Sulla Roma di Totti e De Rossi la firma di Baldini

02/12/2011 08:42

 
Nei fatti questa firma è l’ultimo passaggio formale della costruzione della nuova società. Thomas DiBenedetto presidente, Franco Baldini , Walter direttore sportivo, Claudio  amministratore delegato, adesso è definitivo il quadro. Per qualcuno Baldini era già con Capello all’Anzhi con Kerimov probabilmente impegnato a cercare di comprare De Rossi, visto che da ieri a Roma non è praticamente più un giocatore della Roma. In verità la trattativa condotta in prima persona da Baldini con il giocatore e il suo procuratore, Sergio Berti, continua. In silenzio, col massimo riserbo. Di sicure ci sono "solo" le volontà della società e del giocatore: firmare. Su questo nessuno deve avere dubbi. E questo è ancora molto più forte dei 9 milioni del , dei messaggi di Mourinho e di tutte le altre volontà di tutti i club che contano nel pallone. Baldini a firmare questo contratto ci tiene praticamente quanto . fa assolutamente parte del progetto di questa Roma (architrave, fondamenta, cuore, centro...scegliete) di questa che da ieri è definitivamente la sua Roma. Lo sente questo Baldini, come responsabilità e come sentimento. Investimento professionale ed emotivo.
 
E’ stata una sua scelta tornare qui, e non gli mancavano altre offerte oltre al fatto di essere il manager della nazionale più famosa al mondo insieme al Brasile. Su ci investe un pezzo di progetto. fa parte di questa scelta. Della sua scelta. Della sua Roma. è la Roma come , e (sareb- be pigro riaprire il discorso...) sono la Roma di Baldini. Come dire: tutti passano e loro no. Alla fine restano sempre i punti fermi. Sono fermi apposta. Cardinali. Nord-Sud-Ovest-Est, indicano Firenze. E’ una coincidenza piena di significati che tutto questo succeda proprio prima di Firenze: lì c’è stato per la prima volta con la Roma, la Roma Roma, era addirittura il 9 aprile 2001, in panchina con la la prima squadra che sarebbe diventata campione d’Italia. Lì dov’è nato Baldini e dove tornerà . Certe firme sono destino. 
 
DIFESA
 
Mettere insieme un argentino e un brasiliano non è mai né semplice né scontato. Non nella difesa della Roma, però, dove solo due stagioni fa con la coppia di centrali Juan-Burdisso si sfiorò lo scudetto. La rincorsa della squadra giallorossa riparte con un argentino e un brasiliano, che è lo stesso, mentre cambia l’argentino, Heinze e non più Burdisso, con il quale l’appuntamento è per la prossima stagione. Per Kjaer invece bisognerà aspettare l’anno prossimo, nel senso di gennaio 2012, ed eccoci quindi alla coppia Juan-Heinze. Quella di domenica a Firenze sarà la prima di una serie di partite in cui i due saranno gli unici centrali di ruolo a disposizione di Luis Enrique. Finora il giocatore più utilizzato tra i centrali da Luis Enrique è stato Burdisso, presente in 8 occasioni. Due le coppie più impiegate: Heinze-Burdisso per tre volte, come KjaerHeinze. Entrambe ovviamente non sono più proponibili ed ecco che si riparte da Heinze, nonostante si stia facendo strada in à il pensiero che l’argentino non giochi più da quando espresse alcune perplessità a Luis Enrique sui movimenti difensivi della squadra. Lo fece dopo Roma-Milan. Heinze è poi sceso in campo contro il Lecce, due settimane più tardi. Non sarebbe accaduto, se ci fosse dietro chissà quale punizione da parte del tecnico.
Decisamente più particolare la storia di Juan, che ha saltato la preparazione a causa dei problemi fisici che lo accompagnano da un bel po’ di tempo ma che poi lentamente si è ripreso. Finora è partito titolare in tre occasioni, in Roma-Palermo dove la squadra non ha subito gol (quasi per caso, a dire il vero), in Roma-Milan dove invece ne ha presi tre e in Udinese-Roma, il cui ricordo è ancora fresco soprattutto per il risultato negativo, ma anche per il fatto che Juan ha stupito tutti rendendosi autore di una prova impeccabile. Il tutto poco dopo che Luis Enrique a sua volta aveva stupito, facendo capire in conferenza stampa di non poter contare su di lui ma poi schierandolo titolare. Su Juan si può contare, anche se praticamente da quando è a Roma qualsiasi considerazione su di lui è accompagnata dalla frase “se sta bene”. Ora sta bene.
 
CENTROCAMPO
 
Firenze sogna. Firenze segna. Firenze dieci anni dopo Firenze. Sono tanti i fili che si intrecciano fra le mura del Franchi per , frammenti di un discorso cominciato con un raffreddore di Ferronetti e che si appresta a scrivere una nuova pagina, ché se Luis Enrique manderà in campo la tredicesima formazione diversa dall’inizio del campionato, là in mezzo ci sarà sempre lui. Unico giocatore a esserci stato per tutti e 1080 i minuti giocati fin qui dalla Roma, prepara quello che più che una trasferta per lui è un ritorno. La prima volta che ha messo piede sul prato del Franchi aveva la maglia numero 26, si giocava di lunedì e la Roma era lanciata verso lo scudetto. Il leader del centrocampo della Primavera di Bencivenga non avrebbe dovuto essere lì: a mandarlo in panchina per la prima volta in Serie A fu uno degli eccipienti del farmaco usato da Damiano Ferronetti per curarsi un raffreddore. La sua presenza fu talmente discreta che qualcuno dei compagni di allora stentava perfino a ricordarselo: « con noi a Firenze? Ma veramente?» avrebbe detto Amedeo Mangone. La parita finì 3-1 per i viola, i sogni scudetto della Roma restarono intatti, quelli di assumevano forse una consistenza diversa.
Che Firenze avesse a che fare con le occasioni speciali l’avrebbe confermato la prefigurazione della semifinale mondiale, Italia-Germania del 1° marzo 2006. Stavolta si giocava di mercoledì, quello che seguiva il 2-0 nel derby delle undici vittorie consecutive, e magari il sottopasaggio dell’Olimpico ancora riecheggiava del suo urlo di fine battaglia. Nel 4-1 con cui gli azzurri umiliarono i tedeschi c’è anche la sua firma: segna di testa ed è la prima volta al Franchi. Chissà se quel gol gli è passato davanti agli occhi quando è tornato a giocarvi con la Nazionale un paio di mesi fa per portare l’Italia agli Europei battendo la Slovenia. Probabile che domenica almeno un pensiero lo riporti a quel lunedì di dieci anni fa. Sono cambiati gli allenatori e le formazioni, ha segnato alla ma solo all’Olimpico - il 18 novembre 2006, un gran dalla lunga distanza che risucchiò via tutto il freddo e poi ancora il 20 settembre 2009 - e allora domenica potrebbe essere tempo per una nuova prima volta. Firenze dieci anni dopo Firenze è ancora tutta dell’ex ragazzino con la maglia numero 26.
 
ATTACCO
 
Da quasi 19 anni, la Roma con è una cosa e senza è un’altra. Inferiore, nella maggior parte dei casi. Anche in questo campionato, dove la formazione giallorossa ha giocato 6 partite con il in campo e altrettante senza di lui. Il bilancio parla chiaro. Quando c’è stato il numero 10 sono arrivati 11 punti, frutto di 3 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta. Quando non c’è stato sono stati presi solo 6 punti, frutto di 2 vittorie e 4 sconfitte. In nessuno sport i numeri dicono tutto, però sicuramente non mentono. E tanto basta per salutare il ritorno in campo di con soddisfazione.Poi c’è anche tanta curiosità. Intanto perché Francesco guiderà un attacco che finora non s’è mai visto. Cause di forza maggiore, visto che Osvaldo e non ci saranno e che Borriello è tornato a disposizione da troppo poco tempo per i criteri di Luis Enrique. Con il ci saranno dunque Lamela e Bojan, per un totale di sei piedi decisamente buoni. Per la prima volta peraltro si potrà vedere all’opera e Lamela in coppia dall’inizio, dato che i due finora hanno giocato insieme solamente gli ultimi 20 minuti della partita contro il Lecce, quando subentrò al posto di Bojan. Quello spezzone di gara può anche essere considerato un’indicazione per la disposizione che Luis Enrique vorrà dare al suo attacco, dato che in quei minuti giocò da trequartista e Lamela fece (e bene) la punta assieme ad Osvaldo.
A logica, è la soluzione più probabile per domenica, anche in considerazione del fatto che finora Lamela è stato impiegato sia da trequartista sia da attaccante, mentre è sempre stato utilizzato da trequartista. Bojan naturalmente non è Osvaldo (fisicamente ce ne vorrebbero almeno due, per fare un Osvaldo), ma è tranquillamente in grado di giocare al suo posto. Sei piedi così, peraltro, danno anche la possibilità al tecnico di cambiare le posizioni in corsa, a seconda delle necessità della partita. La partita di , quindi. L’ennesima di una serie ben lontana dall’essere finita, perché alla fine si torna sempre da lui. Lo scorso anno a Firenze raggiunse e superò quota 200 gol in Serie A, rompendo il tabù di uno dei pochi stadi dove non aveva mai segnato (ma in carriera alla ha fatto altri 8 gol, tutti all’Olimpico). Una volta, nel 2005, rischiò di segnare un gol clamoroso, provando a sorprendere da centrocampo il viola, che in quella circostanza era Lupatelli. Con lui in attacco c’erano Cassano e Montella. Un totale di sei piedi mica male, proprio come domenica prossima.