30/04/2012 14:23
Stekelenburg, Burdisso quando tornerà, De Rossi, Pjanic, Gago, Marquinho, Totti, Osvaldo, Borini, Lamela. Sono gli elelementi da cui più o meno ripartire nella prossima stagione. Mezza rosa. Portiere titolare, due mediani titolari più due valide alternative, almeno due punte su tre che vengono schierate da Luis Enrique. Con gli altri a giro. Più Burdisso. Dieci giocatori su trenta utilizzati (giovani del vivaio compresi) significa forse che Luis Enrique non abbia potuto provare a sviluppare il suo gioco in condizioni ottimali? Certamente, ma nonostante l'attenuante, al tecnico spagnolo si possono contestare due errori, reiterati. Perché continuare a insistere su uno schema che ad esempio basa gran parte delle sue fortune nel gioco di fascia, laddove i laterali dovrebbero essere serviti sulla corsa e avere caratteristiche non riscontrabili in Taddei, Rosi e Josè Angel? La risposta c'è, è valida, ma offre un assist. La risposta è che Luis Enrique è stato chiamato per dare un'impronta alla squadra, migliorabile negli interpreti in futuro, quindi non avrebbe dovuto snaturarsi, e ha fatto bene a non farlo. Ma allora perché quando il campionato offriva grosse possibilità, anche in un anno in cui non si chiedeva nulla alla classifica, la Roma, con la connivenza di Luis Enrique, non ha fatto nulla per rendersi più forte e funzionale abbreviando il percorso di crescita? Gennaio è un mese che lascia una macchia evidente nella stagione che si chiude. Perché un tifoso, abbagliato dalle vittorie scintillanti di fine 2011, può ritenere che la Roma non abbia bisogno di lifting a mercato aperto.
Dirigenti navigati come Sabatini e Baldini non potevano non intervenire, addirittura dopo aver annunciato l'ingaggio di un difensore centrale (Sabatini lo affermò pochi giorni dopo il crack di Burdisso). Luis Enrique continuava all'epoca ad affermare che semmai la Roma avrebbe dovuto cedere gli esuberi. Poi però è arrivato Marquinho. Che il suo contributo lo sta dando. Quanto sarebbero serviti difensori centrali ed esterni? Perché Luis Enrique si è fatto abbagliare, anche lui, da una rosa che nonostante l'eccellente seconda parte di dicembre aveva evidente bisogno di innesti? E perché, come in altre circostanze, Baldini e Sabatini dall'alto della loro esperienza non lo hanno supportato, accompagnandolo (Luis Enrique per quanto capace è pur sempre un tecnico inesperto) nel percorso di crescita, ma spalleggiato, assecondato? Errore grosso dei dirigenti, che non fanno mistero sulla volontà di proseguire con Luis Enrique. Che almeno ufficialmente prende tempo. Nonostante un altro anno di contratto. La società si è esposta. Per i suoi intendimenti e per le responsabilità che si assume in prospettiva. Forti. Perché deresponsabilizzare la squadra, che se ne è approfittata perdendo male un numero scriteriato di partite, ha sortito l'effetto di creare un'aspettativa pesantissima sulla prossima stagione. A maggior ragione se sulla panchina siederà ancora Luis Enrique. Perché non sarebbero ammessi equivoci tecnici, perché dovrebbero arrivare almeno cinque titolari, perché la squadra dovrebbe essere completa almeno al settanta-ottanta percento già al raduno di luglio.
Visto che il tecnico sarebbe lo stesso e che a differenza di quanto accaduto negli ultimi nove anni (dal 2003 all'ultimo anno della gestione Sensi i problemi della holding di famiglia non permettevano al club di programmare in primavera la stagione successiva, così come i tempi lunghi del passaggio di proprietà hanno impedito agli americani di costruire la loro prima Roma prima di fine agosto), le certezze societarie offrono la grande chance di muoversi per il futuro nelle stesse settimane in cui da sempre i top club iniziano il lavoro di rinnovo per il futuro. Insomma, Luis Enrique potrà ancora essere il tecnico della Roma, a patto che la società faccia ciò che Franco Baldini ha ribadito al termine di Roma-Fiorentina. Non perché Luis Enrique sia il Messia da assecondare anche a fronte di errori commessi (ultimi, quelli dialettici in conferenza stampa dove è sceso al muro contro muro con molti cronisti mostrando un nervosismo che dall'esterno è parso debolezza), ma perché la società vede in lui, almeno per il momento, l'unica strada da seguire. E allora, risultando fondamentale per chi lo ha scelto, deve essere messo nelle condizioni migliori per lavorare. A quel punto, con giocatori adatti, titolari con caratteristiche da leader, anche i tifosi più ostili alla conferma dello spagnolo tornerebbero, forse, a dare credito a ciò che più che un progetto avrebbe il sapore degli esami di riparazione. Propedeutici per quelli di maturità.
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