Giorgio Rossi: «Il mio cuore è la Roma». 81 anni e un libro per "il primo della fila"

01/11/2011 09:55


E’ come la legge, uguale per tutti. La definizione è di ed è una delle tante perle contenute nel libro
“Il primo della fila”, ultima fatica dell’infaticabile Massimo Izzi, presentato ieri in Provincia proprio nel giorno in cui lo storico massaggiatore della Roma ha compiuto 81 anni, 54 dei quali trascorsi al servizio della causa giallorossa. E il libro stesso è al servizio di una causa importante, perché il ricavato (costa 10 euro) sarà devoluto ai piccoli ricoverati presso il reparto pediatrico oncologico e ustionati del Sant’Eugenio. E’ la causa da sempre sta a cuore al “Roma Club Torrino Federica Del Poggetto”, che ha reso possibile grazie all’impegno del presidente Enzo Del Poggetto la realizzazione dell’idea di Massimo Izzi. E’ proprio lui a spiegare il titolo: «Angelino Cerretti, il predecessore di Giorgio Rossi, diceva sempre di essere l’ultima ruota del carro. Una delle scaramanzie di Fabio Capello invece, nell’anno dell’ultimo scudetto, prevedeva che Giorgio Rossi occupasse il primo posto della panchina. E così il titolo unisce le figure di Cerretti e Rossi».



Il primo della fila in sala è un altro pezzo di Roma, Giacomo Losi. «Io me ne andavo e lui arrivava, ci siamo dati il cambio. Ma lo ricordo bene per come aveva a che fare con i giovani». C’è tanta Roma di ieri. Franco Superchi («Giorgio è il più grande di tutti»), Antonio Trebiciani, Luciano Tessari e Alberto Orlando, le cui testimonianze sono raccolte all’interno del libro. E la Roma di oggi, rappresentata da Tonino Tempestilli e dal ds , che oltre ad aver scritto poche righe ma molto intense per l’introduzione al libro, è intervenuto «portando i saluti di tutta la Roma, che rappresento. Sono stato qui nel 1976. Tornarci quest’anno e rivedere Giorgio è stato un importante segno di continuità, mi ha emozionato. Questa è una mattina all’insegna del sentimento, si percepisce l’essere romanisti, c’è tanto sentimento romanista». Poi la Roma che è un po’ ieri e un po’ ancora oggi, qualcuno ricorda l’azzeccata definizione di Spalletti, «Giorgio è il presidente dello spogliatoio». Arriva il turno di Rosella Sensi, assessore alla promozione dei grandi eventi e alla candidatura olimpica di Roma Capitale: «Un ricordo? No, 18 anni di vita vissuta intensamente, soprattutto i primi anni in cui ero terrorizzata e quando entravo a Trigoria c’era la presenza rasserenante di Giorgio. Poi è stato un supporto in ogni momento. Indimenticabile il 17 giugno del 2001 quando ci siamo guardati e ci siamo detti: “Ce l’abbiamo fatta!”. Lui e mio padre erano due persone determinate e dolci, che per la Roma c’erano sempre. E credo che Giorgio dovrà esserci sempre».



Presente anche l’ex della Roma
Mario Brozzi, capogruppo della Lista Polverini alla Regione. E poi i consiglieri comunali Federico Rocca, Andrea De Priamo e Paolo Masini, il consigliere del XII Municipio Pietrangelo Massaro, il consigliere provinciale Pino Battaglia, il della Provincia Antonio Calicchia, l’assessore regionale allo sport Fabiana Santini, il consigliere regionale Enzo Foschi, i presidenti di Utr e Airc Fabrizio Grassetti e Francesco Lotito. Tutti qui per un’opera di altissimo valore, sentimentale e letterario. L’autore Massimo Izzi se ne sta in disparte, con eleganza, discrezione e quegli occhi buoni in cui si specchia il protagonista del libro quando gli stringe la mano. Dall’incontro tra due personaggi così, due baluardi dell’essere, non poteva che nascere un capolavoro. Tanti personaggi e tanta passione, tanti tifosi, tanta Roma. Con le famiglie Cerretti, Minaccioni (altro massaggiatore e vecchio “compare” di Giorgio Rossi) e Timperi (vecchio magazziniere giallorosso). Tanto sentimento. Amore che trabocca da ogni pagina, da una penna romanista come poche e dai racconti del protagonista. La guerra, la fame, il corso per massaggiatori, il momento della scelta: «O la Roma o noi» gli dissero dall’ospedale presso il quale lavorava. «Scelsi la Roma, anche se Dino Viola era contrario ai contratti lunghi e mi fece firmare solo un biennale. I contratti scadevano a giugno, mese in cui tutti avevano paura di essere fatti fuori. E Bruno Conti scherzava sempre: “Occhio al postino, eh!”. Ma per me non è mai arrivato». E ci mancherebbe. Tutti da gustare i racconti di chi ha vissuto Giorgio Rossi.



Da Aldair a Falcao, da a Giannini, da a Nela e Conti e molti altri calciatori che se pensano alla Roma pensano prima di tutto a lui. Ieri ci hanno pensato in tanti. Come chi ha raccontato di quando Capello s’infuriò sentendo squillare un cellulare durante una riunione e poi si placò perché era quello di Giorgio. «Anche tu...» disse e poi gli fece pagare la multa.
«E’ giusto – rispose il massaggiatore – ma la dovrei fa’ paga’ a quer fijo de ’na... che m’ha chiamato». Qualcuno ha pure chiamato durante la cerimonia. Come Carletto Mazzone, («Ti voglio bene, ricordatelo») e Vincenzo Montella («Sono sempre contento quando il Catania vince. A nel 2001 se avessi giocato 10 minuti in più avremmo vinto il campionato lì»). E mentre la mattinata prosegue con una vecchia intervista a Giorgio Rossi in cui il protagonista è all’opera sui muscoli di Policano, Conti, Desideri, Nela e Voeller («I massaggiatori tedeschi non sono così bravi»), Simona Rolandi dà la parola a turno ai vari ospiti e il maestro Vittorio Lombardi dedica “Campo Testaccio” all’ospite d’onore. Ma tutti aspettano il suo momento. Eccolo. E’ stato più o meno così: «Devo dire grazie a tutti. Certo che 54 anni di Roma sono tanti, ma è bello continuare ancora a lavorare. Chissà che ne pensa Tremonti... In questi anni tante cose ho saputo nello spogliatoio, ma a chi mi chiedeva qualcosa all’esterno ho sempre risposto: io non so nulla, non vedo, non sento e soprattutto non parlo. Ho sempre cercato di aiutare molti giocatori e soffrivo quando andavano via. Il ricordo più bello? Quando sono stato nominato Cavaliere della Roma».



E il pensiero di tutti va a Lino Cascioli. E ancora Giorgio Rossi: «Pruzzo e avevano l’abitudine di farsi un goccio di grappa la sera, io la ordinavo e la mettevo sul conto di Gaetano Colucci, che si ritrovava sempre a pagare cose non prese da lui. Dopo molti anni gliel’ho confessato. A proposito di Pruzzo, lui mi dava 50mila lire ad ogni gol. Nel 1986 aveva accumulato 250mila lire di debito e fece 5 gol all’Avellino. Quindi mi doveva 500mila lire. Il lunedì si presentò con un assegno da un milione, aveva raddoppiato. “Sai che c’è – mi disse – sono contento di darteli”. Era genovese, ma non era così tirchio. Quando è andato via dalla Roma ho perso questo introito, ci ho riprovato con Batistuta per intercessione di Balbo, ma non mi è andata bene... Però quando lasciò la Roma mi affidò la chiavetta del suo armadietto dicendomi che potevo prendere le sue cose. Feci contente tante persone, regalandole tutte. Ricordo anche che Voeller ed Haessler volevano la loro birra per addormentarsi, una volta però il cameriere si fece beccare da Ottavio Bianchi. “Sei una spia!” gli disse Haessler, che però poi il giorno dopo fece due gol. La Roma è il mio cuore. Per lei ho tolto tempo alla famiglia, ma mia moglie e i miei figli hanno capito che la Roma era la mia vita». Alla moglie regala un mazzo di fiori, una delle figlie lo abbraccia e lo bacia. Lui accenna a commuoversi e torna a parlare di Roma: «Dopo la sconfitta nel derby ho avuto bisogno delle gocce per dormire». «Anche noi» sussurra qualcuno dalla platea. Da oggi però chi cerca qualcosa che rimetta in pace col mondo prima di dormire, si legga qualche pagina de “Il primo della fila”, di Massimo Izzi. Un po’ per volta, perché è un libro da degustare e non da divorare. Sennò finisce troppo presto e le cose belle non devono finire mai. Come la storia di Giorgio Rossi con la Roma.