16/03/2012 09:51
Nello statuto del Persiceto 85 cè scritto: « Alle partite non giocano solo i più bravi, ma partecipano tutti i compagni di squadra, ognuno con il proprio ruolo, ma insieme protagonisti delle vittorie o delle sconfitte ». Bello. Facciamo anche finta che sia vero. Ma sono i più bravi quelli che poi mandano in sede la maglia del Chelsea n.45, e sopra col pennarello ci scrivono: grazie. Gli altri diventano adulti, si appoggiano al bancone del bar e guardano la maglia dentro la teca: un caffè corretto, grazie, molto zucchero per addolcire i ricordi.
Ci sono famiglie che sono fatte per lo sport. Papà Roberto è un quattrocentista amatoriale, « Il mio tempo? 52», mamma Cinzia fa le maratone, è appena tornata dalla 100km del Sahara. Gloria, la sorella di Fabio, salta in lungo. Corrono tutti, che da qualche parte si arriva sempre. Padulle, Sala Bolognese, Longara, Calderara, San Giovanni Persiceto, Bologna, Londra, Swansea, Parma, Roma: certe vite vanno di fretta, devi stare al passo. « Il primo pallone lha avuto a quattro anni, era un Tango ». Anche Del Piero giocava col Tango di gomma. Alt, raccontiamo: è martedì 19 dicembre del 2006, al dallAra cè Bologna-Juventus, serie B. Fabio ha quindici anni. Il suo agente, De Marchi, lo porta allo stadio. Ha giocato nella Juve, il Dema. Fabio gli ha chiesto di fargli conoscere Del Piero, quello del tema. Succede a fine partita, nellantistadio. Fabio si fa fare lautografo. Ora la foto, dai facciamo la foto. Fabio sbianca. Ha dimenticato la macchinetta fotografica a casa. (...)
Lui o laltro?
Chi prendiamo? Lui o laltro. Prendono laltro. E lo portano in ritiro con la prima squadra. E capitato a Fabio. A Bologna ci cascano, ogni tanto. Nel 1988 arrivarono a Casteldebole due ragazzi. Uno solo ne potevano prendere. Decidere. E decidere in fretta. Presero laltro, anche quella volta: si chiamava Hugo Eduardo Rubio, detto il Passero e non certo per doti calcistiche. Laltro era Ivan Zamorano. E la verità. Anche stavolta a Bologna toppano. Quello che resta giù dal pullman è Fabio Borini. Laltro si chiama Andrej Galabinov, è un bulgaro, se volete avere sue notizie dovete leggere il « Giornale di Vicenza »: gioca nel Bassano, si è perso per strada. Non si sono mai presi, Borini e il Bologna. E una storia di scelte sbagliate, fuori tempo massimo.
Racconta Domenico Moretti, presidente factotum del Persiceto 85: « Nel 2002 vendemmo a Bologna Fabio, Michael Vandelli e Alessio Gambini, i tre 91 più forti. Per Fabio ci pagarono sei milioni di lire in tre anni. Poca roba. Ci fecero anche firmare una carta dove rinunciavamo al premio di valorizzazione ». Vandelli difende la porta dellAnzola, sulla via Emilia dei dilettanti: le uscite basse sono ancora il suo forte. Gambini fa il dj, pensa un po. Sono quelli i tempi, e parliamo di quando Fabio sta negli Allievi del Bologna, che Ciccio Marocchi - allepoca responsabile del settore giovanile - e Marco De Marchi vanno in sede a Casteldebole: fategli un contratto, questo vale. Il Bologna tentenna, non è convinto. Arriva il Chelsea. Il responsabile dellAcademy Frank Arnesen e Carlo Jacomuzzi, che scova talenti in giro per il mondo, fanno una proposta ai Borini. Quattro anni, 500.000 euro netti a stagione, biglietti aerei per andare e tornare. Good bye Padulle. Il 6 agosto del 2007 Fabio vola a Londra. Abita a Cobham, lhanno messo in famiglia: i Carnes, marito, moglie, tre figli. Come un ragazzo dellErasmus. Solo che lui si allena con Terry e Drogba, non si limita alla lesson one. Oggi impariamo i verbi. Come si declina: ho nostalgia dellItalia? Papà Roberto ricorda: « A pensarlo là mi veniva il groppo in gola, però era giusto così ». Fabio lemigrante per distrarsi si iscrive ad un corso di chef. Occhio, perché cucina bene. Ma questa è unaltra storia.
Il quarto rigore
« Fabio è uno che se tu gli dici: per fare gol devi buttare giù quel muro, beh, lui quel muro lo tira giù ». Se ascolti Roncassaglia, quel muro devi immaginarlo. « Ti racconto questa: finale del Torneo Tassi. Calcio di rigore. Tira lui. Lo sbaglia. Dopo un po, altro rigore. Mi guarda come a dire: mister, non farmelo tirare di nuovo, ti supplico. E io gli faccio: Fabio, batti tu. Tiro, parata. Per poco non si mette a piangere in campo. Passano i minuti, ci danno un altro rigore ». Roncassaglia, stavolta ti supplichiamo noi: non dirci che ha sbagliato pure il terzo. « Fabio si nasconde dietro ai suoi compagni, io lo becco e col dito gli intimo di andare sul dischetto. Vabbè, finisce che tira e sbaglia anche il terzo ». Roncassaglia passaci un kleenex, e cambiamo canale per favore. « Alla fine Fabio esce dal campo con lo sguardo a terra: è distrutto. Io gli vado vicino e gli faccio: Fabio, guarda che se domenica ci danno un altro rigore lo batti ancora tu, hai capito? E solo a quel punto che mi sorride».