L’oriundo a sorpresa rinato in Spagna

06/10/2011 11:48



Durante il suo felice soggiorno a ,
da punta dell’Espanyol (20 gol in 44 partite), raccontò spesso il suo sogno. «Giocare nell’Italia, quella vera. Per ora l’ho fatto nell’Under 21 ed è stata una cosa fantastica». Ciò non toglie che il costoso Osvaldo — Luis Enrique l’ha voluto alla Roma, che per il suo cartellino ha pagato 15 milioni, più 3 di bonus — debba adesso dimostrarsi all’altezza della scelta di Prandelli. L’occasione non sembra fugace: l’attuale moria degli attaccanti lascia infatti pensare che possa esordire almeno per uno spezzone già domani a Belgrado e giocare più a lungo martedì a con l’Irlanda del Nord. La convocazione è arrivata soprattutto per esclusione, grazie agli infortuni di Pazzini, Balotelli e Gilardino, agli acciacchi di Rossi e all’impossibilità di rispolverare, almeno in questa fase lontana dall’Europeo, i veterani , Del Piero e Di Natale. Avendo fama di combattente, però, Osvaldo non si cura troppo delle critiche: ha festeggiato appunto i suoi tre gol con la Roma con gesti che sbeffeggiavano chi lo aveva tacciato di scarsa tecnica, per i non pochi gol che ha sbagliato. Prandelli, che lo bocciò a Firenze (Atalanta, Lecce, , , recita il curriculum in serie A), non si è fatto problemi a tornare sui suoi passi. «In Spagna è maturato tatticamente. È un attaccante moderno, che sa fare la prima punta, ma anche giocare sulla fascia e aiutare il centrocampo». A Firenze è idolatrato, per via di un celebre gol alla , e domenica contro la Lazio era in tribuna d’onore, seduto non distante dal  dei portieri azzurri Di Palma, che stava parlando al telefono proprio col ct. «Me lo saluti», è stato il dialogo captato trai due, a conferma del feeling attuale tra e giocatore. 



Sul periodo all’Espanyol l’aneddotica è ricca e ne attesta la feroce volontà di riuscire: dopo l’intervento chirurgico a entrambi gli adduttori, in Argentina, e l’assenza di due mesi, in pratica non ha più smesso di segnare. In Catalogna lo descrivono come innamorato dei cappelli e appassionato di musica reggae, di arte (da Dalì a Botticelli, segnalano gli agiografi) e soprattutto di letteratura. Tra i libri, che portava spesso in ritiro, gliene piaceva parecchio uno di Frederic Beigbeider, “L’amore dura tre anni”. Quanto durerà l’amore per la Nazionale e se sarà corrisposto, lo si capirà da oggi.