potuto spiegare, ma ho preferito che se ne parlasse. Ho preso insulti. Per chiarire ci sono voluti cinque minuti, con lui ho sempre avuto un rapporto semplice».
Gli americani e il business. «Pallotta mi ha detto: I soldi li faccio con i fondi. Questo club ha potenzialità e soprattutto è Roma, non Liverpool. Gli americani pensano a investire, non a speculare. A costruire qualcosa di buono per la società, per le loro origini italiane e per abbinarlo al loro nome. Per un tornaconto di sentimento. Non escludo che se non dovessero riuscirci potrebbero rinunciare. Anchio me ne andrei». Lidea Roma, non il progetto. «Lintenzione è vincere presto, ma senza scadenze. Molto dipenderà da questanno. Con due inserimenti, lanno prossimo, sapremo. È un percorso a termine medio-lungo. Mettendoci il tempo che ci vuole. La Roma è abituata ad aspettare diciotto anni, attenderne due non sarà un problema. Unidea più che un progetto. Una squadra attraente, propositiva». Lintercettazione con lex vicepresidente federale Mazzini: Baldini puntava al ribaltone. «Una telefonata in cui la trascrizione è una cosa, il tono un altro: cazzeggio. Non osavo immaginare un ribaltone, andai in Sudafrica a vendere caffè. Cera però speranza, abbastanza condivisa. Anche se le facce restano le stesse nel calcio, le persone possono cambiare. Migliorare».
Chissà se la casta non cè più. «Quando ho pensato che cera, lho detto. Non so ora, sono appena tornato. Provai a fare calcio da unaltra parte. In Spagna è migliore che qui, in Inghilterra meglio che in Spagna. Adesso siamo pronti a recepire qualsiasi messaggio: lUdinese sta provando a giocare senza barriere, la Fiorentina due anni fa faceva il terzo tempo. Io non ho soluzioni in tasca. Nè elementi per giudicare altri club». Lo stadio si farà. «È un esigenza. Cè bisogno di una propria casa. Ci arriviamo, di sicuro». Appuntamento con la Sensi in Campidoglio. «Se si presentasse loccasione, da dirigente della Roma, non solo vorrei ma dovrei. Lei rappresenta unistituzione, io una società. Non potrei fare altro. Le cose di rappresentanza hanno un valore diverso dai rapporti personali». Basta biglietti omaggio ai vip. «Lo status symbol, in Inghilterra, è essere in grado di comprarsi il biglietto nei posti migliori. Ho deciso: non avrò un solo biglietto omaggio, quando voglio invitare qualcuno lo comprerò».