De Rossi: "Roma, io ti aspetto"

06/10/2011 10:11



Luis Enrique gli ha fatto studiare Oriol Romeu, regista ventenne del B e appena passato al Chelsea. «La posizione centrale è la mia preferita. Contro l’Atalanta mi sono spostato un po’ più avanti. In Nazionale gioco da intermedio: se sto bene, funziono comunque. Luis Enrique non viene da Marte, sa che ho giocato pure da mezzala. Nella Roma altri, come Pizarro e Viviani, possono giocare dove ora sto io: deciderà il tecnico se spostarmi. Se mi mette lì è perché pensa che sia meglio per la squadra. Mai avuta la smania del gol, anche se segnare piace a tutti. Ho capito i movimenti guardando al video il mediano centrale del B. Un ragazzo, bravissimo. Mi sento centrocampista, regista e interno. Poi l’altro giorno i compagni mi hanno detto che diventerò difensore per allungare la carriera. Più che il ruolo contano testa e voglia». Le ambizioni della nuova Roma. «Ma come si può parlare di scudetto se fino a due partite fa molti, anche tra i miei colleghi, ci davano come candidati alla retrocessione?. Aspettiamo di vedere che cosa accadrà più avanti, quando mancheranno poche gare. C’è stato un cambio totale, societario e tecnico. Vedremo se saremo da primo posto, da
o da altro. Conosco Luis Enrique da due mesi, servirà ancora tempo. Le prime impressioni sono positive».




L’elogio di DiBenedetto. «Capisce di calcio più di tanti giornalisti e dirigenti italiani. Con Rosella stavamo da Dio, faticavamo a darle del lei. Ci parlava con il cuore. Ora è diverso, ma ormai bisogna pensare al calcio più come azienda. Negli Usa non è popolare, ma basta portare la capacità imprenditoriale del baseball e del football». Il derby da Coverciano. «Qui penso alle due gare con l’Italia. Può essere un vantaggio. Ma pure quando l’ho vissuto a Trigoria sono arrivato bene alla sfida contro la Lazio». Il suo futuro, non in Italia. «Tre club italiani mi affascinano. Mai, però, passerò a una squadra del nostro campionato. Il è una grande piazza, ma tra le à c’è troppa rivalità. Punto a giocare altri cinque-sei anni al top, poi faro un’esperienza di vita lontanissimo: Cina, Giappone, Usa o Australia. Meglio smettere quando sei in forma e non andar via perché non ti sopportano più». e Nesta non più azzurri. «Li avremmo voluti agli Europei e ai mondiali. Francesco, conoscendolo, non tornerebbe mai per una gara d’addio, ma per giocare». Prandelli simile a Luis Enrique. «Due giovani che puntano sul bel gioco. Entrambi vanno a cercare il risultato allo stesso modo: fraseggio, possesso palla e qualità». A Belgrado. «Sarà gara vera. Davanti a un pubblico che si farà sentire, ma senza violenza, dopo lo choc dell’andata».